L'ansia di rinnovamento avvolge e travolge il Barletta. Ancora. Ma, forse, è davvero tutto sin troppo ovvio. Perché certi segnali di risveglio si sono interrotti da un po', ormai. E i risultati hanno ritrovato il grigiore e l'insipienza dei tempi peggiori. Riassumendo tutta la propria drammaticità. La classifica non si muove più, la lievitazione si è arrestata brutalmente. E l'odore di retrocessione si fa acre. Dietro, insegue sempre e solo la Carrarese. E il Sorrento precede gli adriatici di due punti, mentre il resto della compagnia è decisamente lontano: cioè, un mese dopo, è praticamente tutto come prima. Solo che, nel frattempo, il calendario si è accorciato. Per questo, via anche (di nuovo) Novelli, il tecnico che aveva cominciato la stagione per essere surrogato da Stringara e che, dallo stesso Stringara, aveva ereditato nuovamente la panchina. L'esonero tallona l'ultima sconfitta, quella di domenica, sull'erba amica, di fronte al Gubbio che rifiata. E un'altra prestazione lacunosa, espressione diretta di un atteggiamento remissivo sin dall'avvio del match e, probabilmente, pure di una postura tattica abbastanza timida (una sola punta, Barbuti: Lamantia viene schierato solo nella ripresa). Il Barletta, al quarto stop consecutivo (e, dunque, affidato ora a Nevio Orlandi) non entra mai nel vivo del gioco e il forcing degli ultimi minuti è insufficiente per confidare in almeno un punto. Ritrovandosi con un carico suppletivo di amarezza, di depressione e di paure. Che l'organico, seppur parzialmente riveduto a gennaio, non sembra in grado di stoppare: al di là della perizia e del lavoro di chi, sin qui, si è occupato della gestione tecnica. Anche per questo, allora, diventa scontato chiedersi quanto possa rivelarsi utile l'ennesima ed estrema misura societaria: che sa di ultimo tentativo, ovvero di disperazione.
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giovedì 7 marzo 2013
venerdì 12 ottobre 2012
Barletta, sempre più giù
Hanno detto, abbiamo detto: è una formazione strutturalmente giovane, in pieno processo formativo. Vero. Ma i risultati stanno lentamente piegando il Barletta verso un destino di sofferenza. E' già un campionato amaro, per la gente di Novelli: due soli pareggi in sei partite, undici rete subite (peggio, solo la Carrarese, ultimissima), palesi difficoltà in fase di possesso (nei match disputati al Puttilli, appena un gol segnato). Chiaro, ormai, che il progetto fatichi a decollare. E' andata male, malissimo, anche domenica: la capolista Latina ha infierito (uno a tre), appena ha potuto accelerare. Persino discreta, sul piano del gioco, nella prima parte della gara: ma questa squadra sembra lontana dalle esigenze di un torneo come quello di terza serie. Primo, perchè non conclude. E, quindi, non può sperare di poter graffiare. Secondo, perchè si smonta facilmente, lasciandosi travolgere dal vortice dei timori: come ammette lo stesso tecnico. La gioventù, del resto, regge se c'è entusiasmo e organizzazione, ma anche spessore individuale e collettivo e, soprattutto, carattere. Altrimenti, urge un'iniezione di fiducia. E di esperienza. Intanto, il disavanzo da chi si trova poco più avanti è ancora colmabile. E digrignare i denti per un mese e mezzo non sarà un'impresa immensa: purchè chi può corra ai ripari, alla riapertura delle liste di trasferimento. Non basterà a Novelli sovraccaricarsi di responsabilità: alla fine, servono le fondamenta della casa. E non basterà alla società aspettare la redenzione di un organico evidentemente in difetto in personalità. Che non si acquista: neppure lavorando a fondo, giorno dopo giorno.
giovedì 13 settembre 2012
Il Barletta si sta cercando
Pessimo avvio. Il Barletta, in centottanta minuti, perde due gare: la seconda, quella di domenica scorsa, maturata di fronte all'attuale capolista Perugia, comincia ad allarmare la gente che tifa e spinge la società a chiedere ufficialmente (sul proprio sito web, ad esempio) un periodo di fiducia che cavalchi le operazioni di rodaggio di un organico totalmente (o quasi) ristrutturato in estate. Entrambi i match sin qui disputati (il primo, a Catanzaro, non ha neppure lesinato emozioni: quattro a tre per i calabresi) lasciano tuttavia pensare ad una squadra alla ricerca di una collocazione propria, di un'identità: ancora permeabile alle insidie del torneo, peraltro approcciato con l'umiltà che compete a quelle realtà destinate a lottare quotidianamente con lo stress del budget da rispettare e con una classifica da scalare. Cambiata l'impostazione del progetto, del resto, finisce ovviamente per differire anche l'obiettivo. Che, oggi come oggi, è la salvezza nuda e cruda: da aggredire con l'inesperta incoscienza di un gruppo di ragazzi che Novelli sta provando a plasmare. Con non poche difficoltà, evidentemente: tanto da dichiare apertamente che, prima di un paio di mesi, il Barletta non potrà essere la squadra che si attende di modellare. Sperando che il gap eventualmente accumulato sin lì non debba scoprirsi materia esageratamente ostativa al raggiungimento del traguardo.
venerdì 6 luglio 2012
Barletta, il futuro è giovane
La pratica è corretta. E l'iscrizione è regolare. Il Barletta è ancora in terza serie, nonostante qualche apprensione masticata nella prima parte dell'estate. Pronto a ripartire, sull'onda della delusione di un mese e mezzo fa, quando i playoff sfuggirono sui titoli di coda del campionato. Dunque, sull'Adriatico, il calcio è salvo. Merito del presidente Tatò: prima dimissionario e poi convinto dall'ambiente a rivedere posizioni e rotta. Certo, i programmi si impoveriscono. E i costi diventano un capitolo da monitorare spesso. Qualche big del passato torneo ha già rescisso il contratto. Qualcun altro, magari, cambierà residenza tra poco. La società punterà su un organico sostanzialmente giovane, possibilmente affamato: e, infatti, dalla Reggina è appena arrivato Dell'Oglio, un '92. Il nuovo diesse, del resto, si chiama Peppino Pavone, che ha lasciato Foggia per operare come piace a lui: abituato com'è ad offrire a gente rampante la chance di esprimersi. Anche il tecnico, annunciato ufficialmente da poche ore, è sulla stessa modulazione di frequenza e garantisce un certo progetto. Raffaele Novelli, da sempre, prova a fare calcio con gente senza pedigrée. E, spesso, ci riesce. Pavone e Novelli, così, diventano il manifesto di un'idea. Che nasconde, è ovvio, anche i suoi rischi. O, se non altro, qualche incognita. Come sempre, è importante abituarsi al concetto: per non trovarsi spiazzati dopo.
venerdì 22 maggio 2009
Il campionato (vinto) del Foggia. E di Novelli
Novelli, ad un certo punto di questo campionato, sembrava destinato ad allontanarsi dalla sua stessa panchina. Non una, ma forse anche due volte, come giurano gli osservatori più attenti alle cose del Foggia. Il rapporto con l’ambiente faticava a sbocciare: il carattere del tecnico salernitano non è eccessivamente morbido e la gente di Capitanata, quando si tratta di pallone, pretende. Non aiutava neppure il rendimento della squadra: intraprendente in casa e remissiva fuori. E, comunque, mai affidabile sotto il profilo della continuità. Quindi, vicina al quartiere dei playoff, ma sempre al di qua della soglia della soddisfazione: tranne in pochissime circostanze. Non soccorreva neppure il target al quale il club aveva affidato l’organico: ringiovanito, ma ancora vincolato a qualche cognome più robusto (Salgado, Pecchia e Del Core su tutti). Eppure, Novelli ha resistito. Con qualche apprensione. Mordendosi la lingua, talvolta. Fingendo di non ascoltare. E sbottando spesso. Rifinendo, tuttavia, il progetto abbozzato: offrendo stabilmente, cioè, la maglia a gente armata di appetito. Come Germinale, Troianello, D’Andrea e altri ancora. Uomini con il quale il Foggia è arrivato sino in fondo. Ovvero agli spareggi per la B, cammino sabbioso sul quale incrocerà i tacchetti con il Benevento, la formazione più attrezzata in assoluto. Novelli, dunque, ha saputo guadagnarsi un po’ di rispetto, se non di stima. E, con lui, la società. Che, magari, ad un determinato momento della stagione, avrebbe potuto rammaricarsi di se stessa e delle sue idee programmatiche. Ma che, però, non ha vacillato, riuscendo a garantirsi la ragione. La ragione che, ogni tanto, può surrogare il sentimento, se questo evapora presto. Intanto, comunque vada (serie B o no: ma vale sottolineare che i favori del pronostico non si fermano in Puglia) il Foggia ha già vinto il suo campionato. Il campionato della credibilità. Sopravvivendo ai suoi stessi dubbi, innanzi tutto. E il suo campionato l’ha vinto, ovviamente, pure Novelli. Malgrado un calcio non sempre esauriente e certi atteggiamenti pubblici abbastanza insofferenti. Novelli, cioè l’unico allenatore del Foggia ad aver conservato, negli ultimi anni, l’incarico per l’intero torneo. Nessuno ci avrebbe giurato.
sabato 14 marzo 2009
Il Foggia in piazza
A certe latitudini, evidentemente, è impossibile dribblare gli attriti. O attendere il futuro allineati e coperti. O soltanto soprassedere. C’è sempre un problema da inventarsi. O un nemico da combattere. E’, forse, una questione di tradizione. A Foggia la serenità recuperata a Gallipoli, nell’ultima manche di campionato, è sùbito infranta. Basta una semifinale di Coppa Italia, malamente gestita e regalata al Sorrento, e un richiamo severo e plateale del tecnico Novelli a Posillipo, giovane rampante colto in difetto. In panchina, a gara in corso, davanti al mondo intero. Episodio antipatico, certo. Che il presidente Capobianco ha stigmatizzato, a ragione. Se ne parli, piuttosto, nel chiuso degli spogliatoi: questo il concetto (condivisibile) del numero uno del club. Capobianco, sgridando Novelli (che non ha gradito, così come il diesse Fusco, accorso in soccorso del trainer), commette però lo stesso errore. Trascinando in piazza un chiarimento che avrebbe potuto (e dovuto) consumarsi lontano dalla gente e dall’opinione pubblica. E ottenendo due pessimi risultati: l’amplificazione di un confonto verbale (tra Novelli e Posillipo) che, probabilmente, si sarebbe annacquato da solo e la tracciatura di una crepa nel rapporto tra il vertice societario e due dipendenti
giovedì 12 febbraio 2009
I playoff e la parola ritrovata
Non è facile, questa C1. E non facile mantenere il passo altrui. Talvolta, però, ci si può affrancare ad un pareggio umile (e affaticato) e recuperare la quinta piazza, l’ultima utile in prospettiva playoff. Un punto (in casa, con il Foligno) basta per raggiungere la Cavese, soppressa al novantesimo dal Crotone nel posticipo del lunedì. Ma il Foggia un po’ svagato di questi tempi non può rallegrarsene troppo. Se non altro, perché la squadra di Novelli, in fase filtro e di non possesso, permette più di abbastanza. Comunque, più di quanto sia lecito concedere a fronte di qualche assenza (Pecchia e Salgado, ad esempio) che, indubbiamente, infastidisce. Non è, cioè, sufficente la prestazione confortante di Mancino, trequartista che possiede i piedi, ma non la continuità. Né la soddisfazione personale di Germinale, un giovanotto che sta crescendo e che, intanto, spazza l’incubo della sconfitta, trovando il varco nel mezzo di un’azione caotica. Oppure il debutto incoraggiante di Malonga, appena prelevato dal Torino. Eppure, il Foggia è nuovamente nell’area playoff. Un dettaglio che il tecnico, peraltro, non sopravvaluta («Occorre lavorare ancora, c’è da soffrire»). Guardando oltre: «Bisognerebbe scendere in campo fregandosene di tutto e di tutti». Magari, anche dell’opinione pubblica e della stampa. A cui, un mese e mezzo dopo, Novelli ha riconcesso (tatticamente?) la propria voce. E il sorriso. Del resto, se l’obiettivo si riavvicina, sarà pure ragionevole riavvicinarsi alla critica. Operazione, questa, che – magari - male non farà. Tanto, nel peggiore dei casi, il trainer utilizzerà l’antidoto più utile: fregarsene.
mercoledì 18 giugno 2008
Foggia, una pagina nuova
L'accordo ufficiale tra il Foggia e Raffaele Novelli, coach rampante che ama lavorare con giocatori motivati dalla gioventù e dalla prospettiva di crescere, è un messaggio trasparente, inequivocabile. In Capitanata, la pagina è definitivamente girata. La spesa, da qui in poi, sarà limitata. Il club opererà sul mercato, ma con oculatezza. E si sgraverà di vecchi contratti e vecchi cognomi. Il Foggia si rinnoverà, puntando su forze da sgrezzare, o quasi. Su gente che vuole arrampicarsi. Rischiando, ovviamente. E, probabilmente, rinunciando un altro anno alla scalata verso la B, che è poi il pensiero unico dell’ambiente tutto. Inseguendo, magari, quel progetto sposato dal Manfredonia, dodici mesi fa. Manfredonia che affidò la conduzione tecnica proprio a Novelli: a cui non bastarono buoni propositi e coraggio per salvare la panchina, a campionato non ancora completamente compromesso. Il Foggia, ovviamente, progetta un epilogo diverso da quello della formazione sipontina: e, per questo, confiderà in una gestione meno sfacciata di quella ipotizzata da Pavone. Cioè: i giovani vanno bene, purchè si incrocino con una dose di esperienza che li faccia lievitare. Comunque, è tutta un’altra storia. Del resto, il recente divorzio da Galderisi implicava un’inversione di strategia. Che non sottintende, però, un temuto depauperamento delle basi economiche del club, come il presidente Capobianco ha voluto opportunamente sottolineare: e questo è un dettaglio gradito. Foggia, però, non è Manfredonia. E, soprattutto, andranno tenuti in debita considerazione gli umori della piazza. Che, in una città di solida tradizione calcistica, contano. E come. Soprattutto, quando i conti si sviluppano anche al botteghino. La società, allora, dovrà lavorare con decisione, convinzione, rigore. Da sùbito, ma sino in fondo. Senza cadere nel fossato dei ripensamenti, che sono più perigliosi di una progettazione innovativa. Ovvero, senza cedere alle pressioni. Che, prima o poi, pulseranno: garantito. E tappandosi le orecchie. Il vecchio Sud è tana di passioni e fuoco sacro. E sul pallone, si sa, non si transige.
lunedì 24 dicembre 2007
Calcio e coerenza
E’ la legge dei grandi numeri: quando troppe situazioni delicate viaggiano contemporaneamente, è obbligatorio che almeno una notizia forte sgusci e conforti i pronostici. Prima della pausa, perché proprio la pausa dei campionati è un valore propedeutico a certe risoluzioni, una panchina di Puglia perde il suo proprietario. Parliamo di Novelli e, dunque, del Manfredonia, nuovamente battuto sul campo e ormai sprofondato nel proprio raggruppamento di terza serie (penultimo posto, crisi dichiarata: anzi, confermata). L’interruzione del rapporto di fiducia è una soluzione facilmente prospettata e puntualmente concretizzatasi, in quanto già scritta. Che traduce l’intenzione del club di perseguire tutte le strade possibili per evitare la retrocessione. Ma che, piaccia o non piaccia, svilisce e punisce il progetto dei giovani impalcato dalla società, ovvero dalla parte che ha pianificato l’esonero e che, a suo tempo, ha scelto il nocchiero, fortemente vincolato al progetto stesso. Parlare (e scrivere) è più facile che agire, ne siamo coscienti. E siamo coscienti che la piazza pretende risposte e, quasi sempre, vittime. E che l’ambiente è il vero barometro del calcio, il vero ispiratore di ogni rivoluzione, di ogni strategia. Il controsenso di fondo, comunque, esiste e resiste. E va sottolineato, con onestà intellettuale. Perché – a Manfredonia come altrove - non sarebbe lecito sperare di trascorrere un campionato senza assilli: a queste condizioni (il progetto giovane, appunto) è quasi sempre inevitabile. E assumere decisioni forti (ancorchè scontate) significa tradire un po’ le proprie idee. Anche a costo di apparire autolesionisti. Ma, si sa: la coerenza non può sposarsi con il calcio. Perché la coerenza, negli affari, è cattiva consigliera.
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