Non è cambiato poi molto. Non appena costruisce qualcosa di interessante, il Foggia distrugge: con caparbia puntualità. Illogiche emozioni: sono il segno distintivo di una squadra che, evidentemente, non è ancora matura per l'obiettivo - faticoso, a prescidere - che si è autoimposto, ovvero l'aggancio alla quinta poltrona del girone, che promuoverebbe Agnelli e compagni alla lotteria di fine stagione, i playoff. Quinto posto ancora saldamente proprietà del Monopoli: che, in questo momento della stagione, non abbaglia. Ma che, almeno, si lascia premiare dalla continuità dei risultati (vittoria in casa, pareggio fuori: basta e avanza). La domenica appena consumata, intanto, è di gala: arriva il Taranto e il derby è assolutamente inedito, per la quinta serie. Tanto inedito da far rabbia, ecco. Il vantaggio del Foggia arriva: però, alla fine, gioisce la gente di Pettinicchio, capace di risollevare la partita, di reindirizzarla, di capovolgerne il senso. E Micale, portiere under, guadagna persino convinti consensi. Coach Padalino, in sala stampa, non perde l'aplomb e rivendica l'equità del pareggio, malgrado la cattiva gestione della seconda parte della gara. Ma il presidente Pelusi bacchetta l'abitudine del tecnico, ormai consolidata, di rimestare domenicalmente modulo e giocatori. Gli esperimenti, cioè, disturberebbero la lievitazione del gruppo, la digestione di un torneo ormai compromesso. Il traguardo playoff sembra, del resto, essere chiaramente diventato la chiave d'accesso al concetto di credibilità, al futuro prossimo. Spieghiamoci: il prossimo anno, il Foggia punta a vincere, senza indugi. E, per farlo, necessita di investimenti: che una buona manche di ritorno, in questo campionato, potrebbe teoricamente attirare. Di contro, è anche logico che l'allenatore sondi e prepari il terreno: cominciando a capire chi merita di far parte del progetto che verrà e chi no. In mezzo, tuttavia, c'è il presente, che non può essere facilmente svenduto. E un piazzamento di prestigio che si allontana, più o meno irrimediabilmente: nonostante gli sforzi di ottimismo del club. Bel problema. L'impressione, la nostra impressione, è che Padalino dovrà sbrigarsi a decidere. Rinunciando, magari, a qualche verifica. Prediligendo le esigenze della quotidianità. Prima che il futuro, sulla panchina del Foggia, appartenga a qualcun altro. Sconti non se ne fanno più, per nessuno. Figuriamoci in un ambiente lungamente sfigurato dalle delusioni. E ancora troppo passionale per immaginarne altre.
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lunedì 21 gennaio 2013
giovedì 1 novembre 2012
Foggia, managerialità e simpatia
Il Foggia, dicevamo, deve convivere con quello che ha: un organico discreto, non certo di valore assoluto. Numericamente, niente affatto esuberante. Ma con qualche individalità di pregio. Perchè no, di un tecnico (Padalino) animato dalla sua stessa foggianità. Comunque, rampante: cioè, motivato. E, infine, di una società che non custodisce un portafogli infinito, ma pure ricca di iniziative. In due parole, il Foggia deve accontentarsi di quello che è: una squadra sulla strada della maturazione e del completamento. Sotto tutti i punti di vista (la seconda sessione di mercato, ormai, sta arrivando). Alla ricerca degli strumenti necessari per programmare, quello sì, l'assalto al professionismo: la prossima stagione. Nulla, tuttavia, vieta ad Agnelli e soci di impossessarsi di qualche soddisfazione, mentre si procede. Il successo rimediato domenica su una big come il Matera, ad esempio, è una di quelle. E vuol dire poco che i lucani, da un mese a questa parte, stiano zoppicando: almeno, giudicando i risultati (tre sconfitte su quattro match). La gara intensa e sufficientemente ispirata viene premiata: e serve a vivere meglio il presente, a migliorare certi automatismi, a garantirsi l'autostima. Non è detto, però, che il Foggia non caschi ancora. Anzi. Il pericolo esiste. Quasi certamente accadrà. Ma l'eventualità fa parte delle condizioni di questo campionato. In cui anche il club sta imparando a districarsi. Anche con qualche idea che sottintende un cero istinto manageriale: è il caso della vendita on line dei pixel di una foto del suo capitano, Agnelli. L'operazione potrebbe far sorridere: invece è un tocco di modernità che potrebbe fruttare il cash per agire a dicembre. Non conosciamo, sin d'ora, il riscontro: ma il presidente Pelusi sembra sintonizzato sui canali giusti. Del resto, la sua maniera di muoversi, improntata sul marketing e il merchandising, ma anche diretta al cuore della gente (il numero uno, qualche tempo fa, si prestò personalmente ai tornelli di un varco dello Zaccheria, non lo dimentichiamo. E, in un'altra occasione, solidarizzò con la tifoseria, fuori dallo stadio), genera simpatia. Ecco, managerialità e simpatia: due cose che, negli ultimi tempi, sono mancate alle cordate che hanno preceduto l'attuale proprietà. Non è un cattivo modo di presentarsi. Proprio no. Anche perchè aiuta ad organizzarsi e a pianificare meglio.
sabato 4 agosto 2012
Foggia, è serie D. Con enorme fatica
Perdere il professionismo significa, sùbito dopo, rincorrere il tempo che avanza, che sfugge. Vale per tutti. E vale ancora di più per piazze difficili (cioè storiche ed esigenti) e depresse (economicamente parlando) come Taranto e come Foggia. Mentre, però, sui due Mari si battaglia ancora (ansimado) per costruire un futuro in serie D, in Capitanata il pericolo dell'Eccellenza sembra scongiurato. L'iscrizione alla quinta serie è garantita, quasi al fotofinish. Non dalle forze imprenditoriali che operano sul territorio. Non dai gruppi o dalle cordate che si sono spartiti il palcoscenico sin qui. Non dalla fondazione sorta recentemente in sostegno del malato. Ma da un puzzle di assegni e donazioni popolari: insufficienti, comunque, a garantire iscrizione e fideiussione al primo campionato dei dilettanti. Condizione che ha praticamente costretto Davide Pelusi, un tifoso facoltoso con base a Milano, ad assicurare un bonifico di duecentocinquantamila euro. Parto travagliato, dunque. E soddisfazione robusta. Accade sempre così, quando la paura morde le coscienze. Ma la complicata gestazione di un salvataggio disperato non autorizza a sognare. Ci aspettiamo, con queste premesse, una serie D di duro realismo, fatica e transizione. Anche se il ritrovato entusiasmo sa accendere l'ottimismo della gente e ingentilisce le dichiarazioni degli addetti ai lavori. Un mese di complicati calcoli aritmetici, piuttosto, consiglia di attendere tempi migliori e di contenere le pretese. E, in mancanza di novità straordinarie, di calarsi nella nuova realtà: misera, eppure faticosamente conquistata.
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