sabato 28 febbraio 2009

Beretta, sorvegliato speciale

I venti di contestazione soffiano sul Lecce e su Beretta, il suo nocchiero. Persino normale, dopo il terzo rovescio di fila. E in tempi di classifica magra. In settimana, la gente che tifa ha mugugnato. E apostrofato. Non solo il tecnico, per la verità: ma anche la squadra e il diesse Angelozzi. Al quale è stato dedicato persino un manifesto murale. Persino logico, di fronte alle argomentazioni di una squadra dimessa e, per certi versi, imbarazzante. Di una squadra lunga, senza ardore, stretta nel suo calcio senza incursioni laterali, spesso in ritardo sul pallone da disputare. E con un equivoco tattico da risolvere: perché il Lecce, da un po’, prova a giostrare con un uomo tra le linee, in bilico tra mediana e reparto avanzato. Un uomo che ha i tratti somatici di Giacomazzi. Oppure di Vives: come le circostanze consigliano. Un uomo che, di fatto, non esiste. Perché Beretta non dispone di un facitore di gioco, di una pedina con quelle caratteristiche. E perché neppure Caserta, in passato, ha potuto assolvere il compito con ampia soddisfazione. Il presidente Semeraro, che solitamente non entra nei detagli tattici, è però planato sulla questione. Con garbo. Invitando il tecnico a rispolverare l’antico quattroquattrodue, che pure qualche riscontro aveva saputo fornire, agli albori del campionato. Intanto, il Lecce si rituffa sul campo: e domani viaggia verso Udine. Con l’insostenibile necessità di non fallire nuovamente: al di là del modulo adottato (l'allenatore, peraltro, sembra orientato a varare il trecinquedue). Perché non solo di moduli si vive. Beretta, in Friuli, sarà tuttavia il sorvegliato principale. Anche se il patron ha già verbalmente blindato la panchina. Ma il calcio, si sa, è traditore. E delle parole che evaporano è sempre meglio non fidarsi. Innanzi tutto se, controvento, si ramificano le contestazioni popolari. Che contano, comunque: soprattutto se la gente, dallo stadio di via del Mare, ormai fugge veloce.