Il pallone è come la quotidianità di noi tutti: per
riciclarsi, o solo per continuare a pulsare, oppure – assai più semplicemente -
per galleggiare, necessita di stimoli sempre nuovi, di soluzioni estreme e, magari,
di effetti speciali. Tutti ingredienti che, lo sappiamo, si amalgamano bene allo stile di
vita due punto zero. E poi il calcio è un mondo globale. Dove l’emulazione è un
marchio depositato ormai da tempo. E così, anche nei quartieri meno nobili si
vive, sempre più spesso, tra vetrine e sindrome da glamour: ma, se il palcoscenico dei grandi attrae, qualcuno dovrà
pure rincorrerlo. E’ tutto scritto, quindi. Ecco l’ultimo caso: il Manduria si
è affezionato ad un’idea meravigliosa, quella di scrollarsi l’anonimato in cui
si è arenato da anni e di arrampicarsi verso la visibilità. Partecipa al suo
secondo campionato di Eccellenza, dopo aver seriamente rischiato di essere
lasciato fuori, per questioni puramente economiche. Gianluca Fiorentino,
imprenditore arrivato da Cavallino in piena estate, ha rilevato il titolo e,
dice, anche un po’ di debiti, cancellando al
fotofinish la paura e rilanciando il progetto. Che prevedeva il
potenziamento dell’organico (i lavori sono tuttora in corso), una
salvezza
tranquilla (teoricamente più che possibile, adesso) e la costruzione
delle fondamenta
per pianificare il ritorno in D, dove il calco manduriano ha soggiornato
a lungo, in passato. Malgrado il momento economico niente affatto
favorevole e, dettaglio da non trascurare, la sopraggiunta inagibilità
parziale
dello stadio Dimitri, ormai aperto
per pochi intimi (duecentocinquanta: pochi, per una piazza tradizionalmente
calda come quella jonica). Un vero e proprio ostacolo, quest’ultimo: che prima
ha rischiato di spedire il Manduria sul campo di Maruggio e poi di provocare il
black-out (Fiorentino aveva
formalizzato il proprio disimpegno, per poi ritrattare quarantott’ore dopo).
Scavando, comunque, un solco di freddezza tra il club e l’amministrazione
comunale. Dunque, progetto salvo. Recuperate le energie, anzi, il presidente
sembra aver consolidato il programma: continuando ad operare sul mercato, a
torneo già avviato. E disegnando successive strategie. Gli effetti speciali,
appunto. Come Enoch Barwuah, un coloured
che, presentato così, dice poco. Invece, il ragazzo è fratello di sangue di
Mario Balotelli, ovvero l’artigliere più chiacchierato del momento. Almeno in Italia. Non avrà,
Enoch, gli stessi colpi, lo stesso talento della prima punta della Nazionale: ma, a modo suo, anche lui possiede
il sacro fuoco, dentro. Che lo ho fatto transitare, senza troppi successi, nell’arco
di pochissimi mesi, attraverso diverse situazioni, un po’ ovunque (l’ultima
avventura si è consumata a Malta, nel Qormi). Non è, evidentemente, un tipo facile, il ragazzo.
E la rincorsa alla notorietà, cioè all’emulazione, probabilmente non lo aiuta
neppure. Come il Manduria, anche Enoch cerca visibilità. Che, ovviamente, il
club tarantino ancora non può garantirgli: l’Eccellenza pugliese è pur sempre
l’Eccellenza pugliese. La trattativa tra il club e il giocatore, dunque, dopo diversi
giorni di confronto, si è arenata definitivamente: notizia di oggi. Nonostante il presidente abbia deciso
di mettere a disposizione dell’attaccante ingaggio (sostanzioso, immaginiamo),
villa con piscina e auto dotata di autista. Niente male davvero. Fine della
storia. Ma il progetto del Manduria non si arresta qui. E, chissà, altre
iniziative fioriranno. Meno glamour,
speriamo. Perché l’Eccellenza, da queste parti, è un campionato vero. Dove si
veleggia con giocatori di categoria, che conoscono la realtà e le insidie del
campionato, ma anche degli ambienti in cui si misurano. Un campionato sommerso,
certo. Ma che reclama solidità, concretezza: anche estro, se serve, ma non
fumo. E neppure figurine da collezionare.