lunedì 10 novembre 2014

Il Grottaglie è lì, nel mezzo

L’insospettabile Grottaglie è lì, dietro le migliori del girone, ma – soprattutto - ben al di là della soglia del terrore. E, a quasi un terzo del cammino, il dato comincia a nutrirsi di attendibilità. Quattordici punti sul campo e tredici in classifica diventano così il premio per la freschezza di un gruppo cementatosi velocemente e che, per esplicita ammissione di molti dei suoi protagonisti, si diverte: durante la settimana e la domenica. E sul quale, evidentemente, incidono il lavoro e l’onestà intellettuale di Enzo Pizzonia, tecnico di esperienza e buon senso che, tradizionalmente, riesce ad offrire il meglio di sé nelle situazioni più complicate. Dove, ad esempio, occorre sopperire con altri valori alle carenze di liquido o di organico: traendo da ciascuna pedina a disposizione il meglio. Archiviata l’amarezza di Andria (zero a uno sul campo della capolista), l’Ars et Labor incontra la Sarnese e la supera a domicilio: non è, però, un successo agevole e neppure limpido. Anzi, per dirla tutta, il match si definisce quando l’avversario subisce il secondo penalty e, contestualmente, perde un uomo (l’estremo difensore Nobile interviene fallosamente sul dinamico Facecchia, che però si sta allontanando dallo specchio della porta): cioè, con un gol in più e con la superiorità numerica, il Grottaglie può irrobustirsi e governare. L’avvio di gara, peraltro, è leggermente affaticato. I salernitani leggono meglio determinate situazioni e godono di migliore fluidità. Il vantaggio ospite è persino legittimo: e serve un primo calcio di rigore per riacquisire l’equilibrio del risultato. Poi, il corso della partita cambia decisamente. Il tre a uno finale, infine, è il sigillo a una prestazione non irreprensibile, ma complessivamente intelligente. In cui Faccini e soci capiscono ancora una volta di possedere le qualità per poter badare a se stessi e, innanzi tutto, comprendono di dover necessariamente aggrapparsi a quella quantità venuta meno nella prima mezz’ora di gioco. Senza la quale qualsiasi formazione di quarta serie e, nello specifico, una squadra come il Grottaglie, condannata dalle contingenze a inseguire la permanenza, non potrebbe sopravvivere: è bene ricordarlo.     

domenica 9 novembre 2014

Il Barletta e Sesia respirano

Non è affatto male la partenza del Barletta. Otto punti, nelle prime sei uscite di campionato, significano che l’obiettivo dichiarato è, in tempi di primissime analisi, rispettato. E che qualche margine di lievitazione esiste. Manca evidentemente qualcosa, alla squadra di Sesia: quel graffio in più, quel guizzo che sa scardinare certe gare. E, altrettanto evidentemente, è largo e lungo il percorso che serve a colmare il gap con le concorrenti più titolate. Ma il club, dice chi sa, persegue esclusivamente un campionato tranquillo. Coltivando l’idea di piazzare le fondamenta per un progetto ancora più degno, da disegnare nel prossimo futuro. Ottobre e la prima metà di novembre, però, finiscono per abbassare le quotazioni del gradimento popolare: l’involuzione è evidente, le difficoltà di interpretazione delle singole gare e di penetrazione emergono più vistose. Le sconfitte si accumulano, la classifica si blocca, il cuscinetto di protezione dalla fascia meno abbiente si riduce drasticamente, la piazza s’indispettisce e il tecnico Marco Sesia si ritrova davanti ad una realtà scomoda. Tanto che la società si affanna a ribadire la propria fiducia all’allenatore, almeno in un paio di occasioni. Il derby con il Martina, al dodicesimo chilometro, rischia di diventare così una pietra miliare del cammino del Barletta: ma la squadra, questa volta, è pronta, vivace. Cerca la profondità e la trova immediatamente, costringendo l’avversario a subire per mezz’ora. Dentro la quale si avvicina spesso al vantaggio, spreca una conclusione dagli undici metri e, successivamente, passa a condurre lo score. Le intuizioni sono più chiare, il ritmo c’è. E, quando è tempo di concedersi una pausa, la formazione di Ciullo ne approfitta per pareggiare il conto. Ma dura poco: il Barletta è più compatto, più equilibrato: le dinamiche del match, nel frattempo, si sono un po’ modificate, eppure il divario d’intensità è sufficiente per spiegare l’ennesimo imbarazzo difensivo del Martina e il sigillo del nuovo vantaggio adriatico. Vince il Barletta, perché è sempre dentro la partita, o quasi. E perde il Martina, assente per gran parte dei novanta minuti. Tutto regolare, dunque. Per Sesia e i suoi, un rifornimento di ossigeno, graditissimo. E, di contro, una raccomandazione a non rilassarsi: non tutti gli avversari, cioè, dispongono di una retroguardia sciagurata come quella a disposizione di Ciullo. I progressi vanno verificati: appena possibile.     

domenica 2 novembre 2014

Martina, un punto è meglio che niente



Adesso, il Martina viaggia più tranquillo. Sette punti in tre match, gli ultimi in ordine cronologico, sono ossigeno e tanto buon umore. Conquistati contestualmente, va detto, all’improrogabile rinnovamento tattico della formazione di Ciullo, transitata felicemente da un 4-2-4 carico di insidie e di dubbi ad un meglio spendibile e più rassicurante 4-3-3. Poi, il successo più recente, quello di Torre Annunziata, distribuisce quel quoziente di autostima che, nel corso della stagione, viene sempre utile. E che, ovviamente, certifica la fine di quel periodo di emergenza e di pessimismo che Amodio e soci sembravano ormai condannati a dover frequentare senza una reale prospettiva di rimedio. Anche per questo, dunque, la gara con il Melfi appare un’occasione concreta per agganciare i vagoni della metà classifica. Ma il Martina, tornato a calcare l’erba del Tursi, decolla con fatica, sintonizzandosi a primo tempo inoltrato. L’avvio è pigro, moscio. L’assenza dello squalificato Arcidiacono si avverte abbastanza. La manovra non sgorga e la quantità difetta. Però, la squadra s’industria e, alla distanza, si organizza: finendo per crescere e per impossessarsi delle operazioni. La concentrazione sotto porta, magari, resta un problema: passare in vantaggio si potrebbe, più di una volta. E, invece, riemergono certi spettri del passato recente: Patti, puntato da Caturano, va in difficoltà e lo atterra. Penalty e, soprattutto, espulsione: poco prima dell’intervallo, questa è una notizia scomoda. Bleve, certo, rimedia e, nell’arco di sette giorni, neutralizza il secondo calcio di rigore. Ma l’inferiorità numerica resta. Così come, del resto, resiste lo spirito della gente di Ciullo: che, oltre tutto, a fronte dell’ingresso obbligato di un altro difensore (Caso), decide di non rinunciare a nessuna delle sue pedine avanzate. Il Martina, cioè, mantiene per un po’ la supremazia nel mezzo, perseguendo il vantaggio con sufficiente dedizione: eppure gli equilibri, sul campo, non sono più gli stessi e, soprattutto, l’intensità del gioco si abbassa velocemente. Serve, dunque, un centrocampo più folto e presente, che assista lo scacchiere soprattutto in fase di non possesso: e, dunque, Di Risio va a rilevare l’esterno di punta Carretta. Quanto basta per avvicinarsi ad un’antica verità: se la partita non può essere vinta, è assolutamente conveniente non perderla. E anche questo è un progresso.