Scarsa liquidità,
rinnovamento societario da verificare sul campo, smobilitazione. A Nardò il
castello delle illusioni crolla vorticosamente, nello spazio di pochi giorni.
Il club ribadisce le difficoltà economiche, la squadra intuisce che il tempo
fugge: e, chi può, saluta, sfruttando gli ultimissime ore di mercato. Calabuig,
ad esempio, si accasa a Casarano, in Eccellenza. E qualcun altro trova casa
altrove. In D (al Vico), nella Premier
League di Puglia, dove capita. Manca il materiale umano, quello con cui il
Toro aveva affrontato i primi turni del campionato: senza peraltro decurtare
corposamente la penalizzazione di partenza (quattro punti): quindi, niente
match (in casa) contro il Manfredonia. Che si presenta e intasca il successo,
senza neppure sudare la maglietta. Zero a tre a tavolino, un altro punto di
penalità: ma questi sono problemi marginali. Perché è il futuro stesso della
società ad essere in pericolo. Presentarsi con la Juniores
si potrebbe, per la verità: cioè vivacchiare per garantirsi una continuità, ma
non la permanenza in quinta serie. E per costruirsi la piattaforma utile a
rifondare: l’anno prossimo, magari. Ma la gente che tifa non gradisce la
soluzione e preme per scongiurare il disonore. Se il Nardò rinuncia alla sfida
con il Manfredonia è soprattutto a causa del desiderio popolare: che, in quella
parte del Salento, conta parecchio. La tifoseria granata sceglie la forma,
ancora prima della sostanza: e certe cose fanno sempre rumore. Difficile
immaginare, adesso, una soluzione ragionevolmente comoda. Ma, al di là di
tutto, riteniamo che il titolo sportivo vada salvaguardato, a qualsiasi costo.
Frenando, se ce ne sarà bisogno, anche la stizza incontrollabile e autolesiosista
della piazza che soffre da troppi anni e che si è ritrovata – senza colpe – al
centro delle querelle sviluppatasi
attorno a troppe posizioni: quella della vecchia dirigenza, della nuova e
dell’amministrazione comunale. No, il titolo sportivo non va disprezzato,
neppure in Eccellenza. E va difeso, sino in fondo. Sempre che su di esso,
ovviamente, non incomba il peso di una massa debitoria eccessivamente alta: nei
confronti dello Stato, ad esempio. Sarebbe un’altra storia, in questo caso. Chi
sa, perciò, parli chiaramente: è il momento di farlo.