Parlando con i numeri, questo Bari sorprende,
effettivamente: undici punti (tre dei quali annullati dalla penalizzazione) in
sei prestazioni, tre successi ed una sola caduta, quarto posto virtuale (e nono
reale) in graduatoria. I giovani di Alberti e Zavettieri, dunque, procedono. E
procedono bene. Ripercorrendo i passi della formazione affidata a Torrente,
dodici mesi addietro: prima investita dalla diffidenza popolare, ma infine premiata
dalla permanenza in B, in fondo ad un campionato non sempre semplice, perché
condizionato dal grave handicap di
partenza. Traducendo: il Bari ci crede e battaglia, cresce e si fortifica. Magari,
senza celebrarsi troppo (è un consiglio) e senza adagiarsi (è un auspicio). La
certificazione di maturità, intanto, arriva nel turno infrasettimanale del
martedì, quando il sinistro liftato di Sciaudone (reattivo e concreto per tutto
il match) e il colpo di testa di Ceppitelli affondano il Palermo di Gattuso,
prontamente esautorato da patron Zamparini. Un Palermo, sia detto, più vivo di
quello che le cronache e le parole dettate in sala stampa da Budan, team
manager siciliano, descrivono: capace, cioè, di tenere palla e di gestirla (con
scarsi risultati, evidentemente). Il Bari, però, è velenoso nelle ripartenze.
E, spesso, conquista la conclusione. Potrebbe esserci pure un penalty, a
favore, nella prima porzione di gara: ma il vantaggio si concretizza poco dopo,
alla mezz’ora. La mediana rimane proprietà dei siciliani anche più avanti, ma
Romizi e soci guadagnano progressivamente intensità e autostima. La partita,
cioè, resta apertissima e vera: se l’avversario prova ancora a spingere, il
Bari replica puntuale. Sino al raddoppio, poco oltre la metà della ripresa: che
tuttavia non chiude il match, in quanto Lafferty lo riapre immediatamente. Il
due a uno, però, è difeso sino al traguardo. Così come la prima sensazione: al
di là della carta d’identità di ciascuno, questa squadra sembra già abbastanza
scafata, smaliziata e furba. Non è affatto poco.