martedì 29 marzo 2011

La notte del Grottaglie

Poco da dire. Il Grottaglie, in casa sua, è inaccettabile. Da troppo tempo. Ad un rovescio, ne segue un altro. Sistematicamente. E poco importa se, nelle ultime esibizioni, la formazione di Pizzonia ha dovuto misurarsi con il meglio del girone (Arzanese, Gaeta, Nardò, Pomigliano). Magari, talvolta, va meglio fuori: dove, se non altro, si riesce a fare risultato. Ma se l’Ars et Labor comincia a zoppicare pure lontano dal D’Amuri, si fa dura davvero. A Pisticci è andata malissimo: il quattro a zero è uno schiaffo sonoro. Soprattutto alle asprazioni: che sono quelle di una salvezza addirittura intravista, solo poche settimane fa. A parte lo score, però, è il comportamento del collettivo che lascia perplessi. Il Grottaglie sembra svuotato, assente. Incapace di reagire. Così, i playout sembrano una condanna probabile. Che trascina un bagaglio di incognite: anche perché, nei bassifondi, molti concorrenti hanno cominciato a quadrarsi, a rendere. Situazione scomoda, per il calcio di Puglia, che già si sta preparando a ratificare le retrocessioni di Ostuni e Francavilla in Eccellenza. Campionato, questo, nel quale crescono le fibrillazioni di quelle società che potrebbero essere costrette a pagare anche per i peccati altrui. Cioè proprio della formazioni di serie D. E sì: succede che il meccanismo delle retrocessioni del primo torneo regionale dipenda da quello immediatamente superiore. E, ovviamente, la situazione non va bene a chi deve necessariamente rapportarsi alla quinta serie. Oltre tutto, l’Eccellenza pugliese deve asciugare il suo contingente attuale, portandolo da diociotto a sedici squadre: e, allora, anche i playout rischiano di diventare inutili. Perché potrebbero retrocedere persino in sei. Nel vortice della polemica, quindi, finisce la federcalcio barese: che non può fornire indicazioni precise a regular season praticamente conclusa (manca un solo turno). E, adesso, a distanza di mesi, riemerge pure il peso della sindacabile scelta (già sottolineata su queste colonne) di ripescare, in estate, il Maruggio e di riportare il campionato al numero di formazioni della stagione precedente. Di questo, chiudendo la parentesi, il Grottaglie non ha colpa. Ma al suo comportamento (e a quello del Trani) sono indissolubilmente legati i destini di altri. Tutti tifosi interessati alla salvezza di Laghezza e compagni, ormai senza nerbo in mare aperto. E caratterialmente troppo teneri per affrontare una tempesta dopo l’altra: la prima impressione (che rilanciamo) è, spesso, quella giusta.

lunedì 28 marzo 2011

Barletta, il derby apre lo spiraglio

Undici punti. Da metà gennaio ad oggi. Quanto basta per assoldare speranze concrete. Nel senso che il Barletta, adesso, si fregia di un cammino più regolare, più credibile. La salvezza, del resto, si costruisce passo dopo passo, salendo un gradino alla volta, compiacendo al concetto di continuità. Inutile aggiungere, poi, che il successo ottenuto nel derby con l’Andria, domenica, può garantire alla formazione allestita da Marco Cari una dose robusta di entusiasmo e un’iniezione di convinzione asssolutamente fondamentale nel rush finale. Che si aprirà ufficialmente dopo l’imminente e ultima sosta del torneo di terza serie. I numeri, anzi, ora dicono che il Barletta è fuori, seppur di poco, dalla zona che scotta. E, particolare niente affatto trascurabile, con un match in più da disputare, rispetto alle concorrenti dirette: quello di Cava, sospeso per le cattive condizioni atmosferiche e che, pertanto, andrà recuperato. Frezza e soci, probabilmente, scrivono la pagina più convincente del campionato proprio nella sfida psicologicamente ed emotivamente più delicata. Monetizzando, perché no, le disavventure di un avversario malconcio (l’Andria colleziona la quinta sconfitta di fila e precipita) che, oltre tutto, deve chiudere la gara in pesante inferiorità numerica (nove contro undici). La discreta produttività (a parte i tre gol, un legno e qualche occasione interessante speraperata) apre, cioè, ampi spiragli di luce sul futuro prossimo di una squadra che, tuttavia, proprio in dirittura d’arrivo concede qualcosa, consentendo alla formazione guidata dall’esordiente Degli Schiavi di ridurre le distanze (finisce tre a due). Altro segnale niente male, infine, è il ritorno alla marcatura di Infantino, artigliere che spesso diventa decisivo nei momenti più importanti. Il ragazzo porta il Barletta in vantaggio e, quindi, raddoppia dal dischetto, liberandosi da qualche ombra. E sgravando di qualche responsabilità (e, evidentemente, di qualche apprensione) Innocenti, chiamato a metà stagione per trascinare il collettivo verso l’obiettivo della permanenza, ma non ancora troppo incisivo.

mercoledì 23 marzo 2011

Papagni, congelamento da sconfitta

Ci risiamo: l’Andria s’inceppa ancora. E’ accaduto troppe volte, dall’avvio di stagione. Ogni lievitazione viene puntualmente annullata da un nuovo svilimento della manovra, da un’altra involuzione della fase di possesso. La squadra insegue poco la conclusione e, quando cerca di ferire, si sfarina. L’ultima trasferta, quella di Castellamare di Stabia, è decisamente negativa: anche e soprattutto sotto il profilo del risultato (uno a tre). Che inchioda il gruppo alle proprie responsabilità, riavvicinando gli spettri dei playout. Questa volta, però, la sconfitta sconfina nell’esautoramento di Papagni, tecnico ultimamente criticato, ma ancora abbastanza considerato dalla piazza. Il presidente Fusiello, cioè, non può più soprassedere, come avvenuto diverse volte, nel recente passato. La formula dell’allontanamento del tecnico biscegliese, tuttavia, è inusuale. E, magari, anche un po’ ambigua. Che dice e non dice. Il coach, ufficialmente, non è esonerato, ma semplicemente congelato. Al di là della raffinatezza linguistica, certo, la sostanza è quella di un qualsiasi cambio di panca: sulla quale, almeno per il momento, dovrà sedersi Gianfranco Degli Schiavi, preparatore dei portieri, uomo di fiducia dell’Andria da un po’ di anni e, in altri tempi, responsabile tecnico di differenti realtà della regione (Grottaglie, Francavilla). Eppure, sembra che il congelamento nasconda un certo imbarazzo del club.Sottintendendo, probabilmente, due situazioni: il riguardo con cui la società ha voluto trattare Papagni, nel momento più doloroso, quello della decisione estrema. E la sensazione che, in fondo, l’avvicendamento del tecnico non è la soluzione migliore.

martedì 22 marzo 2011

Taranto accorto: dal derby sgorga un punto

Il derby è segnale di pericolo, per tutti. Ma il Taranto, a Barletta, aggira l’ostacolo, guadagnando il risultato minimo. Che dimostra di gradire, peraltro. Zero a zero e quinto posto conservato: il tecnico e la squadra si accontentano, traendo dal pareggio un messaggio positivo. Di continuità, innanzi tutto (l’imbattibilità sale ad otto gare di fila). Il problema è che il Foggia, vincendo, si avvicina: ma il buon umore, oggi, sembra guidare la strada di un collettivo che si è definitivamente appropriato della fiducia in se stesso. La prestazione, magari, non verrà ricordata troppo a lungo: al Puttilli, il Taranto si adegua all’avversario, stringe e conserva, senza pungere e, dunque, senza scoprirsi tanto. Le migliori occasioni del match, del resto, capita all’avversario (Simoncelli e Bellomo graffiano, Bremec risolve). I più ottimisti, intanto, sostengono che le partite, quando è impossibile vincere, vanno considerate come una tappa di transizione. Soprattutto se si arriva al derby con molte incognite (molti scendono in campo, in coda ad una settimana travagliata). E poi, in fondo, il risultato che slitta dai novanta minuti è quello più vero. Ma è pure innegabile che, ad un certo punto del campionato, è persino doveroso rischiare qualcosa. Il Taranto non l’ha fatto: operando, chissà, la scelta più giusta. L’ora della verità, comunque, sta arrivando: assieme alla capolista Nocerina, che domenica scende sull’erba dello Iacovone. Inutile aggiungere, allora, che l’esatta valutazione del punto di Barletta passa anche dal prossimo impegno, vero e proprio crocevia del torneo ritrovato dalla gente di Dionigi.

lunedì 21 marzo 2011

Il Foggia vede i playoff

Se il Taranto rallenta (pari a Barletta), il Foggia sprinta. La gente di Zeman attraversa probabilmente il miglior periodo di forma (quattro vittorie in cinque turni). E, soprattutto, offre continuità alla sua marcia. La quota playoff si avvicina sensibilmente (un punto) e l’autostima del gruppo cresce. L’Atletico Roma è sempre avversario scomodo, malgrado le difficoltà palesi incrociate negli ultimi tempi. E, infatti, l’approccio con il match di Sau e compagni non è propriamente convincente. Ancora meno rassicurante è l’intervento di Santarelli che spinge Mazzeo a centrare la porta. Ma, ancora una volta, il calcio dei giovani del boemo si arrampica alla distanza. Lo score finale (tre a uno) è il frutto di una manovra più chiara, di una corsa più limpida. Aiuta anche la sopraggiunta superiorità numerica. Il successo, così, diventa una dichiarazione di guerra al campionato. E al Taranto, ovviamente. Il Foggia, però, a questo punto deve fermarsi: domenica salterà il match di Siracusa, per l’avvenuta convocazione di quattro effettivi con le rispettive rappresentative nazionali. Trasferta da recuperare il tre aprile: forse, uno stop obbligato che sboccia nel momento meno indicato.

sabato 19 marzo 2011

Bari, Matarrese chiede aiuto

Comunque vada, sarà un insuccesso. E’ già scritto. E non basteranno altre prestazioni di livello come qualle di San Siro. Il Bari comincia a preparare il suo futuro. Che si chiama serie B. E che non potrà non tenere conto di un’altra triste realtà: in seconda serie, gli introiti sono troppo più bassi. La retrocessione sul campo è anche una retrocessione economica, oltre che mediatica. La famiglia Matarrese, allora, si guarda attorno. E disegna le prime strategie. Gli ultimi messagi sono inequivocabili: serve liquidità. E, dunque, occorrono investitori. Il presidente chiama l’imprenditoria a sostenerlo. Cioè ad affiancarlo. Almeno, comincia a sondare il terreno. A misurare la temperatura dell’ambiente. E a saggiarne gli umori. Matarrese, sia chiaro, non lascia. Esattamente come un paio di anni addietro. Offre, più semplicemente, la compartecipazione. Una convivenza: che, nel calcio, è istituzione particolarmente difficile. E non sempre gradita: soprattutto a chi sa di dover ottemperare ad alcuni obblighi (allestimento di un organico da rimodellare, ricapitalizzazioni, varie ed eventuali) senza potersi fregiare del gusto di decidere in proprio. La proprietà, ad ogni modo, sceglie di muoversi per tempo e fa bene. Da ora a giugno, intanto, potrà accadere qualcosa. Oppure nulla. Tre mesi, comunque, dovrebbero essere sufficienti per capire come sarà il domani del Bari. E quali saranno i prossimi obiettivi del club. Anche se, di questi tempi, costruirsi illusioni è davvero tanto difficile.

martedì 15 marzo 2011

Il Lecce ricade nel vortice delle apprensioni

Rieccolo, il Lecce. Di nuovo lì, dentro il vortice, al terz'ultimo gradino, uno di quelli che porta alla B. Non che abbia mai guadagnato distanze ragguardevoli dal pericolo: ma gli ultimi risultati bui (e le contemporanee buone prestazioni degli avversari diretti, Cesena e Catania su tutti) costringono la gente di De Canio a doversi preoccuparsi seriamente del presente e del futuro e a confrontarsi un'altra volta con il malumore popolare. Il sit in di protesta della frangia più calda del tifo arriva in coda al match casalingo con il Bologna, perso abbastanza male. Dove la squadra si confonde in mezzo alle apprensioni e ad un nervosismo strisciante, diretta conseguenza di un approccio alla gara difficile, di una cattiva gestione dell’incontro e, ovviamente, del vantaggio felsineo. Il trainer rassicura la piccola folla, fuori dallo stadio: il Lecce è concentrato e unito e darà tutto, sino in fondo. Il momento più felice, però, si è frettolosamente dileguato. E si sono riaperte vecchie piaghe. Come quella del rapporto tra l'allenatore e Chevanton: nervoso, tatticamente indisciplinato (parole di De Canio) e sùbito sostituito. La ricomposizione della vecchia frattura, evidentemente, non era poi così salda. Eppure, proprio adesso, ogni frizione va limata. Non solo dentro lo spogliatoio, ma pure nell’ambiente tutto. Perché non è possibile che la piazza si sollevi non appena comincia a dire male. E non è possibile che la gente si plachi solo quando i risultati arrivano. Serve equilibrio, realismo. E, a Lecce, certi atteggiamenti tornano con puntualità disarmante.

lunedì 14 marzo 2011

Bari, l'ultima beffa

Il Bari che comincia a sognare e che poi, nel corso del campionato, affonda è una beffa. Ed è una beffa che, a pagare, sia stato Ventura: unanimemente considerato tra i coach più ispirati (e premiati, ufficialmente) del momento. Così come una beffa è pure sospettare che l’avvicendamento in panchina sia arrivato troppo tardi. Così come rassegnarsi all’inutilità della campagna di rafforzamento. Ad un certo punto della stagione, infine, il Milan viaggia verso il titolo, leader del torneo abbastanza incontrastato. E il Bari chiude il raggruppamento, mestamente: animato solo dall’orgoglio, beffardamente posto in discussione dalle chiacchiere nei bar. Ed è una beffa (per la capolista, è chiaro) piegarsi alla volontà degli ultimi della classe: a San Siro, nell’anticipo di mezzogiorno e mezzo, è pareggio. Niente affatto casuale, peraltro. Perché è la gente di Mutti a passare per prima. E a guadagnarsi il parziale. Demerito di Ibrahimovic e soci, certo. Ma anche tanto merito di chi, ormai, non possiede più nulla da perdere. Ma, pensandoci bene, è una beffa nella beffa anche per il Bari: quasi retrocesso dopo aver fermato il Milan. Salvato da un rincalzo (di lusso, ma attualmente sempre una riserva) che, generalmente, fa segnare tanto, senza cercare troppo spesso la porta. Uno che si chiama Antonio Cassano, barese che ama il Bari e che, da Bari, è partito verso il pallone che conta. E che, proprio per questo, neanche esulta. L’ultima beffa.

giovedì 10 marzo 2011

Francavilla, novità senza sostanza

Gli aggiornamenti che arrivano settimanalmente da Francavilla ingannano. Sfogliando le notizie, sembra persino che, da quelle parti, si continui strenuamente a credere nell’obiettivo della permanenza in quinta serie. Il gran ballo di direttori sportivi ed allenatori prosegue: quando, invece, l’Angri (terz’ultima, ma ancora viva) precede D’Elia e soci di cinque punti. E quando, soprattutto, la squadra che è stata già di Logarzo, Carrano, Saponaro e Pirone non offre segnali sostanziosi di lievitazione, di crescita. E di speranza. Come a Casarano, nell’anticipo del sabato (zero a due). Numeri e situazioni contingenti che hanno già praticamente scritto il responso: che si chiama Eccellenza. In compagnia dell’Ostuni: niente male, per il pallone di Puglia. Eppure, il club di Distante continua ad alimentarsi di scosse telluriche che non assicurano ritorni tangibili: è stato tagliato anche il diesse Mondino e, sùbito dopo la trasferta in Salento, si è stancato pure Pirone, coach per un paio di settimane. In panca dovrebbe tornare Saponaro. Ma, a questo punto, i nomi non cambiano la situazione. Lasciando intendere che, all’interno del Francavilla, i problemi non sono più soltanto tecnici, oppure tattici. Ma, innanzi tutto, di vivibilità.

lunedì 7 marzo 2011

Bari, il decoro è salvo

Pari con la Fiorentina, sull’erba di casa. Digrignando i denti, adoperando l’orgoglio: per una volta, il risultato è addomesticato in corsa. E, sette giorni dopo (ieri), sconfitta di misura ad Udine, maturata dagli undici metri, in fondo ad una gara onesta. Due partite che alleviano il morale e solo quello. Il Bari, in centottanta minuti, recupera un po’ di dignità perduta: è il minimo che la gente potesse chiedere. Il sospetto che la squadra si fosse psicologicamente scaricata del tutto, peraltro, era forte. L’esultanza esagerata al sigillo del pareggio contro i toscani e qualche pulsazione registrata anche in Friuli sono ingredienti che servono ad apparire meno grigi e, se non altro, allentano le tensioni che saturavano l’ambiente. Anche se l’agonia, in un certo senso, si protrae. Mutti, intanto, trae qualche indicazione positiva, come la circolazione di palla. Ultimi e staccati sì, ma con decoro: almeno questo. L’onore, certo, è salvo. Per il resto, invece, è troppo tardi.

venerdì 4 marzo 2011

Taranto, vittoria quasi epocale

Quasi epocale: il Taranto vince lontano da casa. Non accadeva da mesi lunghi e anche un po’ duri. Infarciti di fastidi diffusi e, talvolta, di polemiche nascoste con arte e mestiere. Vince a Lucca, in un match niente affatto facile: soffermarsi sul ruolino di marcia toscano degli ultimi tempi per capire. Vince a Lucca graffiando in apertura (segna ancora Sy, rinforzo di gennaio evidentemente utile) e conservando senza affanni la priorità acquisita. Corredandosi, finalmente, di personalità. E di continuità, all’interno degli stessi novanta minuti: quella continuità che, in altre occasioni, era costata diversi risultati. E, soprattutto, mostrando attributi: era ora. Vince, il Taranto: cercando il risultato, sin dall’avvvio. Credendoci: e non solo davanti a taccuini e microfoni. Del resto, il successo navigava nell’aria, nei giorni precedenti. Tecnico e giocatori avevano rischiato il pronostico, dichiarandosi apertamente: preveggenza premiata. Vince, il Taranto: con un po’ di coraggio, di carattere e anche qualcosa in più, anche sotto il profilo squisitamente calcistico. Valorizzando la precedente vittoria ottenuta (con qualche ombra, lo ripetiamo) sul Pisa e legittimando quella lievitazione graduale comunque emersa a febbraio. La più suffragata delle correnti di pensiero concede molti meriti a Dionigi, un tecnico sin qui più o meno sommessamente criticato (anche su queste colonne) che – si dice – ha lentamente modificato (e, quindi, plasmato) l’organico. Non fatichiamo a crederci. E ad accodarci: quando è giusto, è giusto. Senza, per questo, guadagnare distanza da certe valutazioni del recente passato: che andavano scritte. Con due vittorie di fila, però, il Taranto ha solo rafforzato la quinta piazza e, magari, preparato l’assalto alla quarta: l’Atletico Roma, peraltro, sembra franare. E per guadagnare altri titoli effervescenti è obbligatorio confermarsi: il concetto è implicito. Attenderemo altre prestazioni convincenti: che Giorgino e compagni, già diverse volte, hanno dimenticato di allegare alle mail di fiducia inviate al campionato dopo un successo beneagurante. Ancora: se Dionigi si gode il suo momento, è giusto dividere i meriti con la società, che ha consentito materialmente al suo allenatore di migliorare il telaio precedente. Facciamo anche questo: pur custodendo la convinzione che, a questo organico, continua a mancare un centrocampista di qualità (sì, siamo testardi). Ma ammettendo che, dalla seconda fase di mercato, è uscito un Taranto più fluido. Condizione che fa felice la tifoseria, rinfrancata e nuovamente sognatrice: tanto da alimentare, in settimana, la seconda sessione della campagna abbonamenti. Ci vuole poco per infiammare la piazza.

giovedì 3 marzo 2011

Trani, dentro o fuori

A Trani calano le ore delle decisioni definitive. Dentro oppure fuori: dal campionato e, dunque, dal pallone. Il nuovo presidente Altieri aveva arginato lo stato di crisi economica, temporeggiato, sperato nel coinvolgimento di altri soggetti disposti ad investire nella Fortis. Ma il disagio, tre mesi dopo, è quello di un tempo. O, addirittura, amplificato. La squadra è senza risorse, senza rimborsi, senza stipendi. Anche se la salvezza è praticamente annunciata dal successo conseguito ad Ischia (tre a zero, domenica scorsa). Anche se il peggio sembra passato. Macchè. Anche Pettinicchio, il coach dell’èra-Flora e pure del nuovo corso, sembra rassegnato. Ha praticamente rassegnato le dimissioni, consapevole della realtà: quanto è stato fatto, cioè, è tutto quel che si poteva. E, probabilmente, lo sforzo si è rivelato inutile. Sono attimi delicati: e potrebbero essere gli ultimi. Altieri tenterà le ultime mosse, mentre la gente che tifa si mobilita. Mentre le parole di Flora, poche settimane dopo, acquistano valore. Segno che l’ex patron non si era sbagliato. Gliene sia dato atto.

mercoledì 2 marzo 2011

Barletta, nuovo scatto

Qualche progresso, ancora un regresso. E un nuovo scatto. Il Barletta, oggi, è questo. Respira, inciampa ancora, poi riprende la corsa. Il processo di riabilitazione è lento e denso di insidie: ma sembra avviato. Definitivamente. Il successo strappato domenica al Siracusa, in casa, lo lascia pensare. E la classifica pare aspettare la formazione di Cari, penultima: ma, contestualmente, a due punti dalla zona più protetta. Sono in tante, lì, a ventisei punti: c’è il Cosenza, il Viareggio, il Pisa, il Foligno. E lo stesso Barletta, appunto. E, di conseguenza, per tutti c’è spazio. Anche e soprattutto per Innocenti e compagni, allora: che stanno imparado a battersi con più vigore, se non altro. E che, a bordo di un telaio più robusto, impongono con maggiore frequenza le proprie idee, senza subire necessariamente la partita. Il Barletta è più convinto, meno permissivo: e questo è un dato. Il nuovo coach, è chiaro, può contare su un po’ di qualità in più, che Sciannimanico non possedeva. Ma il contributo di mentalità offerto da Cari, sin qui, sembra nitido. Al momento giusto.

martedì 1 marzo 2011

Foggia, un punto che costerà molto

Tra il fair play, il rispetto (bilaterale) dell’avversario e la convenienza. Foggia-Gela s’incastra in questa terra di nessuno, dove tutti credono di possedere una ragione. Le immagini degli ultimi minuti di una partita improvvisamente ardente, ormai, le hanno viste tutti. Ma riepiloghiamo: ospiti in vantaggio (uno a due) e dauni in pressione. Manca pochissimo, il match si sta esaurendo. La gente di Zeman è infastidita dal risultato e da un certo atteggiamento dei siciliani, che sembrano lucrare sulle situazioni: ostruzionismo spicciolo, come accade spesso. Salamon cade, ma si rialza prontamente. Il Gela ne approfitta e spedisce volontariamente il pallone al lato. Attendendone la restituzione: che non avviene. Anzi, proprio da quel fallo laterale nasce il sigillo del pareggio di Sau. E la rissa che ne consegue. Il Foggia esulta, la formazione di Ammirata schiuma rabbia. La logica, intanto, condanna il gesto. Anche se le motivazioni di fondo soccorrono appena un po’ Insigne e soci. Da qualsiasi angolazione si guardi, però, i ragazzi del boemo ne escono male. Perché passa più agevolmente il messaggio che inchioda i rossoneri. Piaccia oppure no. A sedersi interamente dalla parte del torto, cioè, è solo la formazione di Zeman: giustamente indispettita, ma anche ingolosita della facile opportunità. Però, ci siamo un po’ stancati di certe false cortesie che, troppo spesso, si rincorrono sui campi di pallone. Consapevoli, peraltro, che al problema – probabilmente – non c’è soluzione. Se non il buon senso di tutti. Resta nell’immaginario collettivo, infine, il pesante scambio di opinioni in mezzo al campo: l’impressione è che le conseguenze saranno pesanti. E che il punto guadagnato costerà qualcosa in più.