giovedì 29 marzo 2012

Nardò, salvezza centrata. A metà

Lo svantaggio (temporaneo) su quel calcio franco, proprio in chiusura della prima frazione di gioco, maturato di fronte all'Oppido confonde le idee, morde e un po' spaventa. Ma il Nardò, almeno davanti ad avversari che rientrano nella categoria della propria portata, sa riorganizzarsi, dettare i tempi e recuperare. Uno, due, tre gol, di Febbraro, Raponi e Taurino: la vittoria è limpida. E la salvezza ormai matematica: quarantadue punti bastano, per rilassarsi davvero. A sei chilometri dal traguardo: con anticipo corposo. Figlio, ovviamente, dell'approvvigionamento ultimato dalla formazione che ha battagliato nel girone di andata (diversa, troppo diversa da alla banda di giovani utilizzata dopo la rivisitazione finanziaria, lo smembramento di metà stagione e l'azzeramento delle ambizioni), ma anche dell'utilitaristico cammino della seconda versione della squadra di Alessandro Longo (un bel numero di pareggi, tra qualche inevitabile caduta). Quello che al Nardò si chiedeva, dunque, è arrivato. Regalando tanto sollievo. Sollievo, peraltro, soltanto passeggero. La partita, del resto, si sposta, adesso. Dal campo alle scrivanie. Quelle della società, di Palazzo di Città e dello sponsor, Antico. Più volte, in passato, vicino ad acquisire il club, senza definire: ma ancora fortemente tentato dall'avventura. Russo, il presidente, alla fine lascerà. Ma la situazione è ancora da definire: domani, pare. La tifoseria non gronda troppo ottimismo: però, malgrado tutto, della transazione si continua a parlare con margini di speranza. Una transazione attraverso la quale, e solo attraverso la quale, passa la salvezza del calcio neretino. Cioè, la speranza è sempre solida. Tanta insistenza, tanto cuore e tanto attaccamento (della squadra verso la tifoseria, della tifoseria verso la maglia, della città verso il pallone) meritano una nuova chance.

martedì 27 marzo 2012

Andria, impresa da valutare

L'Andria risorge. E, detta così, questa è un'affermazione coraggiosa. Quasi rischiosa. Oppure, puramente beneaugurante. Perchè rischiamo di essere smentiti in fretta, ovviamente. Ma il risultato di domenica (vittoria, per uno a zero, sul Bassano), effettivamente, rilancia le quotazioni del gruppo, mettendo qualche punto e molta più fiducia tra la formazione di Cosco e l'ultima piazza. Ancora occupata proprio dai veneti. Riaprendo, contemporaneamente, la strada per la salvezza istantanea: quella che non passa per i playout e che, in definitiva, non è eccessivamente lunga, a giudicare dai numeri (le quint'ultime possiedono solo tre punti in più). C'è un approccio alla gara diverso, intanto. C'è fame e anche più testa, nell'affrontare la sfida: peraltro giustamente temuta dall'ambiente, un po' ammaccato anche dalle ultime novità societarie. E ci sono anche cuore, gambe. La prima affermazione esterna del campionato arriva giusto nella partita più delicata della stagione: in cui perdere significare precipitare. Psicologicamente, innanzi tutto. E coincide, il dato non passa inosservato, con il risveglio di Del Core, una punta sul quale nè Di Meo, nè lo stesso Cosco, hanno potuto sin qui trarre molto giovamento. Il ragazzo di Bari Vecchia prima segna e poi fa segnare Loiodice: il due a zero, alla fine, abbatte anche le preoccupazioni dettate dalla formazione di emergenza (in difesa, soprattutto) schierata dal tecnico di Santa Croce. Che, salvata la panchina sette giorni prima, si riprende un po' di considerazione. Ipotizzando, sin da ora, un rush finale convincente. Che dovrà necessariamente tener conto, tuttavia, di elementi oggettivi. Come lo stato di salute reale di un collettivo che non può dirsi guarito all'improvviso. E che potrà valutare immediatamente l'esatto spessore dell'impresa di avant'ieri. Perchè è lecito distinguere quanto, nel match di Bassano, c'è di autolesionistico nell'avversario e quanto di effettivamente salutare nell'Andria.

lunedì 26 marzo 2012

Martina, un nemico tutto nuovo

Scendono le quotazioni dell'Ischia, salgono quelle della Sarnese, si rilancia la Casertana. E il Martina spreca l'occasione per allungare il proprio vantaggio sulla seconda (resta quello che era, più due, ma cambia il viceleader). Il girone appulocampano di serie D, ogni domenica, riordina le forze sparse sul campo. Promettendo di premiare chi, alla fine, sbaglierà di meno. La formazione di Bitetto, dicevamo, non sprinta. Dimenticando di infierire, quando potrebbe, sulla Turris: che resta formazione di rango, oltre che dalle potenzialità inespresse. Finisce uno pari: ma, prima, Chiesa e soci sprecano troppe volte il due a zero. Manca, al Martina, l'istinto del killer. Difetto ingigantito da quella distrazione fatale, a metà ripresa. Il risultato è bilanciato dalla sconfitta dell'Ischia, d'accordo: ma brucia ugualmente. Anche perchè, questa volta, la capolista imbastisce di più e meglio, disegnandosi un po' di buone idee. L'indisponibilità di una punta di peso (Picci è squalificato, l'acciaccato Amodeo parte dalla panca, persino De Nicola è out) non semplifica il compito di pungere, affidato a due artiglieri di manovra come De Tommaso e Chiesa: ma, paradossalmente, la squadra è più aggressiva di quella vista nelle ultime due uscite casalinghe. L'approccio alla gara, come sempre, è soft: però la manovra, con il passare dei minuti cresce. E tutto sembra procedere come deve: anche nella sfida incrociata tra le inseguitrici. Il Martina, tuttavia, non può permettersi cali di tensione: che soffre puntualmente. L'unica esitazione, del resto, è letale. E non tranquillizza, in prospettiva. Proprio perchè, adesso, gli errori costano. E lo spazio per, eventualmente, rimediare si accorcia. Al di là di tutto, comunque, il gruppo è vivo. E, sotto l'aspetto psicologico, il pareggio di ieri incide meno di certe vittorie recenti e affaticate. Rimandando il discorso, evidentemente, alle prossime tappe. E, chissà, anche all'ultimo chilometro: quando, è bene ricordarlo, Martina e Sarnese incroceranno i tacchetti al Tursi. Svilito il senso di una rivalità diventata ultimamente accesa (con l'Ischia), ecco un nemico nuovo. Niente paura, però: cambia solo il nome. La sostanza no, temiamo. Meglio farsi l'abitudine: nella sfida infinita con il calcio campano va sempre in un certo modo. Ed è vietato risparmiarsi, dentro e fuori dal campo.

venerdì 23 marzo 2012

Brindisi, una stagione da salvare

Avviso ai naviganti: non fidiamoci troppo. Dei playoff, per esempio. Che, in serie D, rischiano di diventare un campionato di riserva senza sbocchi. Un'appendice inutile, ancorchè inarrestabile: perchè, ormai, l'abitudine si è consolidata e poi perchè la lotteria finale è già stata ampiamente pubblicizzata. Del resto, la Lega di Serie C (la Lega Pro, pardon: che brutto marchio, ancora fatichiamo a memorizzarlo) professa chiarezza: e non da ora. L'obiettivo è una terza serie unica, a tre gironi da venti squadre ciascuno. Ed è arduo, perciò, pensare alla pratica del ripescaggio. Però, è pur vero che tutto è sempre possibile, soprattutto nel pallone. Ed è anche tecnicamente probabile che la strage annunciata di troppe società di cartone possa rivelarsi più crudele di quello che oggi siamo portati a ipotizzare. Dunque, argomenteranno in tanti, meglio esserci. E partecipare alla giostra degli spareggi: per non doversene pentire, un giorno. All'eventualità ci stanno seriamente pensando anche a Brindisi. La squadra affidata a metà percorso ad Enzo Maiuri ha acquisito un po' di brillantezza: di risultati, ma anche di gioco. Smussando certi spigoli e impossessandosi di quel minimo di continuità utile ad accarezzare il progetto. L'ultimo successo, quello a porte chiuse sull'Internapoli, ha - anzi - caricato l'ambiente. E i soli due punti dalla quinta piazza (di cui è proprietario attualmente il Francavilla sul Sinni, che poi è anche il prossimo avversario degli adriatici, al Fanuzzi) consentono peraltro di puntare con fiducia sui propri mezzi. E sull'obiettivo minimo che, a lavori in corso, è diventato l'auspicabile risarcimento di un'altra stagione tormentata. E non solo sul campo. Il Brindisi, uscito molto presto dalla lotta per il primato (traguardo oggettivamente eccessivo, a fronte di una battaglia societaria intestina e brutale e di un organico prima spiazzato dagli accadimenti e poi rivoluzionato), può cioè tentare di rivalutare il suo campionato. Quando sembrava totalmente compromesso. Provando, perchè no, a giocarsi con coraggio tutte le sue fiches. E ad affrontare quel che resta del torneo con il proposito di rischiare, di fare la partita: ogni partita. Qualcosa che non sempre è accaduto. Un particolare, questo, che accentua l'amarezza. E la sensazione di aver risvegliato l'interesse popolare troppo tardi.

giovedì 22 marzo 2012

La serie D e le sacre alleanze

Storie di sacre alleanze. Mai sospettate, prima di adesso. Mai sinceramente fiorite, sui campi di Puglia. Mai tenacemente intrecciate: per una questione di cultura sportiva. O di abitudini, che affondano le radici nel campanilismo anni cinquanta. Storie di alleanze istruttive. Scoperte per caso, magari. O cementatesi senza volerle davvero inseguire. Oppure, consolidatesi solo perchè gli obiettivi di uno e dell'altro coincidono: almeno per una domenica. Ecco la storia di novanta minuti che uniscono il Martina e il Casarano. E che puniscono l'Ischia. Il Martina è (era) la squadra che insegue (l'Ischia e la prima piazza). E il Casarano è la formazione che, dal campionato, non può più pretendere niente: se non qualche soddisfazione fugace. La squadra di Bitetto passa in Lucania, in casa dell'Oppido: assolvendo il proprio compito. La seconda riceve la capolista e la supera: senza lesinare impegno, come racconta lo score di chiusura (quattro a due). Il successo, ai fini della classifica, servirà poco ai salentini. Ed è proprio questo che fa deflagrare l'irritazione dei campani, scavalcati in graduatoria dal Martina. Infine, gli scontri tra le tifoserie a match terminato aggravano il clima ruvido già planato sul Capozza. Ovviamente, nelle trasmissioni sportive campane e sui social network, da sùbito, si parla apertamente di scandalo. Di sacre alleanze territoriali, appunto. Singolari, per la verità. Perchè, storicamente, il calcio pugliese ha finito tante volte per pagare i vincoli di fratellanza delle società campane. Rimanendo inchiodato di fronte alla propria incapacità di socializzare, di solidarizzare. Quello di domenica, forse, è un caso. Un caso isolato. Anche se, sull'isola verde, possiedono una verità diversa. Molto meno romantica. Ma, da un altro punto di vista, certamente più campanilistico, preferiremmo pensare ad un precedente illuminante. Probabilmente, però, rischiamo soltanto di illuderci. E, quindi, di disilluderci in fretta. Intanto, i fattori si invertono e il prodotto cambia: almeno per una volta. La Puglia si allea e la Campania impreca: non si smette mai di imparare.

mercoledì 21 marzo 2012

Bari, serve qualche altro sforzo

Il Bari che, lontano da casa, non vince è un particolare niente affatto trascendentale. E il Bari che perde, dopo otto successi distribuiti sin qui nell'arco di sette mesi, è addirittura una notizia. Ma, ad Empoli, accade. E perde anche abbastanza male. Senza mai aggredire, cucendosi addosso una prova priva di slanci, decisamente imbalsamata. Sembrando persino svuotato. La gente di Torrente, una volta di più, interrompe il decollo verso la parte più nobile della classifica: confermando, semmai ce ne fosse bisogno, che questa è una stagione in cui è lecito solo limitare i danni. Di qualsiasi natura. Non che dalla squadra, di questi tempi, si possa pretendere quello che, ragionevolmente, non si può. Anzi. Il Bari, a fronte di tante terribili questioni, sul campo è sostanzialmente inattaccabile: nonostante qualche infortunio, peraltro ricorrente. Ma la gestione (tecnica e tattica) di certe partite continua a rappresentare l'impedimento più evidente nel processo di lievitazione del collettivo. Evidentemente inadatto ad un campionato gravido di pretese: anche in assenza di problemi societari e, diciamo così, giudiziari. Che, però, ci sono. Eppure, chiamato a spendere qualche altro sforzo, di qui in avanti. Nella speranza che l'ultima prestazione non incida sui giorni che verranno e, soprattutto, non rappresenti il primo segnale di deconcentrazione del gruppo. Perchè, se con quarantuno punti qualsiasi altra formazione della serie B può considerarsi praticamente salva, il Bari non lo è. Come non lo sarebbe neanche ad un'ipotetica quota cinquanta. Le penalizzazioni (tutte, nessuna esclusa) non autorizzano a vivere tranquilli: obbligando tecnico e giocatori a fatturare il più possibile, senza porsi limiti di alcun genere. E incombendo: come una maledizione.

martedì 20 marzo 2012

Lecce, un mese inutile

Vivo. Il Lecce è ancora vivo. Motivato, testardo. Ed è ancora dentro la lotta: le cinque lunghezze che lo sperano dal Parma, quart'ultimo, intristiscono, ma non lo limitano ancora. Certo: la quota salvezza è sempre troppo distante, il campionato si accorcia, ma la quadratura complessiva è molto più affidabile che in passato. Semmai, anche le avversarie dirette si sono rinsaldate: tutte, ormai, procedono con puntualità. E, purtroppo, chi si è attardato ansima. Ecco: l'ultimo mese della formazione di Cosmi si rivela, all'improvviso, praticamente inutile. Lo svantaggio attuale è - punto più, punto meno - quello di febbraio. E certe nubi si abbassano, inficiando sul profilo psicologico del gruppo. Ovvio: il rovescio (preventivabile) di Milano e il successivo pari (digerito a fatica, domenica scorsa) con il Palermo in Salento sembrano aver infiacchito il ritmo della rincorsa. Tanto da caricare i toni della prossima sfida, sul campo di un Novara che ha sorprendentemente riacquistato colore (è penultimo, tre gradini sotto il Lecce: e sognare non è impedito a nessuno). E da pregnare di rabbia i giudizi sull'arbitraggio, ritenuto largamente insufficiente, dell'ultimo match. Consumato, tra l'altro, senza poter contare sull'agilità e il buon momento di Cuadrado, cioè del singolo che, assieme a Muriel, sembrava aver dotato la squadra di quel quoziente suplettivo di verve e fantasia. In considerazione di questo, allora, quanto la gestione Cosmi ha portato nel girone di ritorno (più determinazione, più autorevolezza, più attenzione, più spavalderia) adesso non basta più. Ora, serve uno sforzo al di fuori dell'ordinario, un passo da primato. Qualcosa di eccezionale, ecco. Il tecnico reclama ancora quattro vittorie, ovvero dodici punti: sempre che siano sufficienti (chissà). Diciamo pure che sarà conveniente puntare ai quaranta punti globali: non è cosa da poco. Soprattutto se le apprensioni finiranno per moltiplicarsi, setimana dopo settimana. E se, domenica a Novara, non si dovesse vincere. Perchè questo, sì, è un passaggio esiziale: è bene che si sappia. I match point si stanno esaurendo.

lunedì 19 marzo 2012

Andria, gira tutto contro

Cosco non sembra la cura di questo Andria. Non per sue esclusive colpe, evidentemente. Ma i numeri parlano. E dicono, tra una cosa e l'altra, che il rendimento della squadra si è infiacchito, nell'ultimo mese. L'obiettivo, oggi, non è più la soglia salvezza. Ma evitare l'ultima piazza, ovvero la retrocessione immediata. Eppure, il primo (e già ostico) traguardo non sembrava neppure troppo distante, qualche tempo fa. E' bastato, però, cedere di fronte ad una concorrente diretta come il Latina, in casa, per rabbrividire senza limiti. Una sconfitta dopo l'altra, al di là del morale, compromette pure la classifica: il Bassano, che chiude la graduatoria, naviga solo un punto più sotto. Con la beneagurante cnvinzione di poter invertire la situazione, proprio domenica prossima (c'è lo scontro incrociato, in Veneto). Piove e tuona, dunque. E un particolare inquieta più di altri: chi più, chi meno, nei bassifondi stanno facendo risultati tutti, abbastanza spesso. Tutti, tranne l'Andria: incapace di fare la partita, di prendere iniziativa, di ricostruirsi la credibilità perduta. E' una squadra ammaccata, che ha perso fiducia: malgrado il tecnico (riconfermato nella serata di ieri) abbia provato a modificare alcuni uomini nel mezzo del campo. Tutto inutile: la recessione è seria. Il risentimento della piazza, poi, non aiuta. Certo, la rabbia esplode ovunque, prima o poi. Ma, in questo momento, è più deleteria che in altri. Perchè, nel caso specifico, obbliga il presidente Fusiello (contestatissimo dalla tifoseria) ad abdicare. Questa volta, sembra, per davvero. Adesso, piuttosto, servirebbe appoggiarsi sulle poche certezze: come, appunto, la solidità societaria. Il vuoto che si crea, in realtà, finirà per disorientare ancora di più chi scende in campo. Senza contare che, prima della fine del campionato, i processi e le esecuzioni sono tradizionalmente un male dettato dalla frustazione e non dalla logica.

mercoledì 14 marzo 2012

Un altro pari: e il Taranto devia la realtà

Il Taranto non sa più vincere: quinto pareggio di fila, questa volta a Monza. Il risultato, però deflagra nelle parole dell'allenatore e, a rimorchio, pure in quelle della società. Il veleno si concentra sulla prestazione del direttore di gara, che si chiama Pairetto, viene da Torino ed è figlio d'arte. L'espulsione di Sosa, dopo cinquantuno minuti di gioco, è effettivamente eccessiva. E tanto basta, dice Dionigi, a condizionare il resto del match. Probabile. Ma è pure vero che, sotto il profilo nervoso, in riva ai due Mari si vive male da un po'. E, forse, qualcuno sta cedendo, lentamente. Basta leggere certe dichiarazioni del dopo gara («Nei nostri confronti c’è sempre quest’atteggiamento ostile da parte degli arbitri. Inizio a pensare che ci sia qualcosa sotto. Credo che non vogliano il Taranto in B»). Oppure decodificare la nuova espulsione dello stesso tecnico, a partita in corso: è la quinta. E la terza nelle ultime tre uscite stagionali. Chiaro: tutto nasce dal disagio di una squadra che combatte contro gli avversari (la Ternana continua a vincere, la Pro Vercelli fa punti spesso) e contro la situazione finanziaria del club, che non si evolve. Tanto che molti, sullo Jonio, cominciano a temere l'imminente messa in mora della società: i tesserati, si dice, si sono stancati di attendere A parte le frasi di convenienza che si incrociano da una sponda (D'Addario sminuisce i problemi, allontanando l'eventualità) all'altra (concentrarsi sull'arbitraggio aiuta ad alleggerire le pressioni), un problema interno esiste e infastidisce l'ambiente. Che non è solo di natura psicologica, ma anche tecnica (la squadra, ormai, segna saltuariamente, a fatica). Aver, di fatto, abbandonato la lotta per la promozione immediata (e come si fa, con la Ternana sopra di sette punti e una nuova penalizzazione in agguato?) e cominciare a temere per la seconda piazza sono due particolari che, del resto, confermano il concetto. Ci sembra, inoltre, che lo storico vittimismo jonico si sia rapidamente impossessato dell'emiliano Dionigi, che da un lato assorbe agevolmente gli umori della città e, dall'altro, trasmette tensione alla squadra. Però, la sensazione è che il Taranto si stia progressivamente dissociando dalla realtà. Un po' come quella politica nazionale, abile a deviare le attenzioni su fatti e situazioni di secondaria importanza: nascondendo, invece, i propri vizi e le proprie debolezze. O, come in questo caso, le proprie difficoltà.

martedì 13 marzo 2012

Monopoli, la festa è rinviata. In tutti sensi

Ormai manca pochissimo: probabilmente, anche meno di quello che sembra. La matematica si fa attendere ancora, ma è già un bel vivere. Di fatto, già da domenica, il Monopoli è in D. Con un certo anticipo sui tempi. Ed è un ritorno doveroso. L'Eccellenza pugliese è sua, al di là di ogni ragionevole dubbio. La promozione, tuttora virtuale, non è mai stata troppo seriamente minacciata, in realtà: sin dall'inizio della stagione. E premia una delle società più solide del girone, nonchè la squadra più attrezzata del campionato. Verdetto limpido, inattacabile. Per il passo spedito della squadra di De Luca, un tecnico giovane e interessante, per la sostanza perseguita nella prima fase del torneo e la qualità del calcio prodotto più avanti. Ma pure per quell'abilità di chiudere le partite con risolutezza, tecnica e, spesso, serenità. Che, alla fine, tracciano la differenza tra Zotti e soci e le avversarie più quotate, cioè il Bisceglie e il Cerignola. L'investitura quasi ufficiale arriva, peraltro, nel giorno in cui il calendario sottopone uno scontro diretto. Anzi, i novanta minuti che tutti attendono, da mesi: al Veneziani scende il vice leader Bisceglie, che proprio a dicembre ha strappato al Monopoli l'alloro della Coppa Italia regionale. Solo che la partita dell'anno non c'è. O meglio: c'è, ma non è una partita vera. Dunque: la rivalità è accesa, da settembre. Inutile soffermarsi sul perchè. Oltre tutto, il tecnico dei nerazzurrostellati, Ragno, è uno che con il club di Tatò non si è lasciato poi tanto tranquillamente, in estate. Le stesse vicende della Coppa non hanno fatto nulla per raffreddare gli animi. All'andata, infine, gli attriti non sono mancati: dentro e fuori dal campo. E la tifoseria biancoverde non ha digerito il divieto di partecipare a quella trasferta. Nel frattempo, il Bisceglie si sta giocando la promozione di scorta con la fase finale della stessa Coppa: e domani, dopo aver vinto gara uno, si gioca l'accesso ai quarti di finale a Soverato, in Calabria. Dove vorrebbe arrivare nelle migliori condizioni atletiche. Proprio per questo, chiede di giocare a Monopoli di sabato, per guadagnare un giorno di riposo: pratica diffusa, del resto. in questi casi. E non solo in Puglia. L'avversario, però, non acconsente. Lasciando, dall'altra parte della barricata, il dubbio di una ritorsione. Scatta, allora, la controritorsione: alla grande sfida non si presenta la prima squadra, ma una pattuglia di sette juniores. Risultato: il Monopoli passa sùbito, sigillando la vittoria, uno dei sette volenterosi si infortuna (o, piuttosto, fa credere di essersi infortunato) e la partita, come prevede il regolamento in simili circostanze, si chiude dopo appena sei minuti. Segue la fiumara di polemiche, ovviamente: e non solo perchè è stato sfigurato il calcio di Puglia. Intanto, ne esce sminuito il Bisceglie, che rinuncia a giocarsi le ultime possibilità (pochissime, onestamente) in campionato, senza rispettarlo. Ma ne esce ammaccato anche e soprattutto il Monopoli, che avrebbe potuto (e dovuto, al di là della rivalità) agevolare il cammino di Coppa altrui. Per onorare la sua stessa festa e il proprio traguardo che, prima o poi, sarà raggiunto. E per non sconfessare se stesso: perchè non va dimenticato che, esattamente dodici mesi addietro, la società chiese (e ottenne) di giocare il sabato prima dei propri impegni infrasettimanali di Coppa Italia. Un'occasione persa: peccato.

lunedì 12 marzo 2012

Martina, un rigore riapre la strada

Il successo, seppur di misura, appaga le esigenze primordiali. E, sui tre punti, non si sottilizza mai troppo, in fondo. Anche perchè, ormai, non è il caso di spigolare troppo sulle modalità: ma, piuttosto, è il momento di asccontentarsi della sostanza. Però, quest'altro capitolo della stagione del Martina non rinfranca eccessivamente i più ansiosi. Primo, perchè la prestazione della gente di Bitetto si poggia su alcuni interrogativi sviscerati già la settimana precedente: molti titolari considerati inamovibili sono stanchi, sbiaditi: e, forse, è il momento di ricorrere ancora più compiutamente alla panchina. Malgrado, sin dall'inizio, il coach rinunci, per esempio, a uno come Fiorentino, oltre che agli indisponibili Picci e Dispoto. Secondo, perchè l'assetto pare un po' zoppicante: in diversi frangenti del match disputato di fronte all'onesto Francavilla di Lucania, infatti, il collettivo si dispone maldestramente o con superficialità. Terzo, perchè il penalty che poi decide l'incontro è assegnato al Martina con un pizzico di benevolenza, che tanto fa arrabbiare la tifoseria dell'Ischia. Quarto, perchè De Tommaso e compagni, nonostante la discreta mole di lavoro che sgorga da un match approcciato non proprio speditamente, falliscono tutte le opportunità di raddoppio, finendo per sudare gli ultimi due minuti, nei quali l'avversario prova il forcing. Considerando, infine, che l'avversaria dichiarata (l'Ischia, appunto) non fallisce più una gara, mentre la formazione che più di altre potrebbe in qualche maniera infastidire gli isolani, cioè la Sarnese (deve rendere visita tra due settimane alla capolista), perde a Trani, complicandosi la vita e sciupando probabilmente molte motivazioni, la situazione globale non appare propriamente limpida. Di più: Picci, il maggior realizzatore, starà fermo per altri quattro turni (squalifica pesantissima, arrivata nel corso di questa settimana), se non ci sarà uno sconto sulla sanzione. Proprio mentre Amodeo attraversa un periodo di scarsissima ispirazione, acuito da movimenti goffi e lenti. E l'altra punta di peso a disposizione, De Nicola, staziona in panca, senza possibilità di esprimersi. In una squadra che, per la seconda domenica di sèguito, ha smarrito la strada del gol su azione manovrata.

sabato 10 marzo 2012

Il Bari e l'ambiente che scotta

Altri due punti di penalità. E un incrocio di voci terribili: la società, assicurano i più informati, potrebbe essere coinvolta direttamente nell'ultima inchiesta sulle partite truccate. Diventando, di fatto, complice nella combine: tanto da rischiare un giudizio particolarmente severo. La stagione si accanisce sul Bari. E, adesso, il quadro è fosco. La società non replica, ma attende gli eventi. Sembra, persino, essersi chiusa in se stessa, provando a impermeabilizzarsi da tutto e da tutti. Del resto, parlare (e, soprattutto, parlare tanto) genera confusione, alimenta incomprensioni. Ma il silenzio, di contro, acuisce il mistero. Incattivendo chi si sta costruendo un'ipotesi: secondo la quale, cioè, il club si ritrovi, anche artatamente, di fronte ad un disegno minuziosamente studiato. Altrove. Solo perchè, magari, in situazioni come queste servono i colpevoli. Ovvero, qualcuno che paghi: per sè e, chissà, pure per altri. Peraltro, di questa giustizia sportiva gli addetti ai lavori e la gente in genere ha imparato a fidarsi molto meno di un tempo: in quanto procede con criteri talvolta singolari. Punendo, troppo spesso, il corrotto, ma non il corruttore. E applicando sanzioni differenti: talvolta abbastanza aspre, in altri casi insospettabilmente miti. Intanto, la squadra tenta di isolarsi dai sussurri e dalle accuse, preparando il prossimo giro, che poi è una nuovo impegno da sbrigare (domani, poco dopo mezzogiorno, al San Nicola arriva la Reggina) in casa. Dove, per inciso, la formazione di Torrente continua generalmente a raccogliere il minimo, a fronte di un cammino sempre scintillante, in trasferta. Una condizione, questa, che sembra diventata regola. E che finisce per sottolineare le difficoltà (psicologiche, innanzi tutto) del Bari appena deve calarsi nella realtà del proprio ambiente. Un particolare che, sino a non troppo tempo addietro, ci sembrava una forzatura, un'esagerazione, una manipolazione della vera verità. Ma che, oggi, pare un dettaglio da non sottovalutare. Caratteristiche tecniche a parte.

mercoledì 7 marzo 2012

L'anonimato del Trani e la realtà

Il cammino del Trani era e resta anonimo. Punto. Il viaggio nel campionato della formazione di Franco Dellisanti si rivela un percorso senza bagliori, senza slanci. E senza troppo qualità, fondamentalmente. Insufficiente per il pubblico e, probabilmente, anche per la società. Forse troppo fiduciosa nel materiale umano assemblato in estate e, peraltro, rafforzato a lavori in corso. Inutilmente: perchè la squadra non è mai decollata, vivacchiando al di sopra del limite della zona più scabrosa. Senza mai, va detto, aver rischiato. E già virtualmente al sicuro da qualsiasi complicazione futura. Un discorso che, peraltro, ha riparato e continua a riparare il tecnico. Che, oltre tutto, vantava e vanta una certa solidità di rapporto con il presidente Abruzzese, oltre a un bagaglio di credibilità accumulato in passato, anche e soprattutto in riva all'Adriatico. Il coach, però, proprio ultimamente si sta abituando a navigare tra le onde delle critiche, sempre più serrate. Ritrovandosi, senza volerlo, pure al centro di una polemica che ha lambito il comportamento e il rendimento globale della squadra. Criticata, sussurra qualcuno, proprio dallo stratega di san Giorgio. Colpevole, affermano qua e là, di non aver offerto alla Fortis un profilo più autorevole, sul campo. E, aggiungiamo noi, anche di aver compiuto l'ennesima scelta errata, a luglio. Dettata, va detto, pure da un equivoco di fondo: quello di aver creduto un progetto appena nato già solido e collaudato. E meritevole di qualcosa in più della semplice salvezza: che, per la cronaca, è quanto il Trani si può permettere. Anche se la piazza si è rapidamente convinta di disporre di un collettivo di alto spessore. Sbagliando.

martedì 6 marzo 2012

Barletta, non è cambiato niente

Nello Di Costanzo comincia a conoscere il Barletta, ma la gente che tifa ancora non riconosce la squadra che vorrebbe sostenere. Il successore di Cari, in apertura di mandato, ha ottenuto la fiducia che arriva del successo nel match di esordio: e che, però, finisce per scalfirsi un po' con il passare delle settimane. A fronte di altre prestazioni non propriamente elettrizzanti e di risultati non eccessivamente convincenti: come la caduta di Bolzano, la settimana scorsa, e il successivo pareggio sull'erba amica, davanti alla meno quotata (e finanziariamente disperata) Triestina. Traducendo, cambia il timone, ma non la resa. Tanto che, in città, bolle l'insoddisfazione e si aprono i primi processi: sommari, considerato che la stagione può essere ancora pesantemente influenzata da un'interminabile sequenza di scontri diretti. Dominata com'è, lo sappiamo, da quell'equilibrio indistruttibile che non consente pronostici facili. E che, anzi, non esclude mai nessuno dalla giostra delle aspirazioni. E' evidente, tuttavia, come il Barletta abbia ripetutamente sprecato tutte le occasioni transitate per solidificare il proprio diritto di appartenenza al circolo ristretto dei playoff, che poi è ormai l'unico traguardo ragionevolmente disponibile, dal momento che il Trapani - al di là della sconfitta maturata proprio domenica - è l'unica formazione che sembra disporre di una marcia in più, attualmente. Peraltro, il quattrotretre di Di Costanzo, malgrado la moderata soddisfazione pubblicizzata dal tecnico sùbito dopo il match, nei momenti decisivi sembra svagato quanto lo scacchiere ideato dal predecessore. L'accusa del pubblico è precisa: il collettivo è fragile dal punto di vista della convinzione, soffre molte pause e, ovviamente, non traduce nel miglior modo possibile la mole di lavoro prodotta, seppur in regime di discontinuità. Mazzeo (che segna spesso, pur non essendo un artigliere, nel senso più stretto del termione) non può, del resto, garantire sempre e comunque la copertura degli assilli. E insufficiente, troppo spesso, si dimostra pure la vivacità di Schetter, titolare di un campionato sostanzialmente apprezzato. Discorsi che, alla fine, vanno ad aggredire quello che sembra il leit motiv di questo torneo: sono mancati e continuano a mancare le realizzazioni dei compagni del reparto avanzato e gli inserimenti di chi arriva da dietro. Cioè, il Barletta continua a essere un agglomerato di buone individualità, ma privo di un collante tatticamente appetibile. Come dire: la notizia è vecchia. E non fa più notizia.

lunedì 5 marzo 2012

Il Martina e il campionato che sfugge

Il Martina, al novantesimo, si risistema nel cuore nel campionato. Che, a quel punto, sembra più perso che riconquistato. E torna a confidare in se stesso. La paura si scioglie dagli undici metri, quando Picci trasforma la palla decisiva, l'ultima del match: dopo aver sprecato un primo calcio di rigore, ad inizio di ripresa. Forse, la formazione di Bitetto non si accorge neppure della realtà: quella di una promozione che sta sfumando, a fronte di centottanta minuti (i novanta di Brindisi e questi di ieri, consumati di fronte ad un ordinato Internapoli) deludenti. Ma insegue il successo sino in fondo, afferrandolo quando ormai il pareggio sembra scolpito. L'inseguimento all'Ischia, cioè, continua. Ma, adesso, lo stato di salute della squadra solleva quesiti, dubbi. Perchè il momento di disagio si protrae. Al di là di quanto, davanti ai microfoni, detta il tecnico, ancora molto ottimista e profondamente convinto della bontà della prestazione. Che, in verità, è lacunosa nella prima mezz'ora e imperfetta più avanti, malgrado la superiorità numerica vantata per metà gara e l'innegabile divario tecnico che divide il Martina e gli ospiti. Imperfetta perchè gli uomini migliori esitano (De Tommaso paga una flessione fisiologica, dopo cinque mesi ad alta velocità; Picci è nervoso e assente; Amodeo è legnoso e lento; Chiesa è impalpabile; Gambuzza è meno intenso del solito; Tundo carbura in ritardo) e perchè la manovra si sviluppa a fatica, senza ritmo. Neppure il primo intervento arbitrale, dicevamo, risolve la pratica. Serve il secondo penalty, tuttavia insufficiente a cancellare la patina di stanchezza che avvolge un collettivo privato, nelle ultime uscite stagionali, anche di una certa dose di sicurezza. Assolutamente inopportuna, oggi. Proprio quando, tra l'altro, l'Ischia sembra essersi ricompattato. Tanto da lasciarci sospettare che, da qui alla fine del torneo, difficilmente perderà altri punti. Il Martina, in sostanza, non potrà più permettersi la minima esitazione. E, se il suo asse portante è usurato dal tempo e dalle asperità del percorso, diventa persino logico modificare qualcosa, prima che sia troppo tardi. L'elenco dei disponibili è lungo: e non è scritto da nessuna parte che debbano giocare sempre gli stessi.