lunedì 30 aprile 2012

Lecce, stop che fa male

Un punto in meno del Genoa (trentasei contro trentacinque) è un particolare che fa ingolosire. Tanto quanto la considerazione che l'avversario più diretto per la salvezza naviga in una cattiva condizione psicologica. La sconfitta dei liguri nel matinée di Bologna, poi, è una notizia gustosissima. Ma il Lecce, sull'erba di casa, incrocia il Parma e perde l'occasione per effettuare il sorpasso. O, quanto meno, per agganciare la formazione appena affidata a Gigi Di Canio, un ex. Due a uno, vincono gli emiliani. La gente di Cosmi, nel match più importante del mese, si scopre un po' usurata, stanca. Sprecando il secondo impegno interno di fila (a via del Mare, sette giorni prima, era passato anche il Napoli). E capisce di dipendere direttamente dalla sagacia tecnica dei suoi big, come Muriel (è in evidente calo). La rincorsa, in realtà, sembra aver fiaccato un po' il gruppo: e questo ci sta. Ma la flessione complessiva, nel momento più delicato, finisce per logorare l'entusiasmo recuperato. Alla vigilia, oltre tutto, di un impegno infrasettimanale (mercoledì si va in casa della Juve che vede nitidamente lo scudetto) assolutamente proibitivo. E in virtù, peraltro, di un calendario leggermente più pesante di quello genoano. A tre turni dallo stop, però, i conti valgono poco. Necessitano, piuttosto, tutte le risorse: soprattutto quelle mentali. A microfoni aperti, immediatamente dopo la partita di ieri, il coach si è lamentato della mancanza di convinzione della prima frazione di gioco, di un tempo regalato, di un atteggiamento scarsamente aggressivo. Grave, a questo punto del torneo: in cui le motivazioni e il coraggio sopperiscono alle lacune di una stagione intera.   

venerdì 27 aprile 2012

La piazza rompe con D'Addario. Definitivamente

La leadership è solo virtuale. Perchè in B ci va la Ternana, con due turni di anticipo. Eppure il Taranto (sessantaquattro punti sul campo, dai quali vanno decurtati i sette di penalità) è, oggi, la migliore del suo girone di terza serie. Le ultime due vittorie (a Foligno, domenica, e in casa sulla Tritium avant'ieri) servono a spaventare la concorrenza e a rilanciarsi in proiezione playoff (lotteria che costituisce, ormai, il traguardo più immediato, ancora da blindare), ma accrescono pure il rammarico. O la rabbia. Perchè è molto triste sentirsi i più potenti e guardare la festa altrui. Però, è anche vero che la formazione di Dionigi arriva psicologicamente preparata all'avvenimento, provando a farsi bastare la credibilità recentemente riacquisita e la consapevolezza di poter contare su se stessa, sulla ritrovata compattezza di un impianto di gioco che ha sofferto (e, qua e là, ancora soffre) l'appannamento di alcuni protagonisti della prima parte del torneo e sulla fame del risultato, che resiste. Ecco, il Taranto di oggi non è ancora il miglior Taranto della stagione, la difesa non è più impenetrabile come nell'inverno appena trascorso e il logorio è pur sempre un nemico con cui misurarsi: ma, almeno, le punte hanno ripreso a graffiare, la personalità del gruppo emerge nelle occasioni più importanti e il modulo ha tornato ad alimentarsi di qualche certezza in più. Gli avversari, certo, sono tanti e pure qualificati, ma proprio la leadership virtuale può aiutare a pensare positivo. Riscaldando la tifoseria, che tributa alla squadra il proprio apprezzamento. Rompendo, contemporaneamente e definitivamente, con patron D'Addario, considerato il responsabile unico della mancata promozione in prima battuta. Cori e striscioni eloquenti, il feeling si è consumato. Di contro, il presidente minaccia (di fare calcio altrove) e consiglia (chi è interessato al club, si munisca di contante). La contestazione, adesso, potrebbe persino allargarsi, investendo chi scende in campo: ci sono tutti gli ingredienti per crederlo. E, del resto, neppure D'Addario fa molto per placare la stizza della piazza: legittimamente, dal suo punto di vista. Rischiando, però, di lasciarsi travolgere dallo stesso vortice che ha inghiottito altri, prima di lui. Che, come lui, al Taranto hanno dato, senza però entrare nel cuore della gente. E senza farsi troppo amare. Questa sì che è una maledizione.

giovedì 26 aprile 2012

Martina, disavanzo invariato

Matera porta bene. Anche come terreno di scorta, considerata la lunga squalifica del Tursi. Il Martina riceve la Casertana in Lucania e la batte (due a zero). Segna per due volte De Nicola, rincalzo che si fa trovare pronto e che, forse, ad un certo punto della stagione (cioè qualche settimana addietro) avrebbe meritato una chance. Proprio quando Picci scontava i quatto turni di squalifica ed Amodeo zoppicava. E che tuttavia, nel momento di massimo bisogno, è anche inciampato in un'infortunio che ha acuito le difficoltà del gruppo. Il primo sigillo, addirittura, è una perla: sforbiciata classica, praticamente all'incrocio. Prodezza da attaccante consumato, che annusa la porta e, di spalle, la trova puntualmente. Non è un match semplice: i campani, del resto, sperano ancora di inserirsi nella lotta al primato, pur disponendo oggettivamente di scarse quotazioni. E, prima di cedere, giostrano con discreto ordine, issandosi su una mezz'ora di calcio discreto. E non è neppure una partita svincolata dal risultato di Piscinola, casa del Campania, dove la capolista Sarnese trova il successo poco prima del novantesimo, mantenendo i due punti di vantaggio su De Tommaso e soci: che, a centottanta minuti dalla conclusione del torneo, restano una dote non indifferente. E che, se la situazione non dovesse mutare domenica prossima, permetterebbero ai salernitani di puntare a due risultati su tre nello scontro diretto all'ultima giornata: da consumarsi ancora una volta sul neutro di Matera, oppure altrove. Anche se, da un'altra angolazione, una squadra come quella di Bitetto non è troppo abituata a elaborare il calcolo: preferendo paradossalmente l'alternativa estrema. Prima, però, è meglio badare al Trani di Dellisanti, il prossimo avversario, tranquillo ma ancora concentrato: il destino del Martina passa dalla Puglia, prima di tutto. E' scritto. E sarà giudizioso non attendersi favori: nè dalla Fortis, nè da chiunque altro. Un errore e crolla tutto. Una condanna. Ma, forse, anche una convenienza.

mercoledì 25 aprile 2012

Nuove nubi sul Bari

Riparte il calcio che la morte sul campo (di Morosini, tesserato con il Livorno) ha fermato. E il Bari, sulle zolle del San Nicola, incrocia e imbriglia la capolista, un Torino un po' svogliato o, più semplicemente, sparagnino e calcolatore. E' il Toro di mastro Ventura, uno che a Bari ha vissuto momenti esaltanti e un'ultima parte di esperienza davvero traumatica. Ereditando un esonero, molte accuse e il marchio infamante di una retrocessione, smaltita a metà con il suo successore (Mutti). E che, al ritorno in Puglia, non ha potuto sottrarsi ad una corposa porzione di insulti: prima e durante il match. Niente, peraltro, al confronto di quelli incassati dall'esterno granata Parisi, un altro ex di quella squadra inchiodata dal campionato passato e già asfaltata dalle accuse di combine nella vicenda triste del calcioscommesse. Comunque, lo zero a zero del sabato non cambia nulla, sull'Adriatico: dove si naviga in attesa di scoprire cosa accadrà dopo. Limitandosi a lenire le ferite recenti di Verona (sconfitta pesante, malgrado l'approccio felice). Non cresce neppure il quoziente di pericolosità della formazione di Torrente nelle partite interne, dove non si vince quasi mai: quindi, normale amministrazione. Ovvero, l'unico segnale di una stabilità in cui l'intero ambiente, di questi tempi, vorrebbe misurarsi. Nella realtà, però, la gente che tifa continua a scontrarsi con quello che non vorrebbe vedere e sentire. E, mentre la scure della giustizia sportiva sembra incombere, anche l'iscrizione al prossimo campionato è già seriamente a rischio. L'impasse societario non è ancora appianato e la famiglia Matarrese non ha pubblicizzato un ipotetico piano di salvataggio. E, peraltro, l'ipotesi di un fallimento a stagione in corso non è neppure stata presa in considerazione. Era una possibilità per salvaguardare il titolo sportivo: la speranza è che ora, in riva all'Adriatico, non si debba rimpiangere l'opportunità scartata.

lunedì 23 aprile 2012

Grottaglie, la sosta è di troppo

La sosta obbligata del calendario sembra aver disturbato l'incedere sicuro della versione primaverile del Grottaglie. Nella gara che serve a sperare in un allungo sostanzioso (la Viribus viaggia - e perde - a Sarno, in casa della capolista), contro il Campania la gente di Pizzonia si inaridisce, arenandosi nelle problematiche antiche (insufficiente incisività, discontinuità di rendimento, scarsa brillantezza nelle occasioni che contano) e accontentandosi di uno zero a zero un po' sbiadito. L'Ars et Labor, in campo con sette under dal primo minuto anche per necessità, spreca il match ball in mezzo al campo, dove il passo compassato di Salvestroni e Luzzi non sprona e dove l'avversario è, di contro, più corposo. E, ovviamente, senza spunti golosi, quasi sempre finisce come non si vorrebbe che finisca. La pigrizia del confronto, anzi, riesce persino a infastidire quanti hanno recentemente cominciato a confidare nella salvezza immediata. Che, peraltro, la classifica garantisce ancora, oggi come oggi: a tre turni dal termine della regular season. Un periodo, detto per inciso, sufficientemente lungo per temere intoppi, resurrezioni altrui e cali di tensione propri. Che una partita come quella di ieri può teoricamente annunciare. Il Grottaglie vecchia maniera che riemerge, cioè, è un indizio antipatico.

giovedì 19 aprile 2012

Bisceglie, la gioia della D

Un'altra promozione. In D. La seconda, nella stessa stagione. E' quella del Bisceglie, che varca la porta passando per la Coppa Italia: la competizione tricolore, si sa, nel panorma dilettantistico non è solo visibilità e occasione da palmarès. Ma anche beneficio tangibile. Dietro al Monopoli, in campionato. E davanti al Monopoli, nel torneo collaterale. Quindi, alle finale nazionali: dove la formazione allestita da patron Canonico e affidata in corsa a Nicola Ragno, uno specialista in salti di categoria, supera prima il Soverato, poi il Termoli e, infine, il Pisa (il vecchio Pisa, lo Sporting Club, quello della serie A): dribblando l'ostacolo ed evitando anche la coda dei playoff del torneo principale. La sida decisiva, quella del Flaminio di Roma, non è agevole: soprattutto per lo spessore dell'avversario. Comincia molto bene (neroazzurro stellati sùbito in gol, doo soloi tre minuti di gioco) e prosegue con qualche rischio. I toscani pareggiano, in apertura di ripresa. Ma Moscelli (attivissimo, sgusciante, utiulissimo) e soci trovano il sigillo della festa nell'ultima porzione dell'incontro. Ribadendo, anche a chi non vuole ammetterlo, la bontà del livello medio del campionato di Eccellenza pugliese: senza dubbio alcuno, tra i più competitivi della penisola. E la convenienza (purtroppo o per fortuna, è così) di allestire organici importanti (e dispendiosi) pure negli inferi della sesta divisione nazionale. Dove il professionismo alberga da sempre, a dispetto dello status ufficiale. E dove, nei fatti, comincia la pianificazione: che il Bisceglie, per una questione di appetiti e di blasone, sta perseguendo. Ben conoscendo quello che lo aspetta: finiti gli entusasmi, restano le spese. E i campionati che verranno non potranno essere recitati senza ambizioni: lo sforzo, questo primo sforzo, diventerebbe inutile. Fine a se stesso.

venerdì 13 aprile 2012

Abbiamo sognato, abbiamo scherzato

Ne avevamo parlato: con un briciolo di campanilismo, con un bagaglio di speranza. Quella sacra alleanza tra le squadre e le genti di Puglia ci era diventata simpatica. Il Casarano che tramortisce l'Ischia senza averne davvero bisogno, il Martina che si avvantaggia dello score del Capozza e schizza verso la serie C: tutto stimolante, tutto persino bello. Poi, però, ci si risveglia. Ed è un risveglio faticoso. Il Grottaglie che pareggia (legittimamente) in Valle d'Itria, il Martina che incespica a quattro giornate dal traguardo, la Sarnese che scatta in pole position, con i favori del pronostico: sin qui, tutto normale, in un campionato combattuto come quello appulocampano di D. Quello che segue, tuttavia, è meno gratificante: per tutti. Accade che il Grottaglie si sente ferito dell'accoglienza ricevuta nel derby dalla dirigenza di casa, chiedendo (è legittimo anche questo, ci mancherebbe) la vittoria a tavolino. Che il Martina si vede sfiancato dal giudice sportivo: cinque appiedati (come nelle attese) e campo squalificato (attendevamo anche questa sanzione, ma non così grave: quattro partite, quindi niente più scontri diretti al Tursi). E, infine, che De Finis, uno dei presidenti del Brindisi (anche il Fanuzzi, dopo il match con la Turris, rimarrà chiuso per un turno) si lasci scappare una frase infelice: se gli adriatici, infatti, il ventidue aprile ospiteranno il Casarano a porte chiuse è perchè la Lega vuol favorire il Martina. Ragionevolmente troppo lontano per essere raggiunto e, comunque, non più leader del raggruppamento. E, come abbiamo visto, pesantemente colpito in settimana. Giusto per smentire ogni congettura. Massì, abbiamo sognato. Abbiamo scherzato. E di sacre alleanze non parleremo più. C'è una quotidianità che pulsa. E troppi campanili che sgomitano. Come un tempo, come sempre. Lo sanno anche la Sarnese di oggi e tutti gli avversari di domani: è una notizia di cui, oltre confine, faranno buon uso.

giovedì 12 aprile 2012

Il Lecce e l'obbligo di crederci

Tre risultati in fila, nelle ultime due settimane, significano sette punti. E, se il pareggio a casa propria con il Cesena sembrava avesse depotenziato le ambizioni del Lecce, il successo largo sulla Roma (all'Olimpico) e quello, ancora più esaltante per le modalità con cui è stato raggiunto, di Catania rinverdiscono i desideri della brigata Cosmi. Cioè, la formazione salentina è ancora, a pieno diritto, nel cuore della battaglia per la sopravvivenza. Al di là di quello che le vicende extrasportive del calcioscommesse potranno rivelare più avanti: certamente a campionato chiuso. E quando l'eventuale pena, qualsiasi essa sia, dovrà necessariamente essere erogata con senso afflittivo. Diciamo anche che, di fronte ai precisi sintomi di risveglio di Giacomazzi e compagni, coincidono anche le disavventure del Genoa e della Fiorentina, che hanno sopperito al nuovo carburante immagazzinato dai serbatoi di Siena e Parma, ovvero le concorrenti dirette di metà marzo. Che, adesso, si sono un po' dileguate dal vortice caldo: lasciando, appunto, la sensazione di vuoto a due formazioni mentalmente non abituate a dover trattare di salvezza e, probabilmente, neanche troppo attrezzate per combattere la recessione. Proprio il Genoa e la Fiorentina, allora, sono il nuovo obiettivo del Lecce: un collettivo che un nuovo modo di pensare la partita e, ovviamente, il conforto dei numeri hanno aiutato a lievitare. E' una squadra, questa, che oggi non attende gli accadimenti, ma che cerca di prevenire il match, di aggredirlo. E, dunque, di determinare il suo stesso destino. L'ultima fatica, in Sicilia, conferma. Malgrado lo svantaggio, recuperato negli ultimi minuti utili. Come sempre accade, poi, c'è anche un avversario che crolla. E che, come nel caso del Catania, si complica l'esistenza (il gurdasigilli Carrizo si fa espellere e in porta va a parare Lodi, un centrocampista: suo, del resto, l'intervento difettoso che favorisce il sorpasso firmato Di Michele). Certo, gli episodi, che tutti assieme scrivono l'esito di un'intera stagione, oggi come oggi sono benigni: e, proprio per questo, vanno cavalcati. Senza badare ai calcoli, il Lecce è obbligato a crederci.

domenica 8 aprile 2012

Il derby scontenta tutti

Due pedine di vantaggio non si concedeno volentieri a nessuno. Dopo poco più di mezz'ora di calcio, oltre tutto. E poi il Grottaglie di questi tempi è un collettivo ordinato e irrobustito dai risultati, dunque rinvigorito dalla speranza. E' evidente, allora, che il derby del Martina zoppica troppo presto, malgrado un approccio al match discretamente vivo. La direzione di gara (quella del tiburtino Marinelli) scandalizza, peraltro, la squadra e la tifoseria di casa: anche se le prime due espulsioni (Basile e Vitale, per doppia ammonizione) rispondono all'esigenza di rispettare il regolamento. Semmai, stonano altre scelte arbitrali: come la diversa interpretazione di alcuni falli e dei casi da ammonizione. Che penalizzano sempre il Martina e non sempre l'Ars et Labor. Esempio: c'è un intervento scorretto ai danni di De Tommaso ai limiti dell'area, ci starebbe anche la sanzione personale per Salvestroni, ma il gioco procede e la successiva scorrettezza (più plateale che arcigna) di Scoppetta innesca il terzo cartellino rosso inflitto alla formazione di Bitetto (si continuerà otto contro dieci). Ancora: il mani di Picci è puntualmente punito, quello di un avversario no. Però, di contro, l'allontanamento del grottagliese De Angelis non esiste. E il fallo su di lui, giusto sulla linea dell'area, andrebbe fischiato. Inevitabilmente, dunque, la partita si lascia condizionare dagli episodi: evidentemente istigati, sul campo, dalle parole in eccesso (non troviamo spiegazione diversa, la partita sembra sostanzialmente priva di cattiverie). E l'atmosfera, in Valle d'Itria, finisce per appesantirsi assai. Ovviamente, il Martina (che viaggia sotto di un gol) si innervosisce e rischia di sfaldarsi. Trovando, però il cuore e l'energia per assaltare l'avversario e raggiungendo, in pesante inferiorità numerica, il pareggio: che, almeno, lo mantiene a rimorchio della Sarnese, vittorioso a Gaeta. La divisione della posta, cioè, diventa l'epilogo meno quotato. Che, tuttavia, non nasconde due concetti. Il primo dei due: decisioni arbitrali a parte, la gente di Bitetto conferma la propria decrescita e la lievitazione di tensione. In attesa della pioggia di squalifiche che complicheranno il cammino, azzerando il centrocampo già nella prossima trasferta di Casarano (dalla panchina, è stato espulso anche Mattioli, mediano di riserva). In un momento in cui il coach già non può contare su diversi acciaccati. E in attesa, chissà, della squalifica del campo (a fine primo tempo, qualcosa è accaduto, giura qualcuno). Il secondo concetto: la gestione della seconda frazione di gioco del Grottaglie, esageratamente coperto e rinunciatario, è suicida. Tanto da considerare l'illustrissimo punto una mezza sconfitta.

sabato 7 aprile 2012

Il nemico viaggia alla testa del Bari

E, mentre l'indagine sul calcioscommesse promette di infierire sul Bari, c'è pur sempre un campionato che pulsa. Senza episodi clamorosi, per la verità: perchè la formazione di Torrente continua a comportarsi come ha sempre fatto. Punti (tanti punti) in trasferta, come i tre raccolti anche a Pescara la settimana passata, e timidi pareggi (quando va bene) sull'erba di casa (ieri ha beneficiato del risultato il Grosseto). Quanto basta per garantirsi ancora la posizione di rincalzo ai playoff, che peraltro Stoian e soci non raggiungeranno mai (la concorrenza avanza, la penalizzazione incombe). La nota più evidente del venerdì, però, sorge fuori dal rettangolo di gioco. Sugli spalti, più precisamente. Dove la curva tradizionalmente più calda canta l'odio per i rivali di sempre (il Lecce), deridendoli. Dimenticando che proprio alcuni rappresentanti dell'universo ultrà adriatico sono accusati di aver addomesticato alcuni risultati dello scorso torneo: prospettando una sconfitta alla loro squadra in cambio di vantaggi personali. E che una delle partite nel vortice del dubbio è proprio quella con i salentini, regolarmente persa. Dagli altri settori del San Nicola, così, si leva una protesta accorata. Sincera. Rumorosa. Non verso la squadra. Non verso la società, il bersaglio ideale di sempre. Ma proprio verso quello spicchio dello stadio. Ora troppo diviso per mirare all'obiettivo del recupero di una dignità scalfita. Sono i segni di una fede perduta (da alcuni). Di un calcio in agonia. E di una città calcisticamente confusa. Il nemico, diceva qualcuno, viaggia sempre alla tua testa.

mercoledì 4 aprile 2012

Partite truccate, il tempo passa e stringe la Puglia

Si approfondisce l'inchiesta. Si moltiplicano le audizioni. Fioriscono le confessioni. Si allarga il cerchio dei club preoccupati. Si appesantisce l'esposizione del Bari. E peggiora anche la situazione giuridica del Lecce. L'orrore del calcioscommesse risparmia pochi. E aggredisce il calcio di Puglia, prima di tutti. L'arresto e le ammissioni di colpevolezza di Andrea Masiello, un passato sull'Adriatico e un presente a Bergamo (sua l'autorete nel derby della passata stagione, che salvò i salentini dalla B) sono un macigno che devasta. E che apre scenari funesti. Anche se, per l'occasione, la corsa al pronostico giusto non c'entra: ma c'entra, semmai, la corresponsione di un utile in cambio di un favore sul campo. Di sicuro, però, avvertiamo la netta sensazione che finirà male: perchè il circo mediatico è in pieno movimento e perchè non si avverte, in giro, il desiderio di glissare sulla questione. Giustamente, peraltro. Ma anche perchè non è più un problema di supposizioni, ma di fatti suffragati dalle parole dei protagonisti. Ben sapendo, peraltro, che non sempre giustizia ordinaria e giustizia sportiva intrecciano le proprie strade. E che, spesso, tutto non è come sembra. O come si è voluto che sembrasse. Eviteremo, tuttavia, facile retorica (sulla nobiltà dello sport e sulla precarietà ai tempi della commercializzazione del pallone e della recessione) e previsioni (penalizzazioni o meno, retrocessioni oppure no). Aspettando i verdetti che verranno, prima o poi. Limitandoci a navigare nelle acque conosciute. E a distinguere tra responsabilità oggettiva (oggi come oggi, sembra il caso del Bari) e responsabilità diretta (è l'accusa che, molto probabilmente, cercherà di inchiodare il Lecce). Sarà, però, una primavera caldissima. E seguirà un'estate infuocata. Le sentenze, qualunque esse siano, non arriveranno prima di allora. Ma, necesseriamente, non potranno tardare troppo. Lo chiede la logica, ma soprattutto lo esige la prossima stagione agonistica, che comincerà a premere. E sembra invocarlo l'intero ambiente calcistico, che si sta sollevando. Così come lo pretende un Paese intero che tenta di nascondere le magagne della quotidianità con una ritrovata intolleranza al reato. Ecco, allora, che anche i tempi (ristretti) giocheranno contro chi, come il Bari e il Lecce, dovranno difendersi. O ripararsi dalla tempesta.

martedì 3 aprile 2012

La stizza del Foggia e la stanchezza del Taranto

Un uomo in meno e un gol di vantaggio, siglato dagli undici metri. Quegli stessi undici metri che sembrano penalizzare l'avversario: prima, un altro calcio di rigore è stato sprecato. Dopo aver acceso la polemica: perchè il Foggia, a Taranto, si rinzela a match appena sbocciato. La spinta di Traoré (su Alessandro) è, del resto, debole, debolissima. E la conseguente espulsione del coloured inasprisce il gap. Eppure, tutto sembra capovolgersi: è la squadra di Stringara a passare per prima, malgrado l'inferiorità numerica. Solo che gli jonici, meglio dotati, ma non eccessivamente più brillanti, sanno invertire la tendenza e inseguire il successo, trovandolo. Due a uno: i dauni contestano le modalità di un derby interessante nella prima mezz'ora e decisamente più grigio dopo. Recriminando sui provvedimenti disciplinari (ad un certo punto, si gioca nove contro undici) e pure sulla tempistica con cui vengono sdoganati (il terzo cartellino rosso del match, per il tarantino Sciaudone, piove solo al novantesimo, quando non c'è più tempo per rimediare). Di contro, il Taranto ritrova il successo dopo sei pari di fila, escluso quello di Como, domenica l'altra (si dovrà rigiocare). Senza liberarsi, peraltro, di quell'appannamento che lo stringe da un paio di mesi. E che spinge il suo presidente a dissociarsi dall'interpretazione della gara fornita dalla squadra. Un modo come un altro, questo, per sugellare l'ennesima settimana movimentata della stagione: culminata con le dimissioni del vicepresidente e la conferenza stampa congiunta di giocatori e società, utile per affermare la ritrovata coesione e per pubblicizzare il pagamento delle mensilità arretrate. Un dettaglio che, adesso, pare sottrarre alla squadra le preoccupazioni, ma anche le attenuanti. Ma che non riesce a limare il peso delle minacce (della punta Guazzo, verso un operatore dell'informazione) e delle accuse incrociate (tra lo stesso D'Addario e un vecchio tesserato, Galigani: al quale il patron ha sostanzialmente intimato di non intromettersi nella vita del club). Il tutto mentre la Ternana s'inceppa ancora e il disavanzo dalla vetta si riduce a cinque punti e, virtualmente, a due (la gente di Dionigi deve recuperare un match). Ancora troppi, in considerazione della seconda penalizzazione che arriverà il dodici aprile. Cioè, di una condizione ineluttabile che ha già ostacolato e che continuerà a disturbare un collettivo da rispettare, ma anche mentalmente stanco e psicologicamente un po' logorato.

lunedì 2 aprile 2012

Il momento buono del Grottaglie

La marcia prosegue: terzo risultato pieno di fila. Il Grottaglie riemerge: nei sentimenti della tifoseria, prima ancora che in classifica, ancora sostanzialmente deficitaria. Eppure, sembra una domenica di normale difficoltà. La Viribus, al D'Amuri, si veste da squadra vera: perchè gioca la palla e occupa il campo, calandosi nel suo modulo inconsueto (3-3-3-1 in fase di possesso, o - se preferite - 3-3-4). L'Ars et Labor, che due vittorie di seguito hanno rilanciato, si sorprende senza farsi intimidire a lungo. E, appena può, ruggisce. La gente di Pizzonia, all'interno del match, non possiede continuità, ma si anima con momenti di brillantezza: forse, è un segnale di crescita anche questo. Che la squadra intende valorizzare, perseguendo quello che è diventato l'obiettivo principale: mettere, tra sè e la terz'ultima, quel margine di punti (almeno otto) utile per evitare i playout, ai quali altrimenti sarebbe difficile sfuggire. E' vero però che la brillantezza (De Angelis e Lucà pungono abbastanza) necessita del nutrimento del ritmo, un dettaglio ancora inespresso. Accade però che il match, prima di scivolare lentamente e malgrado l'avversario non scalfisca lo spessore della propria organizzazione, cambi strada: prima Salvestroni s'inventa un destro secco e potente e poi De Angelis trasforma un penalty corredato di espulsione. Episodi che, alla fine, determinano il risultato (finisce due a uno). Lasciando un sapore buono, al di là della vittoria. Se non altro, perchè, oggi, questo è un colletivo presente nel vortice della battaglia e non più avulso dal contesto in cui viveva e vive. Guardandosi indietro, non è poi neanche poco.