giovedì 3 novembre 2011

Il Taranto e il reclamo sbagliato

Ritorniamo, per un attimo appena, sul Taranto e sul match di Benevento. Anzi, sugli sviluppi di una sconfitta digerita male: sin dall'inizio, cioè davanti ai microfoni e alle telecamere, dopo il novantesimo. E anche nel corso della settimana. Dionigi, il trainer, aveva sbottato sùbito, lamentandosi dei presunti (e inesistenti) torti arbitrali sofferti. Lasciandosi andare ad una stizza nervosa, probabile appendice di altri episodi accaduti altrove, ma recentemente. Che, intanto, ha provato ad occultare una disamina serena sulle responsabilità oggettive della squadra. In realtà, però, il direttore di gara ha operato bene, in quasi tutte le situazioni controverse (il calcio di rigore concesso ai sanniti, la conseguente espulsione del portiere Bremec, l'annullamento del gol jonico per una carica vistosa sul portiere di casa). Meno bene, certo, il giudice di gara sembra aver gestito la questione legata al calo di tensione dell'impianto di illuminazione. Doverosa (ma, a pensarci bene, anche esagerata, almeno di fatto) la decisione di interrompere la partita. Incomprensibile, invece, quella di continuarla, in coda a ventidue minuti di stop: se non altro, perchè nulla era cambiato, nel frattempo. I riflettori, cioè, garantivano visibilità sufficiente: prima e anche dopo. Giusto per capirci. Anche per questo motivo, allora, non condividiamo l'esigenza di appellarsi alla giustizia sportiva con un reclamo formale: che, per il momento, ha congelato l'omologazione del risultato. Ma che, in fondo all'iter burocratico, non porterà alcun vantaggio. Come chiunque segue le cose del pallone sa. Un dettaglio, peraltro, che conosceva pure la società jonica, assai infastidita. Tanto da inoltrare ugualmente la pratica, allegando il pagamento di una tassa che, pertanto, non verrà restituita. Strana strategia aziendale: anche perchè, proprio prima dell'avvio del campionato, il club di via Martellotta rinunciò ad opporsi all'ingiusta penalizzazione ereditata dall'ultimo caso di calcioscommesse. Per non sperperare denaro, insinuarono - tra l'altro - i più maligni. Un'operazione, quella, che forse sarebbe servita di più. E che, comunque, avrebbe avuto un senso. Compiuto.