mercoledì 22 dicembre 2010
Rastelli e il Brindisi, si è rotto qualcosa
martedì 21 dicembre 2010
Dal successo alla sconfitta, in trenta secondi
lunedì 20 dicembre 2010
Bari, un punto di orgoglio
venerdì 17 dicembre 2010
L'ultima scommessa di Carrano
giovedì 16 dicembre 2010
Casarano, nel motore un Galetti in più
mercoledì 15 dicembre 2010
L'Andria e la discontinuità che preoccupa
martedì 14 dicembre 2010
Il Brindisi, i nodi, le bugie
lunedì 13 dicembre 2010
Il Foggia e le mani di Biancolino
sabato 11 dicembre 2010
Barletta, obiettivo serenità
venerdì 10 dicembre 2010
Marrone, prima mossa: fuori Danza
giovedì 9 dicembre 2010
Torna Distante, restano i disagi
mercoledì 8 dicembre 2010
Nardò, ora test più veri
martedì 7 dicembre 2010
Un derby dal buon sapore
lunedì 6 dicembre 2010
L'Ostuni e il futuro
sabato 4 dicembre 2010
Una sola controindicazione: arriva dal Bari
venerdì 3 dicembre 2010
Il Brindisi non risponde più
giovedì 2 dicembre 2010
Trani, fischi ingenerosi. Fasano, un'epoca nuova
mercoledì 1 dicembre 2010
La sconfitta e il silenzio
A proposito: le critiche, in città, si affacciano copiose e l’AS Taranto replica con un comunicato stampa. Alcuni passi: «Operosità, basso profilo e rifiuto di ogni polemica. Su queste basi la AS Taranto ha provato a fondare la sua stagione (…). Perché a Taranto non si riesce a fare qualcosa di importante, dentro e fuori al mondo del calcio? (…) Restiamo sbalorditi nel leggere alcuni commenti che accompagnano la nostra avventura in questa stagione. E, passandoli in rassegna, comprendiamo parte dei perché a Taranto sia sempre così difficile costruire. Consolidamento e transizione. Abbiamo reso pubblici da subito i nostri obiettivi stagionali, con grande trasparenza. Nessuno ha parlato di promozione. Per questo leggere oggi di un presunto immobilismo societario o di inconfessate ambizioni di promozione ci appare scorretto e pretestuoso.(…). La AS Taranto non è una onlus, né un ente benefico. Ci spiace deludere chi pensa ciò, ma le risorse – anche umane e lavorative – necessarie ad onorare gli impegni quotidiani, settimanali, mensili e trimestrali impongono al Taranto di essere non solo passione, ma anche un’azienda (…). Ma non possiamo diventare il bersaglio dell’insoddisfazione cittadina. Nel rimpiangere un passato glorioso e distante diciotto anni, nel ricordare vecchie glorie e promozioni sfumate, questa città pare non accorgersi che noi siamo qui da solo un anno e mezzo. Che senza un quotidiano impegno di risanamento e copertura di debiti oggi il Taranto non sarebbe neanche iscritto al campionato (…).». Frasi condivisibili, sicuramente. Di buon senso. Ma non è l’impegno societario che viene disconosciuto. Né la volontà di operare per il bene comune. Semmai, lasciano perplessi gli argomenti e le modalità con cui vengono perseguiti gli obiettivi. La chiusura concettuale a molte forme di comunicazione, la coltivazione dell’attrito con una parte della tifoseria, l’ostinazione ad equiparare un club di pallone a un’azienda commerciale, l’idiosincrasia a nominare professionalità specifiche nei ruoli, certe scelte tecniche (aver ripiegato, ad esempio, su cognomi già bruciati), la sconfessione dei programmi (si era parlato di un processo di ringiovanimento dell’organico: ma, in realtà, non è accaduto) e certe contraddizioni di fondo (una per tutte: se la promozione immediata non è tra gli obiettivi, perché cadere in frequenti stati di fibrillazione nociva?) sono dati di fatto che erano e restano un fossato tra chi governa e chi tifa, oppure osserva.