lunedì 16 febbraio 2009

Bentornato, Gallipoli

E’ piccato, Giannini. Piccato e anche infatidito. Eppure, il suo Gallipoli ha appena spento il Perugia, sull’erba di casa. E l’ha spento con la corsa, le intuizioni, la superiorità territoriale, con le sue individualità schiaffeggiate da una sconfitta e da un pareggio susseguitisi nei quindici giorni precedenti. Quindici giorni persino difficili. Con un calcio evidentemente irrorato di maggior qualità. E con l’orgoglio pungolato da uno svantaggio antipatico e pericoloso. Il Gallipoli ha appena stracciato il Perugia di Sarri e il coach jonico detta il suo fastidio. Certe parole, in mezzo alla settimana, devono aver pesato. E certi commenti possono aver corroso. Peggio: certi paragoni hanno rischiato di avvelenare. Perché di Juve Stabia e di Bonetti, il trainer della stagione appena trascorsa, si è parlato tanto. Forse troppo: prima, durante e dopo l’ultimo capitolo di campionato. «Questo Gallipoli non è la squadra dell’anno scorso. Pretendo e pretendiamo rispetto»: frasi chiare e dure. Che sottintendono rabbia. Che traboccano di grinta. Come quella utilizzata, immediatamente prima, sul campo. Dove il Gallipoli ha voluto ricordare agli ottimisti e agli scettici il suo peso, il suo spessore, le proprie prospettive. Sottolinenado l’attendibilità delle proprie ambizioni. Rabbia e grinta: bentornato, Gallipoli.