lunedì 31 dicembre 2007

Le piccole paure quotidiane

Infine, parla Cassano. E chiarisce. Confermando il disimpegno (da giugno), ma concedendo anche ossigeno al Martina. Vero, non c'è più feeling con l'ambiente e, in generale, con il calcio. Ma non c'è neppure spazio per la smobilitazione. Non sono previsti rinforzi nella sessione invernale del mercato, ma neppure epurazioni. Significa che il patron (anzi, lo sponsor: parole sue) vuole spendere ancora il minimo indispensabile, garantendo la copertura dei costi di gestione. Senza, comunque, servirsi di una massiccia operazione di cessione. Traducendo, si andrà avanti. Con questa squadra, privata di qualche elemento - diciamo cosi' - in sovrannumero, che non rientra dichiaratamente nei piani del tecnico Camplone. Il Martina, dunque, potrà lottare sino in fondo. E, anche se un paio di puntelli (ne siamo ancora convinti) sarebbero graditi, è lecito - almeno - continuare a confidare su un collettivo che, mentalmente, si è già ritrovato. E che ha dimostrato di credere nell'obbiettivo prefissato. Non è il meglio, ma è abbastanza. Avevamo sospettato qualcosa di più grave. E, invece, è stato sufficiente liberarsi di qualche contratto ormai scomodo. La grande paura sembra passata: restano solo le piccole paure di ogni giorno.

sabato 29 dicembre 2007

Lasciatelo lavorare

Dunque: Materazzi parte e arriva Antonio Conte. Non Brini: forse spiazzato da un esonero (di Materazzi, appunto) annunciato e poi non confermato. O, forse, non eccessivamente gradito al diesse del Bari Perinetti. Che proprio Conte caldeggiava. S¡, Conte: leccese di anagrafe e anche di (ex) militanza calcistica. Facile pensare, adesso, che la tifoseria non abbia raccolto la notizia con entusiasmo genuino. E facile pensare che il suo mandato (condurre la squadra alla salvezza) si gravi di problematiche ulteriori e di responsabilità maggiori. Conte sappia sin d'ora, quindi, che a ogni esitazione corrisponderà una dose più cospicua di malumore. Ma la gente che ama il Bari sappia pure che i problemi si combattono cercando anche di aggirarli. Invece di moltiplicarli. Il consiglio è semplice: lasciatelo lavorare.

Materazzi fa da sè

Giuseppe Materazzi lascia il Bari. Piegato dai risultati. Maltrattato dagli umori anneriti della gente. Consumato da un derby tragico. Sconfitto da un’atmosfera anarchica. Quella dello spogliatoio, ad esempio. Lo spogliatoio degli scontenti. La scommessa estiva del tecnico di Arborea è persa. Dentro il campo e anche fuori. Dove i rapporti sdruciti dello scorso campionato non si sono ricomposti. Ma Materazzi non viene esonerato: Matarrese non trova il coraggio (o la convenienza) di privarsi dell'apporto dell'allenatore, che è anche un amico. Dietro ci sono certi rapporti e, magari, non spuntano troppi pretendenti adeguati. No, Materazzi viene confermato, malgrado le voci opprimenti di corridoio. Confermato: contro la sua stessa volontà, forse. E, allora, a conferma sancita, si dilegua di sua iniziativa. E, se dietro c'è un calcolo, si rivela sbagliato: perchè deve rinunciare anche al resto dell'ingaggio. Attendeva decisioni altrui: e, invece, deve fare da sè . Strana storia, una di più. Dove il capolinea è anche il momento per alleggerirsi di un peso. Anzi, un momento lieto: quello di un allenatore che aveva già cominciato a non credere nel futuro. Nel suo stesso futuro.

venerdì 28 dicembre 2007

Ritorno al passato

Dicembre, prima di eclissarsi, ci restituisce un Taranto che non sa aministrare il potere. O meglio, che non sa miscelare il carburante dell’entusiasmo, che non sa approfittare del momento felice. La formazione di Cari, invece, ha saputo governare l’emergenza (o le emergenze): abbastanza bene, anche. E ha veleggiato con sicurezza per un po’: arenandosi presto, comunque. Perché, forse, non c’è ancora un rapporto di dipendenza tra l’articolazione di un calcio affidabile nel tempo e le potenzialità del gruppo. E tra l’atteggiamento tattico di una prestazione e l’altra. E perché, probabilmente, nel dna del collettivo c’è ancora un’approssimazione di fondo. Non è una novità, ma quasi una certezza. Il Taranto che aveva cominciato a convincere, a San Benedetto non c’era più. E l’irregolarità del percorso non aiuta ad accumulare fiducia. Ma, soprattutto, questa squadra ha consumato un intero girone, quello di andata, e due match della manche di ritorno senza saper catturare il cuore della gente. E, in una piazza particolarmente sensibile a qualsiasi umore, il dato non possiede secondaria importanza. Anche se la città e la tifoseria dimenticano in fretta gioie e dolori. Magari, basteranno un paio di buoni risultati, a gennaio. E molto carattere. Ma la domanda è: il Taranto ne possiede?

giovedì 27 dicembre 2007

Gallipoli, resa double-face

La prepotenza del Gallipoli esplode sull’erba sintetica di casa. Dall’inizio del torneo di C1. E le virtù balistiche difettano pochissimo, quando l’avversario scende in Salento. Il tributo alla causa di Di Gennaro e soci, questa volta, è affidato alla Salernitana: non proprio la formazione più abituata a cedere campo, iniziativa e punti. Eppure, il successo materializzatosi domenica è franco, persino agile. Si vede solo il Gallipoli, o quasi. E alla squadra di Agostinelli resta poco. Il risultato rafforza le convinzioni della piazza, rasserena il presidente Barba e promette di compattare ulteriormente il gruppo affidato a Bonetti, che - talvolta – lascia trasparire conflitti interni e crepe, figli legittimi di un nervosismo ispirato dalla condanna a vincere e convincere. Malgrado gli incidenti di percorso, però, il Gallipoli è in alto: e i playoff, in questo momento, sembrano garantiti. In realtà, da ora in poi, servirà maggiore accortezza anche in trasferta, dove è stato facile -. sin qui - inciampare. E dove la resa è chiaramente più deludente: parlano i numeri e i mugugni del patron. Consapevole, probabilmente, di un concetto antico: secondo il quale i campionati si perdono in casa, ma si vincono fuori.

martedì 25 dicembre 2007

I padroni delle ferriere. E del verbo

Da Casarano a Nardò. Pochi chilometri di asfalto e di Salento calcisticamente caldo. E un’unica situazione anomala: gli attriti tra chi progetta calcio (le società) e chi lo deve raccontare (la stampa). Come a Casarano, anche a Nardò la dirigenza si ritiene defraudata: del diritto di conservare l’incontrastabile vericidità del verbo. Descrivere la realtà, invece, è anacronistico, detestabile, politicamente scorretto. Testimoniare dei disordini (e del consequenziale fallimento della giornata dedicata al fair play) succedutisi prima, durante e dopo il match tra la squadra allora condotta da Vito Sgobba e il Francavilla, due domeniche fa, è una minaccia alle ragioni di stato. Meritevole di ritorsioni adeguate: la stampa, se vuole presenziare la gara-farsa contro la Leonessa Altamura, sette giorni dopo, può farlo. Pagando, però, il biglietto e rimanendo fuori dalla tribuna solitamente riservata agli operatori dell'informazione. Il fatto non ci sorprende e neppure ci sconvolge. Del resto, la mancanza di cultura del lavoro altrui è, da tempo, uno dei postulati su cui si fonda la repubblica italiana. E la mancanza di spessore culturale è uno dei cardini attorno al quale si avvita troppo spesso il calcio di Puglia. Che potrebbe ambire a qualcosa di più e di meglio. Ma, se questo non accade, le motivazioni ci saranno pure. Una, forse, l’abbiamo già individuata.

lunedì 24 dicembre 2007

Calcio e coerenza

E’ la legge dei grandi numeri: quando troppe situazioni delicate viaggiano contemporaneamente, è obbligatorio che almeno una notizia forte sgusci e conforti i pronostici. Prima della pausa, perché proprio la pausa dei campionati è un valore propedeutico a certe risoluzioni, una panchina di Puglia perde il suo proprietario. Parliamo di Novelli e, dunque, del Manfredonia, nuovamente battuto sul campo e ormai sprofondato nel proprio raggruppamento di terza serie (penultimo posto, crisi dichiarata: anzi, confermata). L’interruzione del rapporto di fiducia è una soluzione facilmente prospettata e puntualmente concretizzatasi, in quanto già scritta. Che traduce l’intenzione del club di perseguire tutte le strade possibili per evitare la retrocessione. Ma che, piaccia o non piaccia, svilisce e punisce il progetto dei giovani impalcato dalla società, ovvero dalla parte che ha pianificato l’esonero e che, a suo tempo, ha scelto il nocchiero, fortemente vincolato al progetto stesso. Parlare (e scrivere) è più facile che agire, ne siamo coscienti. E siamo coscienti che la piazza pretende risposte e, quasi sempre, vittime. E che l’ambiente è il vero barometro del calcio, il vero ispiratore di ogni rivoluzione, di ogni strategia. Il controsenso di fondo, comunque, esiste e resiste. E va sottolineato, con onestà intellettuale. Perché – a Manfredonia come altrove - non sarebbe lecito sperare di trascorrere un campionato senza assilli: a queste condizioni (il progetto giovane, appunto) è quasi sempre inevitabile. E assumere decisioni forti (ancorchè scontate) significa tradire un po’ le proprie idee. Anche a costo di apparire autolesionisti. Ma, si sa: la coerenza non può sposarsi con il calcio. Perché la coerenza, negli affari, è cattiva consigliera.

domenica 23 dicembre 2007

Il Martina si suicida

Il suicidio del Martina si consuma a gara quasi archiviata. La Massese, sminuta dall'assenza di una reazione credibile e concisa, mantiene palla e vantaggio numerico, senza saper alimentare manovra e coraggio. L'atteggiamento passivo della gente di Camplone nell'ultimo quarto d'ora, però, disegna un epilogo diverso e brucia una possibilità importante. La squadra si chiude, si scarica, attende, non pressa e consente ai toscani il pareggio e il sorpasso (2-3). Il Martina, in dieci contro undici, cede sulle gambe e anche psicologicamente, azzzerando l'orgoglio e la circolazione di palla già mostrati. Arrendendosi al foto-finish, senza ribellarsi. Invalidando in pochi minuti i progressi (visibili sulla classifica) degli ultimissimi tempi. Non crediamo che abbia influito la precaria situazione societaria (che, peraltro, si sta lentamente chiarendo): è la stessa di sette giorni addietro, o di quattordici. E l'inferiorità numerica (Guariniello espulso nel primo tempo) può non può spiegare tutto. E' accaduto dell'altro: nel fisico e nella testa. Oltre tutto, nel momento migliore del campionato. Il tecnico dovrà scoprire che cosa: e anche presto. I progetti di riconquista possono subire un calo di quotazione. Vistoso.

Il Bari è fragile. E nudo

Scusateci: ma la disfatta del Bari non sorprende. Soltanto, complica ancora di più il domani di Materazzi e della squadra. Sempre che Materazzi possegga ancora un futuro in questa fetta di Puglia. E sempre che tutti i protagonisti siano certi di continuare a esserne parte integrante anche dopo la sosta. Il successo di Treviso, dicevamo, non avrebbe potuto cassare i dubbi e le incertezze partorite dal collettivo in quattro mesi di calcio. Né le amnesie frequenti di una formazione troppo spesso priva di anima. E, nel migliore dei casi, di lucidità, tranquillità, saldezza, coesione e alternative tecniche. No, il match di Treviso non ha corrotto le sensazioni fondamentali già elaborate e digerite. Non avrebbe potuto: il Bari era e resta incompleto e fragile. Caratterialmente, soprattutto. E il derby con il Lecce l'ha denudato del tutto, condannandolo davanti a se stesso. Ma condannandolo soprattutto alla diffidenza eterna della gente: che non avrà gradito. E che non mancherà di farlo sapere.

sabato 22 dicembre 2007

Arrogante Lecce

Pratico, sempre più pratico. Essenziale senza sembrare eccessivamente brillante. Arrogante, compatto e deciso, lucido. Il Lecce intasca anche il derby, una delle partite che offre maggiori visibilità, uno dei momenti più delicati del cammino. Per alcuni, la partita più attesa dell'anno. E, per chiunque, una prova assolutamente indicativa sotto il profilo psicologico. Il risultato di Bari (quattro a zero tondo e rumoroso) è una prova di forza evidente. Che chiude – per il momento, almeno – qualche polemica sotterranea (ma non troppo) tra una fetta di opinione pubblica (e di stampa) e il responsabile della guida tecnica. Il Lecce, ora, sta bene. E ci sembra che abbia capito com’è il suo campionato, qual è il sentiero da perseguire, dov’è la chiave per aprire la porta più importante del torneo. E come comportarsi. Era temibile, l’ostacolo-derby: ma l’ha saltato con autorevolezza, con personalità. Stracciando avversario e perigliosità dei pronostici. Era necessario del tempo, per quadrarsi. Ma la quadratura sembra arrivata. Si chiama continuità: quella che costruisce le imprese.

Questione di buon senso

Sinceramente, non decifriamo. Non decifriamo la decisione della Federcalcio di Puglia: quella di ordinare il recupero delle gare del campionato di Promozione - non disputate a causa del maltempo domenica scorsa - il 17 gennaio prossimo, cioè un giorno infrasettimale. Quando lo stesso campionato, domani, rimarrà fermo, così come previsto da tempo: in attesa del 6 gennaio. Intanto, tutte le squadre (o quasi) inganneranno le ore di svago in partite amichevoli: il ritmo di gara, in un certo modo, va anche salvaguardato. Con la prospettiva di incontrare qualche problema in più tra un mese, o poco meno. E, sinceramente, non decodifichiamo neppure la decisione del Comitato Regionale maturata la scorsa settimana. I campionati dilettantistici (o, almeno, quei gironi territorialmente localizzati nelle Murge) andavano stoppati, sospesi. Come avvenuto in Lucania, ad esempio. Neve e ghiaccio erano una realtà già nella mattinata di sabato. E c'era il tempo materiale per provvedere. Evitando disagi stradali e logistici, viaggi avventurosi e inutili, costi. Forse, i regolamenti prevedono altro. Ma il buon senso (che al presidente Vito Tisci non è mai mancato) avrebbe preteso la sospensione dei tornei. A costo zero.

venerdì 21 dicembre 2007

La quiete prima della sosta

L'ultimo chilometro del duemilasette sembra saporitissimo, al di là delle categorie (dalla B alla D), e anche itinerante. Perchè potrebbe suggerire (e, in alcuni casi, determinare) molte riflessioni, all'interno di tante società pugliesi: che, oltre tutto, potranno appoggiarsi sul periodo di pausa imposto dai calendari. Per rivedere, reimpostare, meditare. E, comunque, l'imminente week-end sembra doversi trasportare parecchie situazioni. Vediamo: il Martina, così com'è, a gennaio potrebbe non ritrovarsi più. Se Cassano non parerà l'emigrazione di molti titolari: malgrado, in Valle d'Itria, si parli timidamente di una schiarita imminente. Proprio mentre Blasi, a Taranto, promette di non smantellare l'architettura a disposizione di Cari: quando il calcio giocato tornerà, sapremo se sarà davvero così. A Foggia, invece, Campilongo affronta un altro capitolo di una battaglia dura, che sta pareggiando. E, forse, proprio il match di domenica con il Sassuolo potrà tranquillizzarlo definitivamente o schiacciarlo. A Manfredonia, poi, la squadra e il tecnico sono sotto osservazione: la prestazione di Foligno illuminerà. In tutti i sensi. Gli stessi problemi incroceranno la strada del Bitonto, ad esempio. E, chissà, anche quella del Fasano. E, sicuramente, pure quella del Gallipoli. Che "sente" il match con la capolista Salernitana, accumulando nuove scorie (lite in allenamento). L'impressione è che il tecnico salentino Bonetti sia arrivato ad un bivio. L'atmosfera bolle da un po', sullo Jonio. E certe parole distensive potrebbero anticipare spiacevoli conclusioni. Solo vincere (e, soprattutto, vincere una sfida importante) sarà corroborante. La pazienza del presidente Barba ci sembra artificiale. E, conoscendo il personaggio, innaturale.

L'urgenza della lotta dura e fiera

E’ già tempo di passioni forti. Gli schieramenti opposti si organizzano. A Taranto il calcio è questione fondamentale e sempre più fondamentalistica. Da una parte il partito che osteggia Blasi: con la sue roccaforti, la sua televisione di riferimento, le proprie convinzioni, le sue ragioni e le sue isterie. Dall’altra, la fazione che sorregge il presidente: con la sua claque, la sua televisione di rappresentanza, le sue valutazioni, la sua rabbia e i propri obiettivi. E le proprie certezze, ormai inversamente proporzionali a quelle della piazza. E, da due giorni, anche con un blog impalcato da anonimi ammiratori e creato per rimotivarlo, ringraziarlo, adorarlo. Il clima sembra proprio scaldarsi. Come tante volte, in passato. Perchè Taranto ha urgenza di temperature alte. E internet, macchina da guerra mediatica dei giorni nostri, è solo uno strumento in più. Intanto, si respira aria di lotta dura e fiera, che filtra nelle maglie della politica e della storia cittadina. C’è aria di cospirazioni, di sospetti e di ripicche. L'ossigeno si appesantisce progressivamente. E c’è aria di guerra santa.

mercoledì 19 dicembre 2007

E il Brindisi si riedita

Di Giulio, centrocampista dai concetti buoni, è già dentro il meccanismo rivisitato e corretto dal tecnico Silva. Prima o poi - si dice - saranno utilizzabili il brasiliano Júnior Bahia e un'altra punta cilena, Kettlun. Adesso arriva anche Zangla, centrale difensivo esperto ed arcigno, che avvicenda Mastronardi, poco impegnato sin qui e, quindi, tagliato. Il Brindisi che si riedita (e si completa: numericamente parlando, soprattutto) conferma una notizia che la più recente successione dei fatti aveva già abbondantemente ufficiliazzato: i fratelli Barretta stracciano i propositi di disimpegno annunciati. E rilanciano il discorso. Non si spiegherebbero, altrimenti, tante nuove operazioni di mercato, di indubbio impegno economico. Ne prendiamo atto, innanzi tutto. Registrando come, evidentemente, i messaggi infastiditi dei proprietari del club siano arrivati a destinazione. Smuovendo, probabilmente, qualcosa: forse anche in ambito politico cittadino. Non capiremmo, altrimenti, le motivazioni alle fondamenta del ripensamento. Nè l'utilità di un bluff. Se il momento di bassa pressione è terminato, intanto, è meglio così. Anche se è già costato abbastanza, in termini di credibilità. E si può proseguire: anche perchè la corsa ai playofff è ancora aperta, teoricamente. Sempre che i playoff valgano ancora qualcosa.

martedì 18 dicembre 2007

Il vecchio ragazzo dai piedi buoni

Nel fango del lunedì televisivo, la praticità (e la voglia) dell'Andria superano un Monopoli prima imballato e poi non eccessivamente pericoloso. Il derby premia la squadra che parte meglio e che difende il risultato, aperto da un episodio particolare, cioè da un infortunio del portiere D'Urso. Ed è un derby tirato, ancorchè disturbato dalle condizioni del tempo e del campo. Non c'è, però, l'Andria che Dellisanti vorrebbe e non c'è neppure un Monopoli autoritario. O, almeno, quella squadra solida che attendevamo. Siamo tornati, invece, ad apprezzare qualche spunto firmato da Bitetto: una pedina che, tra le linee, può offrire ancora qualità. Un giocatore d'esperienza consumata, recuperato dalla società proprio quando sembrava dovesse emigrare (il contratto era stato praticamente rescisso e il trasferimento a Noci , nel campionato di eccellenza pugliese, sembrava la logica conseguenza). E' una di quelle storie strane. Una di quelle storie di calcio ordinario, legate ad una coincidenza, ad una contingenza. Bitetto, fisicamente arroluabile, può ancora servire al Monopoli. Una squadra, quella di Sciannimanico, che non può privarsi di un certo quoziente di fantasia: utile ad azionare un dispositivo offensivo che vanta giocatori dalle caratteristiche diverse. E, dunque, un ventaglio di soluzioni differenti.

Il sogno e la realtà del Grottaglie

Ciracì, presidente del Grottaglie, parla di C2, neppure troppo velatamente. Ancora ci crede. Oppure, questo è il suo messaggio motivatore. Ma la squadra di Del Rosso, anche contro il Matera, confessa i propri limiti di personalità. Puntuali, quando occorre accelerare o, più semplicemente, rispettare il pronostico. Per approfittare, magari, dei problemi altrui (Barletta, Bitonto, Aversa e Gragnano rallentano). Non è la prima volta che accade, non è la prima volta che lo sottolineamo. I lucani, ruvidi quanto basta, pareggiano al culmine di un pressing insistito sui difensori, che indugiano troppo sul pallone. Quando, invece, dovrebbe essere il Grottaglie a operare il pressing sui portatori di palla avversari. Ma il Matera fa la sua gara onesta, nulla più. E' la manovra involuta e lenta dei tarantini a determinare il risultato. Oppure, la scarsa predisposizione ad adoperare le corsie laterali e le sovrapposizioni. Ma, soprattutto, una mentalità da modellare ancora. Ripetiamo: la C2, in questo momento, sembra un sogno eccessivo.

Prove tecniche di strategia

Proprio quando la società avrebbe dovuto supportare la squadra, provando ad alleviarne le ferite, è invece la squadra che prova a restituire gli stimoli alla società che non c’è più. Che prova a convincerla, a incoraggiarla. Augurandosi che la crisi possa liofilizzarsi e che la proprietà riveda la drastica decisione di interrompere la propria assistenza nei confronti dei suoi tesserati. E’ strano, il presente del Martina: un collettivo che, da quando l’emergenza finanziaria è stata ufficializzata, si è abituata a vincere. E, quando va male, a pareggiare. Che ha recuperato in pochissime settimane il gap in graduatoria e anche quello tecnico. E, intanto, viene da pensare che, forse, è meglio che la società si ricompatti il più tardi possibile. Ma così non è. Non può essere. Di sicuro, però, la gente di Camplone sta seriamente ponendo in difficoltà patron Cassano e, di conseguenza, il dimissionario presidente Chiarelli. Due personaggi che, tra i tanti, difficilmente avrebbero immaginato la lievitazione del Martina. Mentre, nel frattempo, sorge una domanda: e se fosse questa la strategia (vincente) di battaglia di tecnico e giocatori?

domenica 16 dicembre 2007

Papadopulo, non uno qualsiasi

Tre a zero è uno score netto. Contabilizzato di fronte alla capolista, poi, conta anche di più. La prima pagina del campionato, questa volta, spetta al Lecce, che apre il risultato nel secondo tempo, debordando in trentadue minuti. La dimostrazione di potenza è uno schiaffo sulla faccia dell’Albinoleffe e delle altre avversarie dirette. Le potenzialità del team di Papadopulo, mai disconosciute da nessuno, sono quelle e restano – soprattutto - la migliore dote in previsione futura. Ma il futuro prossimo si chiama derby e il derby è sempre una storia nella storia. Ci piace, però, la personalità che la squadra sta utilizzando in questo scorcio di stagione. E questo, attenzione, è un dato più importante della cifra tecnica. Segno che il carattere del tecnico comincia a riflettersi sul colletivo. Segno che il Lecce ha finalmente assorbito contezza del proprio bagaglio comportamentale. Che è, alla distanza, il miglior credito da vantare. Arriverano tempi meno felici, è chiaro, è scontato. Ma il Lecce sembra, adesso, un candidato alla promozione più completo. Con una qualità particolare: la saggia praticità (e l’onestà intellettuale) di Papadopulo. Uno che sa plasmare le sue creature. Non uno qualsiasi.

sabato 15 dicembre 2007

Meglio attendere conferme

Sofferenza degli ultimissimi minuti a parte, il Bari spigliato di Treviso è, sinceramente, una novità. Piacevole. E tre punti attirati in classifica lasciano respirare. Ma non sembra il caso di caricare i toni o di esaltare eccessivamente il successo, che rientra con agio nel cliché del torneo, sempre aperto a tutte le sfumature e puntualmente equilibrato: e non solo perché la squadra di Pillon è, tendenzialmente, tra le più permissive dell’intero campionato di B. O perché la squadra di Materazzi non ha ancora saputo conquistare (con il gioco e con le qualità caratteriali) la fiducia piena della gente. Ma anche perché, ad esempio, il recente intervento di Perinetti sulle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno non è propriamente incoraggiante. Il suo singolo più ispirato (diciamo pure l’unico), cioè Donda, in occasione del periodo di sosta partirà per l’Argentina e chissà se tornerà. Anzi, il direttore sportivo non ci scommette affatto. Inducendo a ipotizzare, tra le righe, una lettura diversa (e più realista) dai problemi di nostalgia ufficialmente accusati dal centrocampista sudamericano: lettura più realista che, su questo blog, abbiamo del resto già prospettato, con quel pizzico di malizia spesso utile a indovinare la verità. E, allora, avanti adagio, con cautela. In attesa di conferme: a cominciare dal derby - imminente - con il Lecce. Conferme da cui questo Bari non può prescindere: l’impressione è che, farne a meno, significherebbe abbonarsi alle scottature.

venerdì 14 dicembre 2007

Quando l'orgoglio non basta

Un passo in più. Un'altra sfida senza subire reti e sconfitta. Il morale ancora più robusto. Un punto in meno da recuperare a chi è davanti in classifica. Cose che sappiamo già. Ma che è bello sottolineare: di questi tempi, a Martina, si può vivere (o sopravvivere) anche di poco. Sì, forse il pareggio condiviso mercoledì con la Pistoiese in quello che era uno scontro diretto è un'occasione persa: coach Camplone lo sa, ma guarda avanti. Deve farlo. Però, sul campo, la squadra mastica sempre più ottimismo: ed è già qualcosa. Piuttosto, non ci sono segnali incoraggianti dalla proprietà del club. Nel senso che, almeno ufficilmente, dilaga solo il silenzio. E non è spuntata quella chiarezza che auspicavamo. Il Martina, cioè, resta ultimo e senza la prospettiva di un futuro, di uno stipendio. Andrà avanti, comunque: trasportato dalla professionalità e dall'orgoglio. Fino a gennaio, cioè per ancora un paio di settimane. Poi, potrebbe cominciare la smobilitazione, che vanificherebbe tutti i piccoli risultati dell'orgoglio. Sarebbe la sconfitta più dura. La sconfitta peggiore. E il tramonto di un'epoca. L'epoca del Martina in terza serie. E, forse, anche tra i professionisti.

giovedì 13 dicembre 2007

Quelle parole di Dellisanti

Chi conosce Franco Dellisanti sa che il tecnico tarantino ripone molta fiducia e molta considerazione nel proprio lavoro. E sa che difficilmente evidenzia i lati oscuri delle proprie squadre. Questione di sicurezza sulle proprie idee, diciamo così. Leggere, allora, le sue ultime dichiarazioni («Penso che sia necessaria una rivoluzione dell'organico: dopo quello che è stato fatto in questi ultimi tempi, i risultati non arrivano ancora») è sufficientemente allarmante. Perchè, traducendole, privano di qualche valore le possibilità reali e future della Fidelis Andria. Così com'è, almeno. Eppure, la squadra sembrava in ascesa (l'avevamo sottolineato pochi giorni addietro) e, soprattutto, più quadrata. Ma ieri, invece, è franata a Marcianise, in coda a un primo tempo neanche male, accartocciandosi attorno ai suoi limiti, anche psicologici, e alla sua fragilità. Di fatto, però, Dellisanti si è dichiarato nettamente e pubblicamente: difficilmente l'ha fatto, in passato. Forse neanche a Taranto e a Nocera, due delle tappe meno gratificanti del suo cammino professionale. E, se le parole possiedono un peso, queste parole lasciano pensare. A due cose, oppure a una, che esclude l'altra: o Dellisanti ha imparato la lezione, oppure l'Andria deve necessariamente e approfonditamente ricorrere al mercato di riparazione. Ma non per ripare: per ricostruire.

mercoledì 12 dicembre 2007

Tre indicazioni per Giusto

Pensandoci bene, è giusto così: il giudizio e il temperamento saldo dell’Igea Virtus meritano il premio del pareggio. Anche se il Noicattaro, nel recupero del mercoledì, può vantare due gol invalidati dal direttore di gara e un’iniziativa più costante e robusta. Insufficiente, però, per appropriarsi di un match sempre denso, ancorchè condizionato dalla viscosità dell’erba. Ma Giusto avrà tratto indicazioni positive: innanzi tutto, la squadra entra in partita e non ne esce mai, pur incontrando problematiche diverse (l'intelligenza, la personalità e l'accortezza dell'avversario; il terreno di gioco ampiamente fangoso; l'appannamento delle idee nella fase centrale della gara; un'iniziativa sempre palpitante che, talvolta, si dimentica di sfociare nel gol). Poi, l'affidabilità attuale di Suarez, punto di riferimento reattivo e pesante. E, ancora, la voglia di correre e rincorrere: cioè, la libertà di credere in se stessa. Al di là dell'abitudine radicata di affidarsi a guizzi improvvisi e a giocate sapide che, però, non sgorgano con puntualità. Complessivamente, comunque, questo Noicattaro ci conforta un po' più di qualche settimana addietro: per una certa mentalità che, lentamente, sta per essere - o, almeno, così ci sembra - assorbita dal gruppo. Per non sbagliare, tuttavia, attendiamo conferme.

Applausi in sala stampa

Il Corriere Adriatico è un quotidiano di Ancona che dispone pure di pagine web. E, sfogliandole, si può leggere anche di applausi in sala stampa. Quella dello "Iacovone", immediatamente dopo Taranto-Ancona, ultimo match di campionato. Applausi destinati a Blasi, il presidente del club jonico: personaggio che ha già diviso la piazza e che, tuttavia, può essere legittimamente apprezzato da chiunque. L'inviato marchigiano, intanto, chiosa: «Strani posti», «usanze locali». E non ha torto. Ci piacerebbe pensare e credere che i giornalisti (ovunque, quindi anche a queste latitudini) restino giornalisti, fino in fondo. Pronti ad osservare, registrare i fatti, sottoscrivere o criticare. Senza slanci folkloristici ed eccessivi: che sono patrimonio imprescindibile del tifo. Invece, il senso della professione, progressivamente, cala. Seguito dal quoziente di spessore, polverizzato da troppe operatori dell'informazione improvvisati. Obiezione probabile: nessun giornalista (o presunto operatore dell'informazione) ha mai applaudito Blasi. Accolta. E, allora, qualcuno dovrà spiegarci perchè la Taranto Sport permette ai non addetti ai lavori di circolare in sala stampa, dopo una gara. Dopo una gara, oltre tutto, chiusa al pubblico di ogni fede e colore.

E adesso chiarezza

Lentamente, affiora la verità nascosta. Lentamente, emergono storie sotterranee. Che modificano lo scenario e complicano il presente arduo del Martina. Ne parla improvvisamente e pubblicamente Mariniello, il suo capitano. Proprio quando la squadra comincia a recuperare un equilibrio. Proprio quando si aggrappa alla soddisfazione del primo successo lontano dal “Tursi”. Dunque, il titolare del pacchetto azionario di maggioranza della società si sarebbe disimpegnato: definitivamente e, soprattutto, immediatamente. Senza attenderere il mese di giugno, barriera temporale stabilita ufficialmente dal lo stesso patron Cassano quando comunicò la decisione di liberarsi dell’impegno. Immediatamente: privando, cioè – da sùbito – del sostegno economico allenatore e giocatori. Che, proprio adesso, mostrano le proprie qualità morali, ancor prima che tecniche. Ma che pure, prima o poi, si ritroveranno nel mezzo di un bivio. Di qui la strada che porta altrove. Di là, un campionato da completare: senza stipendio. Sempre che Cassano non intervenga: ribadendo la disponibilità (già assicurata) a coprire le spese di gestione sino al termine del campionato. Qualunque sia il suo pensiero, però, è importante che chiarisca velocemente la sua posizione. Per non alimentare inutili illusioni e per capirsi. E per conoscere i nomi e i cognomi di chi, eventualmente, sarà disposto a lottare anche nel buio. Comunque, sino alla fine.

lunedì 10 dicembre 2007

Dal fango fiorisce il Noicattaro

Il possesso di palla e le ripartenze del Noicattaro governano il fango del Flaminio. E la tecnica di Zotti e Moscelli non affonda. Volontà e idee più chiare: la ricetta della squadra di Giusto stravolge il pronostico e travolge la Cisco, terza realtà del calcio romano. L'ultima interpretazione conforta e rasserena: almeno sino a mercoledì. Perchè mercoledì si torna in campo e occorrerà costruirsi il match di fronte all'Igea Virtus di Castellucci, in casa. Con un menu diverso: cioè, necessiterà osare senza poter attendere l'avversario. Anzi, duplicare una prestazione di personalità. Ed è questo il punto: dotarsi di continuità. Il Noicattaro continua a studiare e l'esame non è ancora superato. Ovviamente, convincere per un tempo solo - come in passato - potrebbe non bastare. E vanificherebbe i progressi romani, che già si riflettono sulla classifica.

domenica 9 dicembre 2007

Due risposte per il Martina

Una domenica, due imprese. Quella del Noicattaro a Roma e quella del Martina a Perugia. La gente di Camplone formalizza gli accenni di stabilizzazione tecnica e tattica affiorati nelle ultime settimane e sfrutta con sconosciuta freddezza le debolezze del Perugia. Il risultato fa rumore, rilancia la classifica (la Juve Stabia è più vicina) e restituisce morale, anche se occorre vivere anche di realismo: l’avversario di turno zoppica da un po’, fallisce anche un penalty e, infine, il gol del match (di Manca) spunta al novantesimo. Si verifica, cioè, un’alchimia particolare e determinante. Traducendo, non tutti i problemi sono risolti e neppure si avvicinano troppo alla soluzione. Però, la vittoria è un ottimo corroborante, psicologicamente parlando. E, dalla base emergono alcuni segnali. Domanda: la proprietà societaria, autoazzeratasi, saprà raccoglierli? E, eventualmente, stringersi nuovamente attorno alla squadra e al progetto? Il futuro passa anche attraverso due risposte. Chiare, vincolanti. L'orgoglio della squadra, adesso, va protetto, salvaguardato. Ora, più che mai, è necessario tentare. La salvezza va corteggiata, sino all'ultimo.

Il calcio, questa volta, può attendere

Il Taranto si ribella: imputando all'amministrazione comunale di non aver rimediato alla devastazione di un a parte dello Iacovone, ferito durante Taranto-Massese. E, dunque, di aver vanificato la sospensione della delibera di squalifica della struttura. E' il gioco delle parti, la querella continua: tutto bene, o quasi. E si ribella puntuale anche la tifoseria: come avevamo felicemente previsto, pochi giorni addietro. Dimenticando da dove arrivano le responsabilità. E anche un altro particolare: quello di Taranto resta un comune dissestato. Che, immaginiamo, abbia altre priorità. Anche se l'amministrazione, forse, si vergogna di sottolinearlo. E di rivendicarlo. Il calcio, per una volta, può attendere. C'è altro da fare, prima.

venerdì 7 dicembre 2007

E Bonetti si accoda

Dicevamo: Barba scuote il Gallipoli. Adesso si accoda anche Bonetti, il tecnico. Criticando, nenache troppo velatamente, qualche suo giocatore, tra quelli più esperti, e puntando su Vastola, che avrebbe rifiutato la panchina nel match di Coppa contro il Sorrento (sconfitta ed eliminazione: poco male, comunque). Non solo: Lo Monaco, un centrale, avrebbe sofferto la decisione (dell'allenatore) di impiegarlo, almeno per una partita, sulla corsia laterale di destra. Sofferto e patito, come testimonia lo sbalzo di tensione accusato dal difensore. Sì, il Gallipoli è davvero scosso, anche troppo: l'obbligo di vincere produce tensioni, è logico. Il problema, semmai, ora è un altro: tutelarsi affinchè l'ambiente non si scolli. Generalmente, si comincia sempre così: con i mugugni, i malori e le parole. Ampiamente pubblicizzate.

giovedì 6 dicembre 2007

Barba scuote il Gallipoli

I pensieri e le parole di Barba scuotono, sapendo di scuotere, il Gallipoli. Il massimo azionista del club minaccia (non è la prima volta) il tecnico Bonetti e anche il diesse Pagni.: la sconfitta maturata nel posticipo di Crotone, dopo un avvio di gara anche brillante, non è piaciuta. E, probabilmente, non è piaciuta - soprattutto - la gestione del gol di vantaggio, griffata Di Gennaro. Conosciamo Barba, vulcanico e goloso. E conosciamo le risorse economiche sacrificate in estate dal club. Il Gallipoli che non vince (o meglio, che non vince sempre) è difficile da gestire: sia dal trainer che dal direttore sportivo. Ma sappiamo anche che la squadra, nei momenti più importanti, in occasione dei confronti più delicati, lascia sempre qualcosa all'avversario, dimenticando di imporsi. Il dettaglio è preoccupante e potrebbe macchiarne il cammino, irrimediabilmente: del resto, Barba pretende la B. In prima o in seconda battuta, attraverso i playoff. Ma il problema, in questo momento, non è tecnico. La questione, piuttosto, sembra caratteriale. Non è cosa da poco: perchè elevare il quoziente di abilità si può. Migliorare quello della personalità, invece, è più difficile. Molto più difficile.

Blasi, disimpegno annunciato

Blasi cede il Taranto: a giugno, o anche prima, se possibile. Il comunicato stampa diffonde la decisione, ampiamente prevista da una sequenza interminabile di dichiarazioni piccate e di accadimenti controversi e persino scabrosi (i recenti incidenti allo Iacovone, per esempio), e certifica il disagio di un uomo nei confronti della città, della politica locale, della tifoseria e della stampa. Attendevamo la notizia ufficiale: adesso c’è. Le motivazioni che la impalcano, onestamente, ci sono e restano. La principale: fare calcio a Taranto è impossibile. Un pensiero che racchiude la pura verità: una verità che lo stesso Blasi, all’inizio dell’avventura, aveva contestato con entusiasmo. Una verità che qualche osservatore attento aveva già sottolineato: appena vent’anni fa. Al di là di quello che potrà accadere, da qui in poi, può dilagare però una sensazione: che Blasi, cioè, abbia utilizzato gli ultimi avvenimenti per prepararsi un disimpegno pianificato. Operazione che, chiariamo, non può eventualmente essere considerata un reato: chiunque ha facoltà di esigerla, quando vuole. Per ragioni strettamente personali. E insindacabili. Blasi sbaglia, tuttavia, quando dichiara di poter (o voler) riportare la squadra dove l’ha presa, in C2, all’ultimo posto in classifica. Così perderebbe un’occasione pregiata: quella di salutare da vincitore.

I progressi dell'Andria

Gli appunti degli osservatori parlano di un Andria psicologicamente rimotivato, anche autoritario, più sicuro e quadrato in fase di non possesso. Sinceramente, non nutrivamo dubbi sull’eventualità, conoscendo la qualità del lavoro di Franco Delilsanti, tecnico che sa impartire alle proprie squadre un’anima e un’identità. Anima e identità che, siamo convinti, nella seconda parte del torneo spunteranno puntuali. Proprio perché, generalmente, le idee del tecnico sangiorgese marciano spedite nella parte finale della stagione, cioè nel momento essenziale. Ci sono le prove, ci sono i precedenti: Benevento, Avezzano, Castrovillari, Catanzaro. A Celano, intanto, l’Andria accresce le proprie quotazioni, guadagnando un punto solido e confidando in successivi progressi, soprattutto nel reparto avanzato. Che, peraltro, attende il recupero di diverse pedine. Servirà, è chiaro, un aiuto anche dal mercato di gennaio. E Dellisanti ha fatto sapere di gradire quattro elementi: utili a centrare l’obiettivo minimo e , chissà, ad aspirare a qualcosa di più. Ma, al di là degli acquisti che verranno, il progetto si rafforza. E la lievitazione generale del collettivo nelle ultimissime settimane non appare un semplice caso.

mercoledì 5 dicembre 2007

La scommessa del Manfredonia

Tanti fischi e pure qualche insulto. Persino normale, quando il risultato non conforta la gente sugli spalti. La reazione alla sconfitta (contro il capolista Sassuolo, oltre tutto) degli affezionati del Manfredonia è istintivamente comprensibile, ma non può essere razionalmente sottoscritta. Per un unico motivo: le modalità con cui è stata costruita la squadra e disegnata la stagione. Squadra, quella di Novelli, aggrappata ad un gruppo di giovani economicamente sostenibile. A misura di serie C. E di una realtà di provincia, che non si alimenta di evidenti risorse finanziarie, nè di una alta densità di abbonati, nè di proventi televisivi. Che deve necessariamente lottare. Questo era e questo dovrebbe restare il progetto (intelligente) della società, conosciuto da tutti e già approvato, anche dalla tifoseria: che va rispettato per non morire, prima o poi. Come va rispettata la squadra, che ha scommesso su se stessa. E, allora, l'idea va sostenuta: sino in fondo, comunque vada. Sperando, perchè no, in qualche aiuto della sessione invernale del mercato. Un aiuto che non tradisca il progetto, è chiaro. Ma le difficoltà incontrate dal Manfredonia erano già scritte: e tutti avranno immaginato i rischi, prima di partire. Contestare proprio ora non va bene.

martedì 4 dicembre 2007

Il doppio volto del Noicattaro

D’accordo, quell’intervento su Moscelli, a risultato ancora in costruzione e in piena area, si mantiene ai limiti del regolamento e, forse, va anche oltre. E, sùbito dopo, l’incertezza di Sassanelli favorisce il vantaggio siglato dal Benevento. Che rimane una delle formazioni peggiori da incontrare. Ma il Noicattaro si conferma ancora una volta quello che è: una squadra ferocemente discontinua, dentro una stessa gara, all’interno di ogni singola situazione. Comincia discretamente, iniettando anche di una discreta dose di verve. E poi si ferma, si affloscia. Irritata dagli accadimenti e psicologicamente bloccata. Giocando, di fatto, solo una parte di match. Come già avvenuto, tante volte, nel recente passato: per tutte, ricordiamo l’occasione persa di fronte al catanzaro, sempre in casa. Il problema non è tecnico e non è tattico. Più semplicemente, è comportamentale. Pericolosissimo, per un gruppo che deve inseguire (o strappare) la salvezza.

domenica 2 dicembre 2007

Ufficiale, il Bitonto arranca

Adesso è davvero evidente: il Bitonto perde progressivamente brillantezza. E, a Fasano, anche la partita. Allungandosi, sfarinandosi, innervosendosi. La trama non è mai limpida, la manovra si confonde facilmente. E si lascia facilmente irretire dalle urgenze dell'avversario. Un avversario che si issa sui sentimenti, che vince col cuore. Senza abbagliare, senza disfarsi di certi limiti. Ma stringendosi attorno al suo nocchiero, Pettinicchio. Uno che, almeno, salva la panca. Non è detto, invece, che sia così anche per Zunico. E non è detto che il suo esonero sia la soluzione migliore. Non in questo momento, almeno. Eventualità, questa, che significherebbe arrendersi alle prime vere difficoltà di una squadra che, probabilmente, dipende un po' troppo da Buttazzoni (oggi poco ispirato e poco incisivo) e che, forse, avrebbe anche il diritto di soffrire un calo fisiologico. Una squadra che, tuttavia, possiede il carattere. E che arriva in fondo alla gara. Con poca lucidità, magari: ma con rabbia. Dalla quale si può riannodare il discorso interrotto.

sabato 1 dicembre 2007

Il Lecce si dichiara

Il pareggio di Pisa frena le ambizioni del Lecce solo perchè il gol toscano arriva a gara praticamente consumata e archiviata. Ma, al di là di tutto, sottolinea un dato: la formazione guidata da Papadopulo è tornata mentalmente tonica, concentrata, convinta. E sembra aver definitivamente scelto il valore della praticità: che sin'ora, aveva spesso osato condendere lo spazio alle pretese di un gioco più elegante. Basta guardare alla ripresa del match di oggi: quando il Lecce ha difeso il vantaggio (non riuscendoci, peraltro: ma il discorso non cambia) con spirito sparagnino, appoggiandosi su tanta sostanza. Anche rinunciando a riproporsi e attendendo l'avversario (infine premiato). La squadra, cioè, comincia a mostrare i muscoli e la volontà, prima ancora della tecnica: che pure non le manca. E' la strategia: che, in B, può servire. Magari, non entrerà nel cuore della tifoseria, ma - a questo punto, piaccia oppure no- il Lecce avrebbe dovuto dichiararsi. L'ha fatto.

venerdì 30 novembre 2007

Panchine incrociate

Fasano-Bitonto, derby di serie D, è decisivo. Non per la classifica, non potrebbe. Ma per Pettinicchio, il trainer brindisino. Vincere o abbandonare la panchina. O, almeno, convincere. Questo è il bivio. La società fu chiara e decise di attendere la gara di Aversa (perduta) e, appunto, il match contro la capolista: ormai arrivato. La gente attende che sgorghi l'orgoglio e qualche altro attributo. Magari, è il momento giusto: le grandi sfide, talvolta, risvegliano l'ardore. Ma, se Pettinicchio dovesse salvarsi, rischierebbe Zunico. Già contestato per un pareggio, il secondo di fila, appena domenica scorsa. Malgrado la saldezza del primo posto in classifica del suo Bitonto. Sembra strano, ma è così: circolano certe voci e l'esperienza consiglia di crederci. Evidentemente, dettagli a parte (scelte di formazione non condivise dall'opinione pubblica), qualche errore c'è stato. Qualche errore da pagare: forse, aver allungato sulla concorrenza troppo presto. Rallentando per rifiatare.

Foggia, il tempo sta scadendo

Sasà Campilongo credeva di poter costruire un Foggia importante. Non c'è ancora riuscito, pur provando soluzioni diverse. La squadra fatica assai, anche e soprattutto sul proprio terreno. E, ultimamente, il tecnico campano sembra voler scaricare qualche protagonista con un cognome di un certo spessore. Ha cominciato con Cardinale, escluso per due volte dalla formazione di partenza. E potrebbe ripetersi con Plasmati, nuovamente espulso nel corso del match con il Novara (e, in questo caso, il coach sarebbe suffragato da qualche ragione). Ma il tempo sta scadendo: l'impressione è questa. E non solo perchè, sulle tribune dello "Zaccheria", domenica scorsa, c'era Aldo Papagni. Uno che, dall'inizio di ottobre, ha rifiutato diverse sistemazioni: l'ultima, in ordine cronologico, è quella di Sorrento. Un allenatore in cerca di panchina che, si dice diffusamente, attende proprio quella del Foggia.

giovedì 29 novembre 2007

Taranto-Evangelisti, il divorzio

Impossibile non tornare sul Taranto. Perchè il Taranto è un fiume di argomenti. Adesso, la società ha licenziato il diesse, Luca Evangelisti. E le correnti di pensiero sull'argomento sono diverse. Vediamo: Evangelisti paga semplicemente le colpe di una campagna acquisti (affrontata con un budget di spese limitato) che, sul campo, non ha generato profitti. Oppure: la guerra intestina ha dei vincitori (chi rimane al timone del club) e uno sconfitto (chi lascia l'incarico). Ancora: la decisione anticipa le cessioni di gennaio (molti tesserati sono affettivamente legati ad Evangelisti): cessioni diciamo pure conseguenziali, utili a produrre contante. Senza trovare troppi ostacoli. E potremmo proseguire. Ma, sicuramente, dietro il fatto esiste una strategia: forse esatta, forse difettosa. Lo scopriremo presto. Il provvedimento, cioè, non fiorisce all'improvviso, ma possiede un proprio retroterra. Il mercato di riparazione, intanto, si avvicina. E tutto lascia credere che il Taranto, dal punto di vista strutturale, sarà rivoluzionato. Da chi, evidentemente, sarà chiamato alla regia delle nuove operazioni: venga da fuori, oppure no. Sì, rivoluzionato: perchè, altrimenti, non si spiegherebbe l'allontanamento di Evangelisti. Se si cambia qualcosa, è per cambiare davvero. O no?

mercoledì 28 novembre 2007

Matarrese blinda Materazzi

Non potrà essere un dato ufficiale, ma è assai più che ufficioso. Il Bari è angustiato dalla classifica e abbastanza lacerato da diversi disguidi interni. Diciamo pure di spogliatoio. Problemi non più sottocutanei, ma visibili e solari: che esplodono, uno di seguito all'altro. Il rapporto tra Materazzi e la truppa non è mai stato limpido: neppure nel corso del campionato passato. Da dove, probabilmente, nasce qualche frizione. Vincenzo Matarrese è intervenuto, blindando l'allenatore. Intuendo che, in caso contrario, avrebbe delegittimato il trainer. Se le lacerazioni sono profonde, tuttavia, potrebbe non essere sufficiente. E, allora, occorrerà dedicarsi ad un'operazione di pulizia. E qualcuno dovrà salutare in anticipo: la società decida chi. E attinga da una parte o dall'altra della barricata. Perchè, il calcio insegna, quando la guerra nello spogliatoio si fa dura, paga sempre il collettivo. E, di conseguenza, si sgonfia la classifica.

Ma servono i puntelli

Il Martina quasi si quadra, inciampa, si rialza, cade ancora. Non offre ancora garanzie piene, ma vuole esserci, vuole lottare. A Potenza prima e a Gallipoli poi non soffre eccessivamente, rintuzza, ma perde regolarmente. Va un po' meglio, adesso, ma non basta. Non può bastare. E la Juve Stabia, l'avversario più vicino in classifica, viaggia ormai cinque lunghezze sopra. Il lavoro di Camplone tende a trovare l'assetto, a rilanciare le azioni della squadra. E la piazza sta cominciando a collezionare qualche simpatia nei confronti del gruppo. Ma i limiti strutturali restano. E resteranno, se non si provvede. Al Martina, oltre al lavoro e alla fiducia, servono aiuti concreti: già a gennaio, in sede di campagna di rafforzamento. Anche se, attualmente, manca chi possa provvedere: se è vero - come è vero - che il proprietario della maggioranza delle quote azionarie del club, Cassano, ha già ufficializzato il proprio disimpegno, garantendo esclusivamente la manutenzione ordinaria sino alla fine di questo campionato. E' lodevole che l'ambiente, seppur timidamente, cominci a sostenere con più compiutezza la squadra. Ed è lodevole, oltre che professionale, applicarsi su di essa. Ma il problema non cambia. Servono i puntelli.

Fatti, non urla

Gigi Blasi aveva promesso frasi forti e piccate. Di lasciar vibrare la rabbia della propria voce, che poi è la rabbia del Taranto. Il Taranto che la giustizia sportiva ha punito con la sconfitta a tavolino (gara con la Massese), cambiando metro di valutazione con l'Atalanta. Il presidente aveva assicurato di intervenire veementemente nell'ultima assemblea di Lega, ma la cronaca riferisce che, nella realtà, sia rimasto muto. E una parte della tifoseria, adesso, si sente tradita. Non sappiamo cosa pensi realmente Blasi e quale strategia stia seguendo. Nè se, prima dell'incontro di Coverciano, abbia ricevuto rassicurazioni sostanziose sul problema. O se stia risolvendo la faccenda diplomaticamente. Decidendo, così, di rinunciare ad una protesta plateale. Sappiamo, però, quanto una protesta plateale e folkloristica possa servire: poco o niente. Molto più utile sarebbe, piuttosto, una gestione più politica dell'intera querelle. Particolare che, oltre tutto, attesterebbe una lievitazione del peso specifico del club di via Umbria all'interno del Palazzo. Questa volta, allora, si parlerebbe di fatti. E non di urla vane.

lunedì 26 novembre 2007

Parlarne sempre. E sempre bene

Parlarne sempre. E sempre bene. E' il sogno. O, meglio, la pretesa: di chi gestisce o dirige un club. Non sempre per fini squisitamente sportivi. O, comunque, non soltanto. Oppure, di chi dirige dalla panchina una squadra. O di chi, sul campo, è protagonista diretto. Una pretesa: anche delle tifoserie. Quando tutto va come deve andare. Altrimenti, la stampa è utile (anzi, deve esserlo) per combattere la società, l'allenatore o la squadra. Una pretesa: certe volte persino di certa stampa, quella sempre allineata, sempre schierata e coperta. E' successo, succederà. A Casarano (Eccellenza pugliese), prima del derby con il Maglie, un giornalista è invitato ad abbandonare il suo posto. Ha lasciato parlare i tifosi, che hanno sparato sulla società. E la società, stizzita, ha replicato. Storie di ordinario calcio. Prima, è successo un po' ovunque, figuriamoci. E, domani, sarà lo stesso. Perchè, nell'immaginario collettivo, la stampa deve coprire, collaborare, venire incontro. Remare con il gruppo. Dimenticando che piuttosto, il suo compito è informare. Magari, con professionalità: cosa che accade sempre più raramente, è vero. Ma questo è un altro discorso. Informare, già: cioè, remare contro qualcuno. L'equazione è pronta.

E Silva è già svuotato

Massimo Silva sembra già scarico. Svuotato. Demoralizzato. E, probabilmente, si sarà pentito della scelta. Di aver accettato, cioè, una panchina di serie D. Di aver raccolto, a campionato in corso, la direzione tecnica di una squadra, il Brindisi, che credeva di poter rilanciare. Che credeva di trovare confusa e ferita, ma non da riassemblare. O, meglio, reinventare. Con un elenco definito di under e di giocatori esperti. Sostenuta da un ambiente ancora motivato. Guidata da un assetto societario che - invece - si è sfaldato, dopo le dimissioni dei fratelli Barretta. Massimo Silva, dopo il nuovo rovescio (tre a zero a Torre Annunziata), sembra immalinconito. E ha dettato: il Brindisi può ritrovarsi e tornare a lottare per un obiettivo. Magari minimo. Sottintendendo che servono rinforzi: sempre che il mercato degli svincolati riservi ancora nomi utili al progetto, a costi praticabili. E sempre che la proprietà accetti di sobbarcarsi nuove operazioni economiche. Di contro, però, si agita un pericolo vivo: così svuotato (tecnicamente e psicologicamente), questo Brindisi può diventare un problema immenso per se stesso. E per la classifica, dove sta lentamente scivolando. Del resto, lo stesso Silva non ci crede più.

domenica 25 novembre 2007

Discontinuo Taranto

Tatticamente, potremmo parlare del Taranto a una punta (con due o tre mezzepunte alle spalle: dipende dai casi), a due (con Dionigi al fianco di Cammarata, come accaduto nella ripresa della gara interna con il Crotone, pareggiata zero a zero) o a quattro (come nelle ultimissime battute del match: ipotesi , peraltro, assai comune a quelle formazioni che devono inseguire il risultato e che vogliono sfruttare gli ultimi spiccioli di match). Moduli a parte, però, uno dei problemi fondamentali della squadra sembra l'assenza di una continuità: di gioco, di tensione emotiva, di rendimento. Il Taranto continua ad esprimersi a intermittenza, aggrappandosi alle possibilità e alle promesse dei singoli. Sfarinandosi nel momento in cui, invece, occorre solidificarsi e insistere. Cioè, offrire qualcosa di più. E' accaduto anche oggi: proprio mentre il Crotone, in inferiorità numerica, apriva sistematicamente il proprio dispositivo difensivo ai tagli e alle incursioni laterali dell'avversario. Proprio mentre la partita sembrava chiamare la squadra di Cari. Proprio quando il Taranto avrebbe dovuto crescere. D'intensità e di personalità.

sabato 24 novembre 2007

Tutti i limiti del Bari

Il Bari non dispone di qualità tecniche evidentissime. Lo diceva una campagna di rapporzamento estiva che non aveva affascinato, lo conferma il campo: sin dall'inizio del campionato. Era logico, però, pretendere dalla squadra di Materazzi tensione agonistica, carattere e organizzazione: ingredienti buoni a compensare altre mancanze. Ma il Bari non si consolida mai definitivamente e si sfilaccia puntualmente: a Modena non si quadra, non reagisce e affonda (tre a zero). Risultato a parte, preoccupano l'aspetto tattico e il profilo mentale di una squadra che denuncia anche limiti di personalità. E che rischia di perdere, oltre tutto, il suo singolo più ispirato, l'argentino Donda: piegato - si dice - dalla nostalgia e, chissà, dal presente arrugginito di una realtà inattesa, cioè non preventivata. Ovvero, di un Bari che, così com'è, potrebbe pure pregiudicare il suo personale futuro.

venerdì 23 novembre 2007

De Florio chiude la parentesi Monopoli

Andrea De Florio rescinde il contratto e chiude la parentesi Monopoli quattro mesi dopo averla aperta. L'eventualità si era configurata già qualche settimana addietro; la decisione non si è fatta attendere. Perchè, evidentemente, già scritta. Tentativo fallito, dunque: niente di strano. Sorprende, piuttosto, accorgersi che qualcuno possa sorprendersi: De Florio, negli ultimi due campionati, disputati a Taranto, aveva totalizzato poche presenze (e ancor meno partite intere). Qualche motivo doveva pur esserci: come i ripetuti malanni fisici, documentati dalle cronache. Fisici e anche fisiologici, considerati l'età dell'attaccante di Noicattaro. Che, magari, troverà un altro ingaggio: forse in D. A meno che le manovre del club della sua città non decidano di ridirottarsi verso di lui.

giovedì 22 novembre 2007

Brindisi, tutto da rifare

Una classifica scomoda, ma creduta diversa. Agitazioni sotterranee, passate (con Giugno, ex trainer) e - si dice - ancora presenti. Un mercato di riparazione ostico e incompleto. Contestazioni crescenti di un ambiente sfiduciato, all'operato e alle persone. Attacchi frontali, talvolta ignoti. Scarsa collaborazione degli imprenditori brindisini e, più in generale, della città: amministratori pubblici compresi. Problemi strutturali: il "Brin" è la stadio che conosciamo. Sono i punti su cui si fondano le dimissioni dei frateli Barretta, che hanno sin qui gestito il Brindisi. Dietro, intanto, si agitano gli errori di certe scelte e anche la rincorsa alle esigenze della tifoseria. Che sono, magari, legittime (il blasone è il blasone), ma anche fuorvianti. Perchè non consentino di programmare. Programmare veramente. Al di là delle dichiarazioni di convenienza. Dal caos esce una società senza guida. Che è, più o meno, la stessa storia che si sviluppa a Martina (il presidente Cassano, irritato, è dimisionario da ieri). Mentre a Taranto, venti di guerra diversi fanno ponderare Blasi. Di fatto, una fetta di Puglia vive la sua crisi. L'ennesima, puntuale. Ciclicamente, accade. E, ciclicamente, il calcio si ritrova azzerato. O quasi. Solo un caso?

mercoledì 21 novembre 2007

Se la retrocessione è individuale

La retrocessione fa paura. Ma non è unicamente una questione di classifica. Non retrocede, cioè, solo una squadra. Può retrocedere anche il singolo: e con lui un'ambizione, un sogno. A Bari succede che Strambelli e Fiorentino (due giovani saldamente ancorati all'elenco della prima squadra) siano stati dirottati con la formazione Primavera, seppur temporaneamente. E che abbiano declinato l'invito. La società non ha gradito. E Neppure Materazzi. Soluzione: Strambelli e Fiorentino sono fuori rosa. A tempo indeterminato, per il momento. A pagare un'idea (la serie B) ormai consolidata, un'ambizione forse sbrecciata. Dentro il rifiuto c'è, evidentemente, la consapevolezza (comprensibile) di imbattersi in un calo di tensione: tornare in Primavera è come compiere un passo indietro. Che non è mai gradito, a nessuno. Ma c'è pure l'insufficiente propensione a rimettere in discussione se stessi e, probabilmente, anche a sacrificarsi: un particolare che non aiuta a crescere, a migliorarsi. Anche questo è un segno dei tempi che cambiano. Anzi, che sono già cambiati.

martedì 20 novembre 2007

Il Barletta esibisce la forza

Il successo sdrucciolo ottenuto contro il Grottaglie, la settimana scorsa, e qualche esitazione denunciata in precedenza avevano seminato qualche ombra sul presente e sul futuro del Barletta, formazione attrezzata ma anche psicologicamente pressata, perchè condannata a vincere. Però, il team di Chiricallo ha voluto e saputo spazzare le ombre, in maniera inequivocabile, imponendosi (per punteggio e per gioco prodotto) a Pomigliano, sul campo di un avversario sin qui ostico per chiunque. Il Barletta, cioè, ha dettato i suoi ritmi, esibendo una prova di forza, della quale va preso doverosamente atto. Smentendo le apparenze, è giusto sottolinearlo. E viaggiando sulle intuizioni di Romano, il suo uomo più convincente del momento. Del quale si era persino ventilata la partenza, neppure troppi giorni fa. Partenza, va detto, prontamente smentita dalla società e dallo stesso giocatore. Romano e il Barletta, allora, ci sono ancora e rispondono, in maniera perentoria. Il torneo di D si fa sempre più interessante. E non solo per il black-out del calcio professionistico.

lunedì 19 novembre 2007

Fasano, il segnale chiaro della società

A Fasano il problema è serio. La squadra non si esprime e perde. Per la terza volta consecutiva in casa, se si include anche l'intermezzo di Coppa. Ma fanno fale, soprattutto, gli insuccessi del campionato sofferti contro il Matera e, sette giorni dopo, contro il Gragnano. Il problema è serio, ma ci piace la risposta della società. Pettinicchio, il coach, ha mantenuto la panca dopo lo stop dell'altra domenica (malgrado le voci di corridoio) e la mantiene anche adesso. Parla la comunicazione ufficiale inviata alle redazioni. Traducendo, significa credere nel progetto di partenza, nonostante sia ostacolato da distonie evidenti. E significa non credere alla bontà di un avvicendamento: che non è mai automaticamente felice. Chiaro, la posizione del trainer non può neppure considerarsi solidissima, per ovvie ragioni. E, per il momento, è puntellata dall'ammissione delle colpe da parte della squadra. Però, il segnale del club è abbastanza chiaro. Tuttavia, sappiamo tutti che il futuro della guida tecnica è indissolubilmente legato ai risultati del prossimo o dei prossimi due impegni. E, sulla strada, cìè anche l'Aversa.

La sentenza che mortifica il Taranto

Questa volta non c'è vittimismo gratuito. Questa volta il Taranto ha facoltà di sentirsi mortificato. La sentenza sportiva sui fatti di Atalanta-Milan (gara sospesa per incidenti, ma da ridisputarsi) non coincide con quella di Taranto-Massese (interrotta per cause analoghe, persa a tavolino dalla squadra di Cari). La nostra sensazione è che l'errore non sia nella prima decisione (del giudice sportivo della Lega di serie C), ma nella seconda (quella del giudice della Lega maggiore). Ma, al di là di questo, il conto non torna. E' vero: Atalanta-Milan, di fatto (da un punto di vista strettamente formale) è stata sospesa dall'esterno (per intervento della questura) e Taranto-Massese direttamente dall'arbitro. Il prodotto finale, invece, non cambia. Generando una sensazione: tutti pretendono regole precise, pochi intendono applicarle. Ma partorendo anche un altro pensiero: tifoseria e dirigenza del Taranto, unite nella mortificazione, hanno trovato un obiettivo comune e un nuovo avversario: la giustizia sportiva, appunto. Chissà che non serva a ricompattare l'ambiente. Del resto, i primi sintomi di avvicinamento delle parti si intravedono già.

domenica 18 novembre 2007

Lacarra spinge il Grottaglie

La vittoria larga del Grottaglie (cinque a uno) sul Lavello è la vittoria della pazienza, perchè costruita senza cadere nelle agitazioni, malgrado un approccio alla gara vagamente difettoso. Ed è una vittoria limpida, che tuttavia non ripara completamente ad un primo tempo in cui la squadra di Del Rosso è apparsa non eccessivamente stimolata, pigra e - forse - neppure troppo convinta. Aver sbloccato il risultato - a frazione iniziale di gioco praticamente esaurita - ha aiutato: innegabilmente. Così come ha aiutato l'arrendevolezza emersa alla distanza di un Lavello rinnovato e ancora appesantito (in alcuni uomini, anche fisicamente parlando). Sotto certe angolazioni, cioè, dal Grottaglie ci attendevamo di più: consapevoli che il concetto potrà essere considerato di controtendenza, anche in virtù del risultato finale. Ma abbiamo apprezzato, di contro, le doti di Lacarra, un ragazzone di vent'anni che possiede doti muscolari e anche realizzative. Uno che conosce la porta e fa reparto, che possiede grinta e carattere. Dopo la vittoria, questa è la migliore notizia della giornata.

La D gioca e attende il Bitonto

Si gioca, almeno in D e tra i dilettanti. Il blocco un po' populistico e anche bacchettone del calcio professionistico deciso dopo il tragico incidente di Arezzo e la morte del tifoso laziale non condiziona e non commuove il capo della Lega Interregionale Punghellini, che si conferma il miglior dirigente federale del noistro calcio. Quello più serio, il più intelligente, il più realista, il più coerente. La domenica pugliese, dunque, saluterà nuovamente il Bitonto capolista di quinta serie, rafforzatosi ulteriormente in sede di mercato supplementare, appena conclusosi. In attesa di ulteriori conferme, in quello che potrebbe rivelarsi il momento più delicato. La squadra di Zunico, che oltre tutto pratica il miglior gioco del torneo, proprio adesso potrebbe solidificare le proprie ambizioni, guadagnando qualche altro metro di vantaggio. Proprio in questa situazione, in cui il Barletta sta soffrendo più del previsto. Mentre l'Aversa, sottoposto a recenti lavori di miglioria, potrebbe avere necessità di qualche tempo per quadrarsi definitivamente, come siamo portati a credere. Sì, questa fase del campionato ci sembra abbastanza delicata. E il Bitonto è chiamato a rispondere.

giovedì 15 novembre 2007

Danni su danni

Trentamila euro di danni: è il costo commerciale dei fattacci di Taranto-Massese. Appena sufficienti a coprire le spese per i bagni (o quel che già rimaneva) divelti e per le infrastrutture danneggiate allo Iacovone. Che, ovviamente, vede ulteriormente decrescere il proprio livello di funzionalità. Non sappiamo quanta indignazione susciterà la natura di un problema in più da affrontare, in una città economicamente collassata. Immaginiamo sin d'ora, però, chi e cosa pretenderà - esercitando pressioni - tra qualche mese, a squalifica (dello "Iacovone") e a campionato finito, in attesa del prossimo. Quando la Lega di Serie C chiederà uno stadio efficiente. E garanzie.

martedì 13 novembre 2007

Questione di realismo

La follia dello Iacovone (Taranto-Massese sospesa per l'incocepibile protesta di una parte della tifoseria jonica) costa la sconfitta a tavolino (normale) e quattro turni di calcio a porte chiuse (punizione doverosa). La squadra di Cari, già zoppicante, comincia a soffrire la classifica. E tutto lascia pensare che cominci a intimorirsi del domani. Perchè l'ambiente è spaccato, il morale si affloscia, gli ostacoli si moltiplicano e perchè Blasi potrebbe ipotizzare provvedimenti drastici. Certo, il potenziale a disposizione del tecnico di Ciampino resta di sufficiente levatura, al di là delle distonie tecniche e tattiche sin qui registrate. E malgrado il campionato lasci le porte aperte a chiunque. Ma la realtà e il realismo dovrebbero consigliare il Taranto a guardare giù, verso la zona playout. E a modificare il vocabolo promozione in salvezza. E' difficile digerire la novità, ma ci sembra anche abbastanza ovvio provare a rimodellare la mentalità. Nel migliore dei casi, il Taranto - una volta ritrovato - potrà compattarsi, fortificarsi e rilanciarsi. Nel peggiore, potrà considerarsi psicologicamente preparato ad una seconda parte del torneo particolarmente spigolosa.

lunedì 12 novembre 2007

Quarant'anni al servizio del Brindisi

La novità incuriosisce e quasi intenerisce: Daniele Vantaggiato, brindisino, quarant'anni, artigliere di discreto passato in C2 e di ottima resa in D, cancella un anno di attività e si vincola con la squadra della sua città. Potrà servire, magari negli ultimi scampoli di un match o dell'altro, quando il risultato va ancora costruito. Ma la notizia lascia trasparire anche le difficoltà di una formazione, ora affidata a Silva, sopravvalutata in estate e, quindi, ridimensionata dalle scelte successive e anche dagli infortuni: dunque, numericamente dapauperata. E le difficoltà che si ritrova ad affrontare la dirigenza del Brindisi, impreparata (come un anno fa) alle intemperie di un torneo sempre arduo da scalare. E puntualmente pressata da una piazza che produce passione e, contestualmente, nuovi ostacoli. Il ritorno di Vantaggiato, poi, è la dimostrazione di quanto sia difficile un mercato di riparazione: anche per un club importante. E il segnale di una mancanza di tranquillità: quella che minaccia l'ennesimo nuovo corso impostato dalla società. Che, forse, dovrà cominciare a inseguire la chiarezza. Dentro se stessa, innanzi tutto.

domenica 11 novembre 2007

Sogni da aggiornare

Il Grottaglie, a Barletta, segna. Poi raddoppia e sogna. Per poco: perchè la maggiore qualità (e la fame) dell'avversario sovvertono la tendenza e ribaltano il risultato. Rilanciando la squadra di Chiricallo e punendo i pruriti di quella di Del Rosso. Che, probabilmente, non dispone ancora della forza (e della personalità) necessaria per puntare alla C2. O, se preferite, del materiale tecnico. Il pericolo, adesso, è che il Grottaglie possa lasciarsi irretire dalla fibrillazione: sarebbe delittuoso. Meglio, invece, continuare a lavorare in tranquillità e in profondità, per rifinire e migliorare il progetto, appena abbozzato. Ecco, il progetto: per abbellirlo c'è tempo. Tutto il campionato, questo. E quello prossimo.

Cose da Taranto

Cose da Taranto. La sospensione forzata del match contro la Massese è solo l'ultimo episodio del lungo romanzo in cui - da sempre - l'ambiente jonico riesce a professare con puntualità e folle lucidità la propria vocazione all'autolesionismo. La tensione che arriva da un'autostrada, da un autogrill (quello di Arezzo) e da una vicenda lontana di cronaca nera (la morte di un tifoso laziale) si riversa allo "Iacovone" e inasprisce i toni già esasperati del calcio sui due Mari. Ma, soprattutto, lancia un sospetto: che l'atteggiamento di una parte della tifoseria sia una risposta (o una controrisposta) a certe parole e a certi atteggiamenti del presidente Blasi, ormai concettualmente diviso da una fetta di città. Il sospetto è che i fatti di Arezzo siano solo un pretesto. E che la guerra già dichiarata tra la società e i supporters della curva sià già cruenta.

E Pitino saluta

A Sorrento il risultato non cambia: e il Martina colleziona un altro insuccesso. Anche se la prestazione non è affatto infame. La novità più succosa, però, arriva dopo il match: Marcello Pitino, scoraggiato dall'esito dell'ultima tappa del campionato, rimette il mandato di direttore sportivo e saluta. Diranno: era complessivamente previsto. Se non altro, Pitino raccoglie il senso della realtà, ovvero l'ostilità dell'ambiente nei suoi confronti. E il resto lo fa la società, accogliendo le dimissioni. E, probabilmente, celando un accordo sottoscritto dalle parti: un accordo utile a rasserenare l'ambiente. Ecco, è proprio queesto il punto: consideriamo gli ultimissimi accadimenti come un atto di buona volontà compiuto dal club: la volontà di riavvicinarsi alla gente, ingrediente necessario per migliorare i destini della squadra di Camplone.

Il Fasano non decolla. Anzi, cade

Giacomo Pettinicchio è un amico e, magari, non ce ne vorrà. Ma il Fasano che guida dalla panca - va detto - non decolla ancora. Cioè, continua a non evolversi sotto il profilo del calcio prodotto. Denunciando, contro il Matera, difetti di continuità, insufficiente (eufemismo) circolazione della palla sulle corsie laterali e scarso impatto in fase di possesso. L'assetto difensivo, poi, si allarma facilmente. Non solo: Condò, l'ultimo acquisto, non è ancora inserito nel cuore della manovra: ed è pure normale. Ma, mancando Rufini (squalificato), il problema globale si amplia. Motivando il pericolante team lucano, che lentamente riesce ad organizzarsi e a dotarsi di personalità: fino a lasciare il "Curlo" con due gol all'attivo. Pettinicchio, intanto, rischia l'impiego e si parla di Dino Orlando al suo posto.

Quando il punto non basta

Cinque partite senza soffrire la sconfitta possono fuorviare e non allontanano i timori. Perchè cinque pareggi consecutivi non costruiscono una classifica sicura e impermeabile all'involuzione cronica. Il risultato positivo affrancato alla Spezia, cioè, può allontanare il malumore, senza debellarlo. E il Bari deve rendersene conto. E Materazzi, il suo nocchiero, probabilmente si è accolato la sensazione, lasciando trasparire in panchina un evidente nervosismo. Anche per l'evoluzione del match, che avrebbe potuto consegnare alla sua squadra qualcosa di più. Uno dei problemi, intanto, è confermato: Gillet e soci faticano a gestire il vantaggio accumulato, nel caso specifico con Santoruvo. Emerge nuovamente la carenza di personalità, certificata da ormai diverse circostanze. Che il Bari sembra destinato a trasportarsi sino alla fine del torneo. La personalità si possiede oppure no. E non si compra: neanche nel calciomercato di riparazione che si avvicina.

mercoledì 7 novembre 2007

Ma Cassano va compreso

Contrordine: Enzo Nucifora scarta l'ipotesi-Martina e preferisce San Benedetto del Tronto. E il patron del club della Valle d'Itria annuncia l'imminente disimpegno. Non sappiamo quanto la prima notizia (questa sì ufficiale) dipenda dalla seconda. Ma capiamo quanto le parole (la contestazione) possano far male. Soprattutto se - ed è il caso del Martina - la realtà economica è limitata e, dunque, vincolante (la C1, da queste parti, va invece tutelata e considerata gratificante, anche soffrendo). Quattro campionati (gli ultimi) difficili non dovrebbero offuscare e fuorviare la tifoseria, che avrebbe piuttosto dovuto abituarsi a convivere con la sofferenza, elemento proprio della quotidianità delle società che vogliono galleggiare a ridosso del calcio dei grandi. Chiaro, gli errori e le esitazioni dirigenziali, distribuiti negli ultimi tempi, emergono e non vanno sottaciuti. Ma le parole avventate del popolo si pagano sempre: soprattutto se il denaro (da spendere) è altrui. La terza serie, per Martina, resta un lusso: ricordiamolo. E, quindi, Cassano va compreso. Le possibilità per rimediare (o mediare) ci sono ancora, però. Prendere o lasciare. Perchè dietro le poche certezze potrebbe esserci il vuoto.

martedì 6 novembre 2007

Questione di tempi. Tecnici

La notizia non è ufficiale (mentre scriviamo, almeno), ma abbastanza ufficiosa. Nucifora torna a Martina per avvicendare Marcello Pitino, direttore sportivo inviso alla piazza e, dopo l'allontanamento di coach Pellegrino, anche discretamente emarginato all'interno dello stesso club. La decisione è maturata nel tempo, ma fiorita in ritardo. Evidentemente, l'operazione richiedeva determinati tempi tecnici. Perchè, cambiando i nomi, lo sponsor (di Pitino e di Nucifora) non cambia. Niente di strano, però: questo, gente, è il calcio.

lunedì 5 novembre 2007

Nessuno guarda il Liberty

Angelo Terracenere, coach del Liberty Bari -campionato di Eccellenza pugliese - , si lamenta ancora. Il pubblico evita l'immenso stadio "Della Vittoria" e non offre il proprio sostegno a quella che, di fatto, è la seconda squadra della città. Una città che sembra aver dimenticato anche la prima realtà. Si lamenta Terracenere (ne ha facoltà) e si lamenta il club: da tempo, ormai. Ma la storia dice che le seconde realtà cittadine, da sempre e ovunque, non possono contare sull'affetto della gente. A Bari, poi, il riscontro non è una novità: il Liberty esisteva anche in passato, prima della ricostituzione. E insegnano anche le esperienze del Victoria, trasferitosi presto a Locorotondo, e del San Paolo, emigrato poi ad Altamura. E, allora, perchè risentirsi? Chi ha abbozzato il progetto, sapeva a cosa andava incontro. O avrebbe dovuto prevederlo. Il sospetto, perciò, è che il cattivo umore sorga per giustificare (almeno parzialmente) il cammino in campionato, sin qui incerto. Un campionato nel quale il Liberty avrebbe dovuto occupare una posizione di prestigio, lottando per il salto di categoria.

domenica 4 novembre 2007

Ma il sistema non c'entra

Il Taranto che pareggia a Potenza fortifica una sensazione già adulta: al di là dei torti e delle ragioni, della guida tecnica e dei disagi societari, questo collettivo sembra destinato ad un campionato anonimo. Malgrado qualche buona individualità, continua a mancare una proposta di gioco. E poi le tensioni interne allo spogliatoio non aiutano. Come non aiuta il clima di ostile austerity inaugurato dalla società, arroccata sulle proprie convinzioni e poco disposta a rivedere i propri concetti, talvolta discutibili (e discussi). Atteggiamento, peraltro, normale: basti leggere nomi e cognomi dell'organigramma del club di via Umbria, per capirlo. Tensioni che non evaporano e che, di fronte ad una glasnost sempre più precaria (provate a osservare i tesserati del Taranto davanti a microfoni e telecamere: inibiti e quasi terrorizzati di comunicare), possono solo alimentarsi. Il Taranto arranca, ma il suo presidente critica il sistema. Dimenticando una serena autocritica, vietata anche al suo entourage. Che, invece, potrebbe servire. All'ambiente, al Taranto e anche a Blasi.

Segnali di progresso

E' vero, il Martina perde. Ancora, a domicilio, di fronte alla Salernitana, meno effervescente del previsto, ma solida. E pronta a sottolineare la differenza di cifra tecnica e di esperienza che, di fatto, costruiscono il risultato finale (0-2, un gol per tempo). Ma la squadra affidata recentemente a Camplone non è inguardabile come in altre occasioni. E la sconfitta non è disonorevole: questa volta no. Anzi, il Martina evidenzia progressi, sotto il profilo del calcio prodotto e della personalità. Vestendosi con una mentalità più costruttiva, prendendo iniziativa. E attaccando anche con cinque uomini: particolare, nel passato recente, sconosciuto. La prima punta (in questo caso Guariniello) non resta isolata e può dialogare. Certo, questo può non bastare e, infatti, non basta. Ma è utile pensare che, da qui, si possa ripartire.

venerdì 2 novembre 2007

Quelle strane occasioni

Nel gran mare della confusione, emerge in casa Taranto Sport un'altra storia di povera umanità. Accade quando la società di Blasi arriva a detestare (puntualmente contraccambiata) l'azienda televisiva con la quale, sin qui, ha spartito progetti e marketing. L'azienda (esclusivista) di antico riferimento, un riferimento ormai affondato nel lago melmoso delle logiche di convenienza. Ma tant'è: problemi loro. Il fatto nuovo è che l'azienda televisiva, anche giustamente, replica agli affronti. Perchè di affronti si tratta, effettivamente. Come il boicottaggio nei confonti delle troupe televisive, prima del match tra la squadra di Cari e la Juve Stabia. Dimenticando, però, il passato: quando quell'azienda televisiva era al potere e la stampa di controtendenza si ritrovava privata di elementari diritti giornalistici. Osteggiati anche e soprattutto da chi, all'azienda televisiva di riferimento, forniva quotidianamente basi logistiche sicure. E che oggi, con un'altra società, anni dopo, è dall'altra parte della barricata: pronto a tradire le vecchie amicizie. E a disconoscere l'azienda televisiva. Tutto gira, evidentemente. E, pensandoci bene, nulla cambia. L'ambiente calcistico, sui due Mari, sa farsi male (e anche bene) da solo. Come sempre.