Due trasferte redditizie
(quattro punti in due gare, nello spazio di sette giorni) possono persino non
significare niente. O meglio: gli effetti sulla classifica, in qualche maniera,
resistono: ma quelli sulla psiche di gruppo e sulla qualità di calcio possono addirittura
evaporare in fretta. Se ne accorge il Martina. Se ne accorge la gente che tifa.
E dobbiamo augurarci che se ne accorga anche la società. Il successo di
Sorrento e il successivo pari di Aversa, probabilmente, avranno illuso la
squadra, attenuato la tensione, liquidato la concentrazione, colmato
l’appetito. Privando la formazione di Bocchini, sulle zolle di casa, davanti al
Chieti, dell’energia - fisica e mentale - che serve ogni domenica per ambire ad
un traguardo ancora troppo lontano, la permanenza tra i professionisti.
Tornando a casa, cioè, Martina si ritrova senza ritmo, senza voglia, senza
coraggio. Svuotato. L’avversario è oggettivamente modesto: fa appena quanto la
situazione gli chiede e intasca tutti i punti a disposizione: legittimando,
peraltro, il sigillo decisivo di un ex, Mangiacasale. Ma Leuci e soci sono
assolutamente inguardabili. Timidi, inconsistenti, inadeguati. E’ la verità:
anche se dispiace dirlo. Non è, quello che viviamo, un campionato di grande
spessore. E, proprio per questo, è necessario tentare, sempre. Ed è
obbligatorio provare a fare il match, almeno di fronte al pubblico amico. Del
resto, in una stagione anomala come questa, tanti pareggi (quando arrivano) non
possono e non potranno bastare. Ma il Martina si estranea dalla battaglia,
dalla partita. Non regge neppure il paragone con un allenamento
infrasettimanale: là c’è più agonismo, garantito. Il 5-3-2 (sì, in fase di
possesso dovremmo parlare di 3-4-3, ma è proprio il possesso di palla che
manca) preparato dal tecnico si assenta da sùbito: ma non è un inconveniente di
natura tattica. E’, piuttosto, una questione di approccio. O, peggio, di
mentalità. Anche Petrilli è svagato oltre il consentito: difficile, allora,
pretendere qualcosa da una squadra che, praticamente, arriva ad una vera conclusione
solo in prossimità del novantesimo. E mai prima. Gli ultimi dieci minuti di
leggero forcing non cancellano gli
imbarazzi degli altri ottanta. E non c’è troppo da aggiungere. Se non che,
ormai, è tempo di rimediare: con qualche rinforzo di personalità, magari anche
di esperienza. Serve gente che sappia trascinare il gruppo, ecco. Che possieda
intraprendenza, decisione, grinta. Le mezze figure non risolveranno nessun
problema. Con o senza Bocchini: che parte della tifoseria, evidentemente,
continua intimamente a non amare troppo. E che, invece, continueremo a
difendere: almeno sino a quando il roster
rimarrà quello che attualmente è. Dopo avergli chiesto, perché no, di dotare al
Martina più aggressività. E più rabbia. Ce n’è bisogno, al di là del livello
tecnico degli interpreti.