sabato 14 febbraio 2009

La battaglia è impari. Anzi, è persa

Una settimana di calcio dal vivo può bastare. Almeno per ora. E Taranto perde di nuovo il suo stadio, nuovamente requisito dalle norme antiviolenza e dal decreto Pisanu. O - come è convinta la frangia più estrema (ma non solo quella, forse) del tifo - dalle distonie organizzative di un club che fa ancora tanta fatica a crescere. Oppure a riacquisire il passo. Inutile, a questo punto, entrare nella discussione e cercare i depositari della ragione e i padroni dei torti. Anche se sembrano emergere due verità contrapposte: in cui sgomitano l’inadeguatezza dell’apparato societario e l’eccessivo ardore interpretativo dei regolamenti. Che, peraltro, vanno rispettati. E che, però, andrebbero soddisfatti ovunque, ogni domenica. Intanto, la pazienza popolare si affievolisce. E la gente (non solo a Taranto, ma soprattutto a Taranto) si allontana sempre più dal pallone, idealmente e materialmente. Forse anche perché si è accorta che, ormai, la battaglia è impari. Anzi: chi ha voluto destabilizzare il calcio (nel Paese intero e pure sui due Mari) ha già vinto la partita. Da un po’. E chissà se riesce a gustarsi il risultato. L’uomo della strada, tutto questo, lo ha capito. Le istituzioni, probabilmente, ancora no.