domenica 30 novembre 2008

La prima del Grottaglie

Il nuovo Grottaglie di Dino Orlando ha più cuore, più grinta, maggior temperamento. Le idee, però, non abbondano ancora: e, da questo punto di vista, non esiste poi troppa discontinuità con le linee tracciate dalla recente gestione-Del Rosso. Innanzi tutto perchè, per inaugurare una versione nuova, necessita tempo. E poi perchè il nuovo coach dovrà apportare modifiche e tanto lavoro: tatticamente e anche psicologicamente parlando. La squadra, così com'è, è ancora timorosa: di se stessa, innanzi tutto. In vantaggio di un gol (decisivo, peraltro) sull'Angri, s'imparisce presto e, perciò, si abbassa, lasciando il secondo tempo tra i piedi dell'avversario, formazione di categoria attrezzata di un centrocampo tosto, ma non di forza penetrativa. E consentendo ai campani qualcosa in più del lecito, puntualmente sprecato. L'avvicendamento forzato della prima punta Piperissa (acciaccato) con un centrocampista (Carteni, al minuto undici della ripresa: da lì, in avanti, cominceranno a cooperare De Angelis e Pastano) contribuisce poi ad accrescere nel collettivo certe sensazioni: che, mentalmente, non l'aiutano. Ma la vittoria arriva ugualmente: è la prima, da settembre ad oggi, e serve tanto. Non solo al morale, ma anche alla classifica. Adesso si può ripartire: la sicurezza nei propri mezzi arriverà più tardi. I risultati si candidano ad avvicinarla.

sabato 29 novembre 2008

Il Bari e Donda

Il Bari riabbraccia il campionato e trova l'obbligo di difendere la terza piazza, una realtà che accresce le responsabilità di una squadra chiamata, con il tempo, a modellarsi, stabilizzarsi. E che, ora, si raccomanda di credere sempre più in se stessa. La gente che tifa, intanto, è in fermento. Per il mercato suplettivo (non di riparazione, ma di completamento) che si avvicina e per le opzioni programmatiche che si parano davanti al club di via Torrebella. L'argomento preferito di discussione sembra Donda, la sua utilizzazione e il suo futuro. L'argentino, che avrebbe dovuto costituire il terminale cerebrale della squadra, non ha ancora accelerato. Semplicemente, non è ancora il perno dello schieramento di Conte. Non possiede continuità, non ha trovato la collocazione definitiva nello scacchiere. Dettagli che, sembra, gli stanno prenotando la partenza anticipata. Un anno e mezzo dopo l'investimento di Matarrese e l'ottimo esordio in quel Bari che fu di Materazzi. Un anno e mezzo passato troppo in fretta, spesso inutilmente. Abbastanza, per pretendere l'ambientamento e per raccogliere la fiducia popolare. E abbastanza per operare delle scelte. Perchè il Bari, a questo punto, deve operare delle scelte. E capire dove vuole e dove può approdare. Distribuendo alla piazza un certo tipo di input. Consapevole che, adesso, non si può più sbagliare. A cominciare dagli uomini.

venerdì 28 novembre 2008

Manfredonia, pericolo depressione

Dai teleschermi, il profilo di D’Arrigo è esattamente quello di una persona delusa e disillusa, svuotata. Impotente, più che rabbiosa. Amareggiata, più che animosa. Depressa, più che aggressiva. D’Arrigo è lo specchio di questo Manfredonia che si affanna, senza trovare la soluzione. Anche quando il collettivo recupera un briciolo di dignità e di fervore. Inutile, peraltro: perché il punto carpito sul proprio terreno al Cassino non solleva e non risolve. Soprattutto se la squadra non si aiuta, sprecando un penalty. E legittimando il malcontento del pubblico, adesso in aperta contestazione. La contestazione che ferisce D’Arrigo: tecnico che non gradisce e che lo fa sapere. Senza apparire adirato. Ma, appunto, sconsolato. Brutto segno.

giovedì 27 novembre 2008

E adesso non resta che vincere

Fuori Borsci, fuori tutti. Cariche azzerate, a Grottaglie: dentro la società e dentro lo spogliatoio. Via Del Rosso e Morales, via pure il preparatore atletico. Dentro Dino Orlando, nome utile nelle emergenze. E, con lui, Antonello Altamura, vice tecnico che vuole emergere. Ma, soprattutto, ecco l'annullamento delle poltrone del club, compresa quella del presidente Ciraci. Antonio Anastasia dirigerà il traffico, mettendoci l'esperienza e la faccia. E' la scorciatoia migliore per spazzare il campo da presenze ingombranti, destabilizzatrici. Dall'opposizione interna, diciamo pure così. Da chi vorrebbe scalare, senza avere le possibilità per farlo. Dovrebbe guadagnarci l'ambiente. Perchè l'idea è quella di spargere serenità. Fuori e dentro il campo. Adesso, non resta che tornare a vincere. Perchè, spiacevoli resistenze a parte, il problema fondamentale è la classifica. La classifica che, quando scotta, sa soffiare sul vento della resistenza. Il pretesto e il fine di qualsiasi situazione. Ovunque. Anche a Grottaglie.

Il Gallipoli e gli affanni ritrovati

L’illusione può sgranarsi. Oppure, possono riaffiorare vecchi affanni. Che, magari, sono patrimonio del dna. O, più semplicemente, ci avava trasportato il facile ottimismo. Il fatto è che il Gallipoli versione esterna comincia a somigliare a quello della passata stagione. La squadra di Giannini sembra sempre più quella di Bonetti: bella a prepotente al Bianco, timida e impacciata fuori. Malgrado i segnali confortanti (molto confortanti) della primissima fase del torneo. Ginestra e soci, in trasferta, non vincono da un po’. Talvolta ottengono il punteggio minimo, con qualche rischio e qualche pausa. Ma, come a Benevento, nell’ultimo turno di campionato, inciampano rovinosamente. Guardando l’avversario, quasi senza fiatare. Diranno: può capitare. Aggiungeranno: la flessione è fisiologica. Può darsi. Anche se, tra la tifoseria, serpeggia già qualche inquietante ricordo. Che, pochi mesi addietro, accompagnò il Gallipoli, estromesso dal rush finale. E, peraltro, devitalizzato da un crollo verticale. Cioè totale e parallelo al cambio di panchina. Il dato, però, esiste e spaventa. Tanto da porre la squadra in stretta osservazione: il sette dicembre (arriva il derby di Taranto) e il ventuno dello stesso mese (a Caserta, casa del Real Marcianise, prima della sosta). Due trasferte realmente indicative sul futuro che attende. Futuro che, però, potrà e dovrà nutrirsi dello score di domenica prossima: nel frattempo, in Salento sale il Crotone, cioè la capolista. Seconda contro prima, il menu è ricco. Il Gallipoli, nonostante tutto, avverte un certo languore e anche un’atmosfera complice. Merito di un campionato livellato: e, proprio per questo, meritevole di un passo cadenzato, costante. Dove non c’è spazio per i ricordi e i vecchi affanni.

mercoledì 26 novembre 2008

Il Lecce non combatte più

Il Lecce denso e intenso non c'è più. Quello anche un po' sparagnino e vigile, risoluto e concreto di una volta è sfumato. E' distante il tempo in cui anche le formazioni più pregiate, incontrandolo, sudavano. Eppure, non sono passati troppi giorni. La conferma arriva nell'ultima domenica: la Roma scende in Salento, passeggia tranquilla e vince largo. La formazione di Beretta lascia fare, si fa aggredire e non aggredisce, poi si inabissa. La fase attiva è assolutamente insufficiente: le statistiche parlano del quarantacinque per cento di possesso palla. E le operazioni di difesa sono troppo tenere: l'avversario chiude il match in fretta. Non indispettisce tanto il risultato, quanto l'applicazione al match e la svagatezza mostrata. Il Lecce non combatte più: è questo è il dato che preoccupa. Perchè, se manca la verve e la cattiveria, non esiste una salvezza peraltro già ritenuta possibile. Il Lecce, all'improvviso, si è sgonfiato. Anche se sembra difficile crederlo. Anzi, si diffonde un timore: che possa essersi imborghesito. E, se così fosse, il fatto diventerebbe serio.

martedì 25 novembre 2008

Grottaglie, Borsci si autoesclude

Antonio Borsci è personaggio che non ama incollarsi alla poltrona. Forse perché naviga tra interessi differenti, che gli impegnano le settimane. Comunque, è difficile che possa cadere nel burrone della noia: e, quindi, è persino logico che possa anche decidere di rinunciare all’incarico. Ad uno dei suoi incarichi: quello calcistico, magari. Sicuramente, intanto, di calcio Borsci non vive e non ha mai vissuto: e, per questo, può anche appartarsi. Senza troppo pentirsene. Al di là di un’onestà intellettuale che gli riconosciamo. Borsci, da domenica sera, non è più il direttore sportivo del Grottaglie. Le dimissioni presentate sùbito dopo la sconfitta casalinga rimediata dalla squadra di Del Rosso contro la Nocerina viceleader del girone seguono la scia delle contestazioni (personali e non) più o meno recenti e di qualche complicazione annessa (il dirigente monteparanese parla compiutamente di telefonate anonime che avrebbero minato gli interessi del club e, evidentemente, anche la tranquillità dei singoli). Ma, soprattutto, si concretizzano là dove sfociano i timori per una classifica fallimentare (sette punti, penultimo posto in classifica: pochissimo, per una formazione che puntava ad un piazzamento di prestigio). Dimissioni che, onestamente, ci attendevamo: conoscendo la personalità di Borsci. Ma anche l’evolversi dell’ultimo match. Il diesse, del resto, era e resta il costruttore principale di un Grottaglie spiazzato dalle partenze estive di Chiesa, Marchi e pure di Lacarra: in teoria, rimpiazzati autorevolmente da nomi dotati di pédigrée ed esperienza, alcuni dei quali ancora lontani da una condizione psicofisica rassicurante. E sì, perché, nel tempo, proprio l’ultima campagna acquisti è diventata il vero punto nodale delle argomentazioni sorte attorno all’Ars et Labor. Campagna acquisti che, ci sembra, da sola spiega abbastanza, ma non tutto. Perché, ad esempio, Piperissa, uno dei rinforzi, si è sbloccato tardi, ma alla fine si è sbloccato. Offrendo quello che tutti si aspettavano da questo attaccante rientrato a Grottaglie dopo un anno vissuto a Barletta: i gol (quattro, al momento). E perché, dopo tutto, l’ossatura della squadra (come la sua guida tecnica) è esattamente la stessa del passato campionato, chiuso con numeri invidiabili. Difficile pensare, cioè, che il solo ingresso nello scacchiere di Latartara possa aver indebolito così vistosamente un collettivo già felicemente rodato. Mentre Triuzzi, di fatto, ha potuto incidere davvero relativamente, a fronte della sua parca utilizzazione. Semmai, e questo è vero, il mercato del club grottagliese ha omesso di reperire una valida alternativa a pezzi di spessore acclarato come Piroscia e Pirone, infortunati cronici. E non da questo campionato. Riparando, poi, in ritardo il problema del portiere: che, va detto, Del Rosso preferiva under (ma né Vitale, né Sardella hanno convinto). Detto questo, il disagio non svanisce qui: e le dimissioni di Borsci risolvono poco. Potrà giovare, piuttosto, un intervento suplettivo e robusto sul mercato, appena sarà tempo. Al quale, ovviamente, il diesse non parteciperà. La sua estrema decisione, tuttavia, gli rende onore: perché è sempre più arduo, di questi tempi, incrociare chi accetta di farsi da parte, rinunciando all’ingaggio e alla visibilità.

lunedì 24 novembre 2008

La sostanza di Galetti

Gente come Galetti sa scvrivere la storia di una partita. E, magari, anche quella dei campionati. A Fasano, nel derby, i palloni gestiti dall’attaccante finiscono puntualmente dove servono. Cioè, in porta. E, nel peggiore dei casi, procurano brividi all’avversario. I due gol firmati dall’argentino spingono e premiano il Brindisi in una gara dove non basta, per l’intera prima parte della gara, possedere larghe fette di campo. Per imporsi, piuttosto, occorre il fiuto della punta di peso. Che la squadra fatica persino a trovare e servire, malgrado l’enorme mole di lavoro collettiva e l’intraprendenza tipica della formazione che conosce i tempi e prova sempre a imporsi. E sì, perchè c’è più Brindisi, almeno sino a quando il risultato si sblocca. Mentre il Fasano emerge solo più tardi, quando è ormai tempo di inseguire. Quando, forse, è già tardi. Perché è appena passato il piede di Galetti: uno che, talvolta, si apparta e che, però, si vede e si sente appena è necessario. Soprattutto nel momento in cui la tecnica superiore è insufficiente a forzare il presidio avverso. Del resto, è sempre così: anche i migliori (o i più belli) devono aggrapparsi, prima o poi, alla forza e alla sostanza. E, allora, avanti così. Verso nuovi orizzonti.

domenica 23 novembre 2008

Concordare. Anzi, condividere

Punto e a capo. I tre punti strappati al Lanciano fanno bene. Anzi, benissimo. Ma, oggi, c'è un derby (col Foggia) da onorare e, soprattutto, interpretare. In cui, almeno, il Taranto potrà beneficiare di un umore diverso. E appoggiarsi su quel ritrovato spirito comune che squadra e società si sono affrettate a pubblicizzare, dopo il terremoto (anche mediatico) di non troppo tempo addietro. Disquisizioni tattiche (con Shala il collettivo sembra più affidabile) a parte. Chiaro, però, che ancora qualcosa continui a non quadrare. Ad esempio: la vicenda legata al nome di Pastore (il capitano è stato dirottato in panchina, domenica scorsa, e altrettanto accadrà questo pomeriggio) sèguita a scottare un po'. E non per la decisione in sé (anche condivisibile, sicuramente legittima), ma per le modalità che l'hanno accompagnata e l'accompagnano ancora. Dellisanti, il coach, aveva parlato di decisione concordata con il giocatore, che non ha confermato. E, successivamente (giovedì) di soluzione condivisa (la differenza è sostanziale). Il momento è delicato ed è giusto ripararsi, anche con le parole: lo capiamo. Soprattutto se l'allenatore è stretto (e costretto) in mezzo a due blocchi di riferimento: la società e la squadra. Ma la verità non può ritrovarsi sempre e comunque soffocata: e, talvolta, spinge per emergere. Meglio, allora, non bluffare. Soprattutto nel calcio. Dove tutto si sa. O si viene a sapere.

sabato 22 novembre 2008

La crisi totale del Manfredonia

Non risponde più, il Manfredonia. Alle sollecitazioni, ai richiami aspri della classifica, alla contemporaneità dell’esigenza. Non risponde e crolla. Partita dopo partita, emergono i limiti e, con essi, un antipatico alone di abulia. La squadra di D’Arrigo subisce e non reagisce: attende passivamente che l’avversario si dichiari e, altrettanto passivamente, lascia scorrere il match. Lasciandosi scivolare addosso tutto. Non si aiuta, non si agita, non si ribella. Resta lì, in attesa di chissà cosa. Non possiede la forza di opporsi: e il male sembra, innanzi tutto, di natura psicologica. Diretta conseguenza della sempre più consolidata consapevolezza di non saper graffiare, di non saper aggredire. A Barcellona, domenioca scorsa, va peggio di altre volte. La caduta è verticale, il tecnico s’infuria e la gente che tifa si sente prigioniera di una pellicola già avissuta. Anzi, se possibile, ancora più tetra. Il sospetto è che il Manfredonia possa essere stato risucchiato, neppure a metà del cammino, nel vortice della demotivazione o, peggio ancora, della depressione. E che serva, prima di tutto, un’iniezione di fiducia. Cioè qualche puntello. Il club, probabilmente, sotto questo profilo, sta lavorando. C’è un problema, però: i tempi per potersi muovere sono ancora lontani. Resta, al momento, solo il mercato degli svincolati. Nel frattempo, cioè domani, al Miramare scende però il Cassino, cliente assai scomodo: ma chiedere alla squadra una prova di orgoglio è assolutamente doveroso. Il Manfredonia si gioca già parecchio del suo futuro.

venerdì 21 novembre 2008

Benvenuto, Sanderra

Benvenuto, Sanderra. Il Barletta, a cui è stato appena affidato, ora necessita di serenità spendibile. Nello spogliatoio e, quindi, in campo. Ovvero di un contributo robusto. Il campionato, all’improvviso, si è complicato. E il problema di fondo non sembra essenzialmente tattico. Né tecnico. Anche se va capito perché qualcosa continua a difettare in una squadra che, proprio sotto il profilo tecnico, dispone di materia prima persino interessante. No, il disagio del Barletta, ultimamente, si arrampicava sui problemi relazionali tra la squadra (o parte di essa) e il vecchio coach, Chiricallo. Invitato martedì a lasciare l’incarico. Dopo diversi episodi (uno su tutti, il caso-Romano) e in coda ad un rapporto lungo, ma anche incrinato. Cioè logoro. L’epilogo era atteso, ormai. E di divorzio si parlava, da tempo. Procrastinato dai risultati affiorati negli ultimi tempi, ma non scongiurato. E ufficializzato da un feeling (tra il vecchio tecnico e la piazza) mai realmente fortificato. Benvenuto, Sanderra. Per il nuovo nocchiero il compito è severo. Ma non è detto, però, che sia impossibile. Purchè l’ambiente tutto accorra in soccorso. E chi scende sul campo si accodi.

giovedì 20 novembre 2008

Foggia, il problema non cambia

Va detto: è il bonario intervento del direttore di gara a salvare il Foggia. La concessione del penalty trasformato da Salgado, che sancisce il pareggio, è ingiustificata, ancorchè utile a contrastare un Benevento non inresistibile, ma complessivamente più tonico, passato in vantaggio sugli sviluppi di un’imbarazzante amnesia difensiva dauna. La cortesia, tuttavia, non è sufficiente per collezionare il settimo successo di sèguito sull’erba di casa: che era poi l’obiettivo dichiarato. Senza del quale, peraltro, si può continuare a vivere e a sperare ugualmente, detto per inciso. Questa volta, però, la versione casalinga della squadra di Novelli si esprime con diffcoltà. Sembra un po’ spenta, prevedibile, svagata, arrugginita nella zona nevralgica del campo. Ma non sarà una partita incerta a ufficializzare il disagio. E un pareggio a domicilio – il primo – oggi non costituisce il problema fondamentale del Foggia. Che, piuttosto, deve cercare la propria identità lontano dallo Zaccheria: un’identità ancora deforme. Il concetto di continuità necessita di prestazioni definite in trasferta. Forse il derby di Taranto – domenica prossima – non arriva nel momento più adatto. Ma arriva: ed il primo vero bivio della stagione. Dopo del quale, sicuramente, se ne presenteranno altri. Intanto, però, è il primo. E sarà seriamente indicativo.

mercoledì 19 novembre 2008

Il sottobosco di Puglia

Un’ammonizione in meno, una squalifica evitata. Un cartellino cassato, un vantaggio acquisito. Non c’è il vorticoso fiume di denaro e neppure la pressione delle lobby dei procuratori. Ma la frode sì. Scandalo nel settore giovanile, in Puglia. Dove i referti arbitrali di un paio di campionati fa (solo di un paio di campionati fa?) sono stati addomesticati: dalla stessa giustizia sportiva. A beneficio di alcune società. L’indagine federale è partita da un po’ ed è anche arrivata. Sulla scia delle denunce di Franco Massari, dirigente bitontino. Che turbano un ambiente in fibrillazione, già da tempo. Clamoroso: per i più ingenui. Ma non per chi segue con attenzione anche i campionati regionali dgli under. Un mondo dove esistono promozioni e retrocessioni, campagne acquisti e cessioni e tutto il resto: come in quello dei grandi. E dove non tutto quadra come dovrebbe. Da troppi anni. Non ci meravigliamo di niente, perciò. Perché meravigliarsi è sciocco. E perché, anche alla base della piramide, si agita un mercato e, per questo, sgomitano differenti interessi, gelosie, rivalità. Soprattutto se, sotto, covano disfide intestine e guerre sotterranee. E se divampano le fiamme della corsa al potere delle poltrone. Vacanti, magari.

martedì 18 novembre 2008

Andria: grinta, corsa e cuore

Grinta, corsa, cuore. Occore un’Andria tosta e solida, contro il Cosenza capolista. E così è, per gran parte del match. Quanto basta, comunque, per limitare l’avversario e per scriversi un copione affidabile. Prima che i calabresi, nella seconda parte della gara, avanzino il baricentro: guadagnando campo, ma niente di più. Il posticipo svela una squadra di quantità, intensa, che battaglia e approfitta di quanto le accade davanti, prima di genuflettersi di fronte all’attendibilità del pareggio. Risultato a parte, però, il momento dell’undici di Di Leo è confortante, per lo spirito mostrato e per la voglia di esserci. Momento che prosegue e che puntella il centroclassifica: cioè, meno di quanto ipotizzato dai pronostici migliori. Ma pronto a pianificare il futuro che verrà, ovvero a circostrivere la tranquillità definitiva. Operazione possibile, a queste condizioni.

lunedì 17 novembre 2008

Un applauso. E un mezzo sorriso

Dicevamo del derby. Da cui il Grottaglie esce scortato con un applauso. Per aver affrontato impegno e avversario con una formazione obiettivamente raffazzonata e per aver retto con dignità l’avvio prepotente del Francavilla. Anzi, per aver saputo poi rintuzzare puntualmente, per essersi aggrappato ad un pizzico d’orgoglio e per la disciplina spesa nell’espletamento della funzione. Il Grottaglie giovane e operaio non affonda, ma galleggia. E questo è argomento di speranza. Che non consolida la classifica, ma che serve a coltivare fiducia. Chiaro, le occasioni offerte, ad un certo punto del match, dal Francavilla e regolarmente dissipate abbassano il quoziente di soddisfazione, ma la battaglia va vissuta con il migliore degli umori. Perché, ormai è scritto, il campionato del Grottaglie è questo e con questa tipologia di stagione occorre imparare a convivere. In attesa del recupero - fisico e tattico - di gente che, nell’economia del collettivo, continua a possedere un proprio peso specifico (Latartara). In attesa della quadratura definitiva del capitolo-portiere (sinceramente, il nuovo acquisto Di Leo ci è sembrato un po’ goffo in troppe occasioni e il problema, perciò, è tutt’altro che risolto). E in attesa della piena disponibilità (o affidabilità) di qualche altro tassello. Come Triuzzi, escluso ancora una volta dall’undici di base e neppure sistemato in panchina: segnale, del resto, molto più che eloquente. E che consiglia una risoluzione veloce del caso, se c’è un caso.

domenica 16 novembre 2008

Francavilla, un punto e qualche segnale

Motivazioni da derby e una certa aria da bassa pressione. Il Francavilla forza sùbito il dispositivo difensivo del Grottaglie e fa la gara. Sembra più solido, ma è solo illusione. Il Grottaglie pareggia e, alla fine, ognuno ottiene quello che è lecito: un punto. La squadra di Francioso naviga in mezzo ad un difetto di personalità che ne limita le intenzioni e gestisce male un po’ di situazioni, che l’avversario dimentica peraltro di capitalizzare. La soluzione del doppio centravanti (Sergi più Galeandro) funziona in avvio di match, ma poi si stempera. Malagnino possiede volontà, ma non trova le zolle per dettare il guizzo. In mezzo al campo la quantità non genera qualità. E il malcontento sembra allargarsi. Qualcosa ci dice che Sergi, già pubblicamente minacciato dal patron Distante sette giorni prima, sia destinato a riparare altrove. E qualcos’altro ci lascia pensare che il tecnico rischi molto più di qualcosa: assisteva al match, dalla tribuna, Dino Orlando, uno che non è abituato a muoversi senza motivo, la domenica. Ma il punto è un altro e va focalizzato: l’ambizione (dichiarata, ma anche quella più reale, considerato il patrimonio tecnico) del Francavilla è la salvezza. Obiettivo per cui il mosaico è stato costruito e per il quale è stato stabilito, agli albori della stagione, un certo tipo di budget. Quella salvezza che, al momento, la classifica sembra ancora garantire. Malgrado qualche disavventura che va inserita nel conto. Dimenticarlo è ingiusto. E, oltre tutto, presuppone una rivisitazione: se non degli obiettivi, dell’organico. Operazione che, magari, non spaventerà Distante: uno che, l’anno scorso, da questo punto di vista, è stato premiato. E che, al limite, serviverebbe innanzi tutto a prevenire un pericolo da considerare, cioè la recessione. Pericolo che, oggettivamente, non è ancora così nitido come può sembrare.

sabato 15 novembre 2008

Quando la classifica stuzzica

Novembre sembra parteggiare per il Bari, che regola autorevolmente o quasi l’Ancona (malgrado un certo calo condensatosi nell’ultima mezz’ora e un evidentissimo rischio sofferto proprio alla soglia della fine del match), ma legittimando sostanzialmente certi progressi recenti. E confermando la sua intima convinzione: la flessione mentale di qualche tempo addietro può considerarsi squisitamente temporanea. Il gruppo pulsa ancora: come piace al suo nocchiero. Che, tempestivamente, nel momento di maggiore affanno, aveva cercato di scuoterlo. Il gruppo è ancora sufficientemente robusto. E appare più lucido. Magari, più consapevole. Anche se, sempre più spesso, avverte la necessità di lasciarsi trascinare dalla qualità dei suoi singoli. Barreto – ancora in gol, e non solo dagli undici metri: adesso c’è anche la continuità – e Kamata (mobile, imprevedibile e fastidioso: per gli altri, ovviamente) su tutti. Singoli che, peraltro, non possono permettersi di rifiatare troppo e che, a turno, sospingono: e, fin quando il turn over dell’efficienza funziona, tanto meglio così. Ora, il Bari è persino in vetta, pur se in affollata compagnia. Complicità altrui (nessuno, lassù, riesce a sprintare), equilibri ingombranti e posticipi a parte, la formazione di Conte è però perfettamente dentro la roulette delle ambizioni. Dove proverà a convivere con troppe concorrenti, ben conoscendo i propri limiti. Cioè, le controindicazioni di una squadra che dispone di un quoziente minore di esperienza e di qualche linea di qualità complessiva in meno di altre realtà più dotate. Concetto, questo, che sembra solleticare già la piazza e che contibuisce ad alimentare i desideri in prospettiva di apertura di mercato. Appuntamento durante il quale potremo soppesare con migliore precisione le intenzioni più segrete del club. Che, vale ricordarlo, ha sempre accettato l’idea di un collettivo capace di ritagliarsi un ruolo di outsider, ma che non ha mai davvero ufficializzato la corsa alla serie A. In prima battuta, almeno.

venerdì 14 novembre 2008

La daspo di Morello

Le regole cambiano. E la repressione si ramifica anche nel pallone. Le intemperanze, sugli spalti, si cominciano a pagare: non individualmente (non sempre, almeno), ma collettivamente. Paga - sempre più - la gente, in blocco: le curve restano artificiosamente vuote e, talvolta, anche gli stadi interi. Anche se, a porte davvero chiuse, non gioca mai nessuno: perchè gli invitati speciali sono legittimamente ammessi. Poi, però, c'è la daspo: un provvedimento che, di fatto, limita la libertà del singolo. Ovvero, una squalifica a tempo: durante il quale non potrà accedere in una struttura sportiva. Colpisce chiunque, indistintamente: tifosi, dirigenti e protagonisti del campo. Sì, anche i giocatori. A livello professionistico, c'è già un caso: quello di Stefano Morello, attualmente in forza alla Juve Stabia, attaccante leccese recentemente tesserato con il Gallipoli. Gallipoli che, l'anno scorso, a Potenza, fu coinvolto in una serie di spiacevoli situazioni. Ora, Morello non potrebbe accedere a nessuna manifestazione sportiva, come molti ultras. Il problema, tuttavia, esiste: perchè il ragazzo non tifa e non assiste alla partita, ma la determina. Giocando. Con lo status di professionista. E il lavoro, per legge, non si può negare a nessuno. Quindi, Morello potrà essere regolarmente utilizzato da Morgia, il trainer stabiese. In campo o in panchina. Se non dovesse essere convocato, invece, non potrà neppure assistere al match. E tornare a casa. Il caso è singolare e fa sorridere. Ma è tutto vero. A questo punto, non conosciamo le idee di Morgia. Ma l'impressione è che Morello, eventuali squalifiche o infortuni a parte, potrà contare per un po' sulla convocazione fissa. O campo o panchina, cioè. Aggirando il provvedimento. E risparmiando l'antipatica collocazione in tribuna: la peggiore, per un giocatore. Da sempre. Morello, intanto, ha proposto ricorso al Consiglio di Stato: ma, da un certo punto di vista, il Daspo non è poi così male.

giovedì 13 novembre 2008

Sorrisi dal teleschermo

Ecco uno degli epurati di novembre: Shala, svizzero di etnia albanese, in servizio per il Taranto. Scontento e ammutinato in un grigia domenica di sconfitta, appena due giornate di campionato addietro. Quello che, più di ogni altro, si era esposto. Con frasi e atteggiamenti. Contro la società, contro Blasi. Reclamando qualche mensilitä di pagamento, lamentando una gestione organizzativa delle trasferte un po' artigianale, denunciando qualche situazione scomoda o chissà che altro. Dettagli che, all´interno di un gruppo, pesano sempre. E che pesano di più quando debordano oltre i muri dello spogliatoio. Ecco Shala, uno dei rami secchi da tagliare, allontanare. Affinchè il problema possa essere evirato: anche se non alla radice. Perchè i problemi, comunque, restano dentro la scatola delle incongruenze di un club al limite perenne dell´incertezza. Ed eccolo ancora, Shala, qualche giorno dopo, dagli schermi della televisione aziendale. O di famiglia. All'improvviso sereno, sorridente, accomodante. Niente affatto epurato. Ma rabbonito da parole nuove e da uno stipendio transitato nel frattempo. Tutto a posto, dunque. Tutto ricomposto. La patria è salva, perché l´attrito non esiste. Attorno, piuttosto, piovono segnali rassicuranti: il grande gelo è stato solo un equivoco. Prendiamo anche questa novità con simpatia. E guardiamo oltre. Tutto, del resto, può aggiustarsi: basta crederci. Dal di dentro, ancora prima che dal di fuori.

mercoledì 12 novembre 2008

Monopoli, è un altro passo

Due partite giuste (l’altra settimana, in casa, e domenica scorsa, a Scafati) ed è tutta un’altra storia. In sette giorni il Monopoli conquista punti (sei, in virtù di due vittorie di sèguito), morale inestimabile e fiducia. Veleggiare in mezzo alla classifica è molto meglio della vita dura di qualche tempo fa. E fa dimenticare le insidie dettate dall’insicurezza, dal timore: una (l’interruzione del rapporto con il tecnico Geretto), anzi, sembra essersi allontanata con forza. Si è ricompattata un po’, la squadra. Ma, soprattutto, adesso, sembra spargersi sul campo con una continuità più affidabile: gioca, cioè, per buona parte della gara. E non per quaranta minuti, come in passato. Nel migliore dei casi, ovviamente. E, forse, si è anche dotata di una copertura psicologica nuova, tutta propria. Dopo aver perso quella certezza di essere compresa più o meno puntualmente dall’ambiente e dopo aver sciupato la comodità di essere risparmiata sempre e comunque da qualsiasi malumore popolare. Talvolta, essere messi in discussione – in seria discussione – aiuta. Non sappiamo se basterà. Ma, per ora, il cocktail di situazioni basta. A ritrovare il sorriso e a pianificare un futuro meno apprensivo.

martedì 11 novembre 2008

Il Lecce va

Punto dopo punto, il Lecce cammina. Con le proprie gambe. Non si piega neppure nel posticipo notturno, davanti al Milan, che sembra la formazione piu solida della penisola, attualmente. Si limita, piuttosto, a rincorrerlo e a raggiungerlo, quando non è ancora troppo tardi per farlo. Il suo calcio sostanzioso, dunque, paga di nuovo. E continua la corsa all‘apprezzamento di un collettivo che, sin qui, ha limitato - nel gioco e, talvolta, nei risultati - diverse big del torneo. Corsa all‘apprezzamento che contava pochissimi partecipanti, prima dell"avvio di torneo. E che, a lavori in corso, si è gradualmente popolata. Come è normale che avvenga. Come è giusto che accada. Il Lecce, quando non piace, assolve comunque il proprio dovere: che è quello di giocarsi il match, di ritagliarsi un proprio raggio di azione, di sostenere un progetto evidentemente affondato in fondamenta sicure. Punto dopo punto, prestazione dopo prestazione, il Lecce risponde sempre puntuale. Malgrado qualche occasione persa: che è parte integrante della sua tipologia di campionato. In cui ha già vinto la prima sfida: quella con l‘opinione pubblica. Che, agli albori della stagione, non credeva. E che, magari, adesso si pentirà un poco.

lunedì 10 novembre 2008

Bitonto, il valore delle motivazioni

Il Bitonto riemerge. Nella sfida più ostica. Nel momento di difficoltà dichiarata. Nella partita, probabilmente, più sentita. Perché, da ormai un anno, il confronto con il Brindisi sembra essere un appuntamento particolarmente atteso, se non ruvido. E prodigo di stimoli: come un derby vero, datato, di tradizione. Il Bitonto prossimo alla crisi profonda rinasce nel giorno in cui ci si può attendere di tutto: in cui il Brindisi, ad esempio, conosce la prima amarezza vera del campionato, dopo la lunga dittatura (otto vittorie e un pareggio in nove match). Eppure, è lo stesso Bitonto che aveva smarrito la strada, dimenticato come si protegge la porta, assopito i desideri. E che, all’improvviso, riacquista fiducia, energia e risolutezza. Il Bitonto che, questo è vero, contro le formazioni più titolate fatica a sbagliare la partita. Confondendosi, magari, nelle occasioni teoricamente abbordabili. Lasciando pensare che, evidentemente, sono proprio le salite più ripide a motivarlo. Anzi, a mantenere alta la concentrazione. Elemento essenziale per una squadra come quella di Ruisi, concepita e assemblata per battagliare e ringhiare. Ma che dovrà imparare edificare la salvezza anche contro avversari meno virtuosi, più terreni, meno stimolanti. Nel frattempo, però, il torneo si è addolcito. E, soprattutto, dietro non corre nessuno. Adesso, le prospettive sono rifondate. Con gli argomenti giusti.


domenica 9 novembre 2008

Il Taranto, ora, si adegui

La bufera insiste. Magari, è aggirata (non dimenticata) per opportunità: perché il campionato va e non attende il Taranto litigioso. Ma esiste e resiste. Niente, la frattura tra il vertice societario e la squadra (e, se preferite, anche tra un’anima e un’altra della squadra) non è affatto ricompattata. Ua mezza settimana di mancati incontri e mancate intese non soccorre, ma rinvia il contenzioso a data da destinarsi. E i segni di una domenica terribile (anzi, di un periodo di reciproca sopportazione) rimangono. Dunque: niente parole di reciproco incontro, nessuna cena chiarificatrice, nessun rinsaldamento dell’unione, nemmeno la focalizzazione dell’obiettivo comune: non c’è nulla. Ma solo freddezza. La spaccatura è profonda. E tutto lascia pensare che non finirà qui. Perché Blasi, numero uno del club, non vuole incontrare i giocatori e, probabilmente, i giocatori non hanno molta voglia di confrontarsi. Ma solo di percepire gli stipendi arretrati (uno, nel frattempo, è stato pagato: giusto per tamponare la situazione) e, forse, di cambiare collocazione calcistica e geografica. La ferita del dopo-gara con il Crotone è profonda: perché possiede radici ormai vecchie. Tenute nascoste per un po’. E scoperte quasi all’improvviso, tra un applauso di scherno (di Blasi, negli spogliatoi, a fine match) e qualche rancore. Ferita profonda e sanguinante: perché, probabilmente, non esiste più armonia neanche nello spagliatoio. Che qualcuno si affretta a definire già spaccato. Dove esiste una fazione che reclama i propri diritti e che non sembra propriamente ricondursi al tecnico Dellisanti, che ha sposato le ragioni della società. E che potrebbe (dovrebbe) aver preteso qualche garanzia, in prospetiva futura (in caso contrario, peggio per lui. Per lui, che nel nome del Taranto ha sacrificato un’altra stagione. Nella quale avrebbe potuto allenare altrove. Guadagnando di più: e non solo economicamente). Garanzie che, adesso, vanno riconquistate. Perché Blasi è adirato e, al momento, sembra difficile che possa avallare nuove operazioni di mercato. Se non per rimpiazzare gli epurati: perché di epurati, probabilmente, si parlerà assai presto. Allora, avanti così. Attendendo un segnale, una decisione, un sussurro. Attorno, intanto, aleggia un’aria strana. E si allarga un alone di dubbi. Dubbi che dividono sempre più la tifoseria dal presidente: il quale, ora, non dispone neanche più della sileziosa complicità della squadra: dopo aver perso già da un po’ quella della città e dell’opinione pubblica. Stampa compresa, nella sua totalità: redazione televisiva autogestita a parte, ovviamente. Ecco, la squadra. Divisa e, ovviamente, ammaccata. Ancora prima dell’incidente diplomatico, una realtà incompiuta (ovvero incompleta, cioè lacunosa, soprattutto numericamente parlando). E, in questo preciso momento, non completamente affidabile. Che pure, in condizioni normali, disporrebbe di un tecnico e di un organico autorizzati a confidare in qualcosa di meglio della semplice fuga dai playout. Malgrado tutto. Perché è giusto inseguire la verità, ma è altrettanto onesto distinguere: al di là della religione di ciascuno. Ma il presente è buio e si tutto si fa difficile. Anche per questo, la gara di oggi, a Pistoia, è un momento importante. E come tale va affrontato. Il Taranto, quindi, si adegui: al di là delle beghe di quartiere. Si adegui: sotto qualsiasi aspetto. Perché il campionato è cambiato. Ed è peggiore di quello che la gente sospettava di dover subire.

sabato 8 novembre 2008

Numeri, non opinioni

Il peggiore attacco di tutti i campionati professionistici non è un’opinione. E’ un dato certificato. Che aiuta a comprendere. E che non assolve. Anche se, più volte, la squadra riesce ad esprimersi, cioè a pensare e imbastire. Come domenica scorsa. E come in altre occasioni: grantiscono le cronache. Tre gol segnati in dieci partite, però, illustrano meglio delle parole. E il Manfredonia, con questi numeri, non può attendersi niente di più e niente di meglio. La caduta (la quinta stagionale) ad Isola del Liri trascina la formazione di D’Arrigo nei bassifondi (più due sull’ultima della classe, la Vigor Lamezia). E l’immensa gioventù dell’organico, da sola, non può giustificare il dato. Non può giustificarlo in ogni circostanza, almeno. Intanto, la consapevolezza di non sembrare poi così deboli potrebbe illudere la squadra e la società. Potrebbe deviare il discorso, sbiadire quelle che sono le priorità. Le priorità che andranno affrontate, nel mercato di riparazione. Senza che il progetto giovane corra il rischio di svalorizzarsi. Oggi, del resto, il Manfredonia è un club economicamente sano. E, per questo, può operare con maggiore tranquillità. Annientando il pericolo di rivivere il dramma dello scorso campionato. E quell’involuzione ripida e veloce di dodici mesi fa.

venerdì 7 novembre 2008

Barletta, alta tensione inopportuna

Il Barletta, questa volta, si piega sotto il peso della sua stessa apprensione, del suo nervosismo. Prima ancora che sotto il peso dell’avversario. E finisce il match di Barcellona in nove, rinunciando al concetto di giocarsi sino in fondo una partita possibile. In cui c’è un’Igea Virtus evidentemente motivata e, dunque, aggressiva. Tanto da condizionare la formazione di Chiricallo, che si arrampicherà pure su qualche decisione del giudice di gara. Il Barletta, peraltro, rimedia allo svantaggio, ma l’equilibrio del risultato si frantuma presto. Ed è proprio allora che la squadra crolla mentalmente. Rischiando persino un passivo più vistoso. Verità che lo stesso coach non si sente di mascherare. Sottolineandola, anzi, a microfoni aperti. Ed astenendosi dal giustificarla. Quello di Barletta, del resto, non è un ambiente morbido. E attorno al Barletta continuano a convivere esigenze ingombranti. Perché è anche l’ambiente che fa la squadra e ne indirizza le fortune. Intristisce, semmai, constatare che il problema affiora (o riaffiora) quando la classifica è rassicurante, in coda ad un momento di discreta amministrazione del campo e di sviluppo. Può essere, però, che la vicinanza geografica con il quartiere dei playoff abbia deviato l’obiettivo reale (la salvezza, magari senza troppo penare) e minato la ragionevolezza. Se così fosse, il pericolo è serio. In C2 le distanze sono sempre corte e la regolarità è un bene prezioso. E il nervosismo, invece, un cattivo alleato.

giovedì 6 novembre 2008

Di nuovo il Gallipoli

Di nuovo il Gallipoli. Per contestare una crisi che, giura Giannini e giurano tutti, non esisteva. Per riacquistare il passo. Per dimostrare che la volontà è viva e le possibilità del gruppo sono intatte. Per azzerare tre gare un po’ particolari, in cui le coordinate del calcio prodotto e del risultato ottenuto non si sono incrociate. Di nuovo il Gallipoli, con i suoi singoli devastanti, con la sua potenza esplosiva, che esplode tutta assieme dopo la sfida lanciata dalla Cavese, che prima si porta in vantaggio e poi affonda sotto il peso di cinque reti pesanti e inequivocabili. Di nuovo il Gallipoli, ancora nei paraggi dell’Arezzo e della prima piazza. Per affermare che la partenza felice non è un bluff, né una menzogna e neppure un’eresia. Per ribadire che è giusto continuare a credere nel suo lavoro quotidiano e nel suo progetto. Tante volte, tanti protagonisti si sgonfiano, prima o poi. E reagiscono molto male alle prime traversie. Ma il Galipoli, è evidente, non si è sgonfiato. Ha masticato amaro, sì: ma è ancora sul proprio binario. Sul binario giusto. Anche se questo non basta e non può bastare. E’ sufficiente sapere, però, che il Gallipoli è un blocco vero, uno spogliatoio unito. E non è una frase artificiale: la sensazione, piuttosto, è reale. Certe cose si intuiscono, si vedono. Al di là di quello che sarà o che potrà essere.

mercoledì 5 novembre 2008

Il Foggia pratico e solido dello 'Zaccheria'

Il Foggià è gruppo tarato per lo Zaccheria. Adesso è davvero ufficiale. E, se lontano dalla Capitanata si distrae, sul campo di casa non fallisce mai. Paga l’intero pedaggio anche l’Arezzo di Cari. E non ci sono troppe controindicazioni: la squadra gestita da Novelli gioca di più e di più crea, senza lasciarsi inghiottire dal timore reverenziale nei confronti della capolista. Mostrando progressi anche in fase di contenimento, quando – a pareggio temporaneamente raggiunto dai toscani – supera senza danni eccessivi il momento di forcing avversario. Di più: sottolineando i propri progetti di conquista con l’acuto di Del Core prima e di Mancino poi, che pure sgorgano in mezzo ad una gara affrontata in inferiorità numerica per settanta minuti. Dato, questo, che testimonia la praticità del Foggia, formazione che costruisce sin qui sei successi e diciannove punti complessivi con soli dieci realizzazioni: appena una in più del Potenza, ultimo della classe, sette in meno del Gallipoli e nove dello stesso Arezzo. Praticità che significa anche solidità: da abbinare, adesso, a qualche lampo sull’erba altrui. Il Foggia attuale può spremere da se stesso coraggio di osare. La convenienza diventerebbe evidente.

martedì 4 novembre 2008

Brindisi, risposta netta

Cinque schiaffi anche al Pomigliano. Il Brindisi insiste e recupera il gusto del successo. L’opulenza tecnica scrive ancora una volta il destino del match, che s’inquadra nella felicità d’espressione del collettivo. Forse liberato dalla schiavitù di rispettare il ritmo autoimposto nella prima parte del campionato (il pareggio di Grottaglie, da questo punto di vista, forse, conserva la sua utilità di fondo) e, perciò, mentalmente più elastico. E, sicuramente, stuzzicato dalla partenza agile dei campani, che bussano presto e passano a condurre lo score. Per dieci minuti e non di più, però: perché la gente guidata da Massimo Silva reagisce da squadra che sa districarsi anche nelle situazioni più scomode, stabilendo le ragioni e le distanze. Soddisfacendo, infine, una domanda che già circolava. Come replicherà il Brindisi, ci chiedevamo, quella volta che si troverà a rincorrere per la prima volta il risultato? La risposta è semplice, netta. Bene, benissimo. Con lucidità e forza. Messaggio ricevuto.

lunedì 3 novembre 2008

Crisi di gioco. E di nervi

Analizziamo in ordine cronologico. Prima, l’esclusione un po’ misteriosa dallo schieramento di partenza del Taranto anti Crotone di Nordi e Pagliuca, neppure convocati, incuriosisce non poco. Poi, l’armata spenta e insicura, istintiva e apprensiva di Franco Dellisanti inciampa nelle proprie debolezze, s’impantana nella sua manovra slabbrata e disorganica, si incupisce e cede il risultato intero. Affogando, paradossalmente, nel suo momento migliore, o meno oscuro, ma sconfessando le frasi di circostanza dello stratega di San Giorgio. E vanificando anche tutte le lacunose ripartenze (perché è il Crotone cha appalta la gara, che la istruisce, che la conduce: e le parole di Moriero, coach pitagorico sin troppo esigente con i suoi ed eccessivamente comprensivo con l’avversario, non modificano la sostanza delle cose). Infine, dopo il novantesimo, all’interno dello spogliatoio deflagra la delusione, sconfina il nervosismo: e già si narra di tensioni estreme sorte tra parte della squadra e il presidente Blasi. Parecchi, anzi, avrebbero chiesto la rescissione del contratto. Sinonimo di rottura più o meno insanabile. Traduzione: il Taranto è nel vortice di una crisi di gioco, di risultati e di nervi. La prima domenica di novembre, in riva a Mar Piccolo, è la peggiore del campionato: per quello che racconta il campo e per quello che accade al di fuori. Per quanto si intuisce e per quanto sottolinea la classifica, diventata particolarmente severa dopo tre sconfitte di sèguito. Argomentazioni tattiche a parte, sembra che la squadra sia un po’ sfuggita al trainer e che l’involuzione abbia travolto anche la società. Quella stessa società che, inappropriatamente, ha ipervalutato il proprio patrimonio tecnico, rifugiandosi in un avvio di campionato abile nel mascherare certi limiti. Limiti strutturali che resistono e si amplificano. Mentre, lentamente, affiora la verità.

domenica 2 novembre 2008

Francavilla, anticipo onorevole

Rischia qualcosa, a match appena nato. Ma il Francavilla, a Nocera, sa trovare una quadratura, guadagna metri e, abbastanza presto, imbriglia l’avversario, limitandolo e rintuzzando. Anzi, nell’anticipo del sabato sfiora pure il vantaggio: e, proprio per questo, l’unico e decisivo gol della Nocerina – che sorge praticamente inatteso, a metà della prima frazione di gioco – dispiace un po’. Come dispiacciono l’inutile presenza sul campo della formazione di Francioso, la vana prestazione che non risente di timori reverenziali, le massicce e inefficaci operazioni offensive dell’ultima parte dell’incontro. Manca qualcosa, piuttosto, al momento di finalizzare: difetta qualche accelerazione e un tocco di lucidità in prossimità della porta. Cose che, alla fine, incidono. Senza privare, però, il Francavilla delle attestazioni di buona condotta. Che depongono a favore, nell'immediato futuro.

sabato 1 novembre 2008

Un portiere per il Grottaglie

Il Grottaglie prova a reagire. Prima sul campo (il pareggio strappato al Brindisi è moralmente utile) e poi dietro la scrivania, tamponando i sintomi del disagio. Ovvero, ricorrendo all'elenco degli svincolati. Come il portiere Di Leo, bolognese contrattualizzato per recuperare un po' di tranquillità in fase di non possesso. Il club, da questo punto di vista, non lesina gli sforzi. Anzi, si ribella allo stato di crisi strisciante. Consegnando input nuovi alla squadra: che mai, come in questo momento, necessita di un contributo suplettivo di fiducia. Di questo, la gente che tifa può essere sicura: il vertice societario sorveglia la situazione e, appena può, agisce. Magari, si ripeterà: tentando di convogliare nella lista dei disponibili energie nuove. In tribuna, domenica scorsa, assisteva al derby Simonetti, punta che in D potrebbe far comodo, a infortunio completamente assorbito, e già apprezzato in diverse piazze di Puglia: chissà. Qualcosa, allora, si muove. Perchè il Grottaglie non riesce ad assuefarsi ad un presente difficile. E, soprattutto, inatteso. Aspettando ulteriori novità, però, la formazione di Del Rosso dovrà aiutarsi da sola. E rincorrere quello che non ha saputo offrire, sin qui. Intanto, assicura il tecnico, la quadratura dell'assetto di gioco si sta avvicinando. Ma, al di là delle parole, urge dotarsi di continuità: adesso che il problema della porta sembra risolto, è questo l'obiettivo principale.