Il ripescaggio rallenta i tempi di inserimento nel
cuore della stagione. E il Martina, burocraticamente ammesso alla terza serie
nazionale, si costruisce e si completa in netto ritardo. Slitta la
preparazione, si concentra il lavoro quotidiano: e qualcosa va tralasciato,
inevitabilmente. Eppure, l’esordio di Coppa non è male, complessivamente: la
presenza di alcune pause e l’assenza di certi movimenti non impediscono alla
formazione allestita da Palomba e Ciullo di resistere degnamente al più rodato
Matera, che comunque avanza verso il secondo turno della competizione. Il
campionato, una settimana dopo, conferma determinati segnali che offrono il
coraggio necessario per affrontare l’avventura, ma il risultato è amaro. Il tre
a due di Foggia, peraltro, aiuta ad avvicinarsi psicologicamente alla realtà di
un girone, quello meridionale, mediamente competitivo e più che discretamente
assortito: che il Martina approccia con difficoltà, ritrovandosi sotto di due
gol dopo soli venticinque minuti di gioco. Anche per questo, il peso specifico
del gol di Pellecchia (uno che verrà utile nel 4-2-4 che il tecnico sta
cercando di organizzare e plasmare) è alto: perché il match si riapre
immediatamente. La formazione di Brescia, però, è atleticamente più tonica e
qualche distonia in fase di presidio non le preclude la strada. La terza
marcatura dauna arriva agli albori della seconda frazione di gara, finendo
forse per appagare prima del tempo i languori di Agnelli e soci: di questo, del
resto, si lamenterà a cose fatte Totò Ciullo, pronto a sottolineare
l’incapacità della sua squadra di approfittare del calo di tensione avversario.
Arcidiacono, tra i pochi sopravvissuti dello scorso campionato, lavora tanto e
bene. Poi, un penalty trasformato da Montalto a metà ripresa sembra
riavvicinare il Martina alla mèta del pari: l’onda d’urto, tuttavia, è debole.
E, in più, il Foggia mantiene la lucidità che serve per scollinare verso il
successo, rischiando poco. E sforzandosi, anche nei momenti meno brillanti del
match, di mantenere un atteggiamento
propositivo. Che, probabilmente, finisce per solleticare Iemmello, artigliere
arrivato di recente e sul quale il tecnico intende puntare apertamente. Non solo
per le qualità realizzative (suo il sigillo che sblocca lo score, al minuto quindici, e sua la conclusione che destabilizza la difesa ospite in occasione del tre a uno firmato da Cavallaro), ma anche per quella propensione a
gestire il pallone e a far salire il collettivo. Un collettivo obbligato, però,
a lavorare ancora molto: anche sull’intensità.
domenica 31 agosto 2014
domenica 3 agosto 2014
Martina, bentornato in C
L’attesa silenziosa, certe volte, paga. Forse, solo perché i
requisiti per riemergere ci sono tutti. Come il palazzo del calcio, al momento
opportuno, certifica: rispettando le attese della piazza e ricollocando
burocraticamente il Martina dov’era, prima della retrocessione. Magari,
soltanto perché la strada è già sufficientemente segnata da argomentazioni
forti (lo stadio a norma, l’assenza di una massa debitoria preoccupante, i
trascorsi sportivi) che vanno semplicemente sostenuti da un’operazione
diplomatica robusta e tenace. Se ne parlava da tanto. E, alla fine, arriva: il
ripescaggio nella nuova terza serie zittisce tutte assieme le preoccupazioni
dell’ambiente (per le incognite che spesso si accodano ad un insuccesso
ottenuto sul campo e per l’apparente immobilismo di un’estate vissuta a
controllare il traffico) e il malanimo avvampato e mai sopito ai tempi della
gestione Cassano. Quando la
Fiorentina bypassò
il Martina, conquistando la B
a tavolino. E, più tardi, quando il vecchio patron decise di decapitare il
pallone in Valle d’Itria. Inutile girare troppo attorno, però: la rapidità di
esecuzione dei lavori di miglioria all’impianto di via della Sanità si sono
rivelati decisivi. Così come le garanzie assicurate da un blocco societario
ricompattatosi in fretta, con intelligenza. Pericolo serie D evitato, allora.
In quarta serie, diciamolo chiaramente, sarebbe stata tutta un’altra storia. Da
riappaltare con pazienza e con moneta contante: tanta. Da affrontare con un
certo fastidio e, probabilmente, scarse prospettive (altri club di quarta serie
sono avanti col lavoro e, invece, il nuovo Martina va ancora formato, anche se
il tecnico Cullo avrà certamente disegnato due programmi e due organici di
massima, uno per la C
e uno per il campionato interregionale). Ecco, in D il Martina si sarebbe
allineato con motivazioni limitate e ambizioni ridotte: un campionato di
transizione, per capirci. In terza serie, invece, sarà sufficiente salvarsi: e,
con tre retrocessioni su venti squadre, si può fare, muovendosi con oculatezza.
Pur partendo con un certo ritardo sui tempi. Perché, parlandoci chiaro, anche
questa volta sarà molto più agevole aggirare la retrocessione in D che
pianificare l’assalto alla C. Come accade da un po’ ormai. Sembrerà strano e,
chissà, lo è davvero. Ma è assolutamente così. Fidatevi.
sabato 2 agosto 2014
Taranto e Il sospetto di un'occasione sprecata
Infine, il Taranto cambia proprietà: passando (non
interamente) dal composito gruppo coordinato da Nardoni ai fratelli
Campitiello. Che si ritaglia le quote di maggioranza e la responsabilità di
risanare il bilancio. Non senza contare sull’appoggio di chi, sin qui, ha
operato. Contraendo, dunque, quel disavanzo. Il travaso societario non è agile.
E non è affatto celere: tanto che la piazza si ritrova immediatamente ad
inseguire chi è partito in anticipo e bene (il Brindisi, ma non solo il
Brindisi). E neppure indolore: le cicatrici di un’estate conflittuale si vedono
tutti, ancora adesso. E si sentono. Ma la famiglia di Pagani ribadisce più
volte di poter e voler assicurare, da qui in avanti, investimenti intelligenti
e mirati. Dunque, un futuro solido. E duraturo. Non è poco. Intanto, però, il
tempo scorre. E occorre varare staff tecnico e squadra. Designato il diesse
(Montervino, il garante della trattativa) arrivano sullo Jonio, a rimorchio, l’allenatore
(Favo, ex Maceratese) e qualche under.
Un paio di volti conosciuti, poi, decidono di restare: Ciarcià, Mignogna. In
attesa di altre conferme e nuovi ingaggi. Ma Taranto è la città dei due Mari e
delle mille polemiche. Esaurito un argomento, se ne affaccia un altro. Il
sentimento popolare, rilanciato da qualche organo di informazione, si sofferma
sulla faccenda del mancato ripescaggio. Mancato soprattutto perché, prima, non
viene formulata la domanda di ammissione alla nuova terza serie. Ufficialmente
inevasa per pure motivazioni tecniche e amministrative (il passaggio di
proprietà, cioè, si compie proprio quando i termini burocratici per allestire
la pratica si stanno spegnendo). Ma, in realtà, rimandata per lunghe settimane.
E mai seriamente considerata: per i costi che una domanda di ripescaggio
comporta (anche le fidejussioni hanno un proprio prezzo). Per i dubbi che hanno
accompagnato il travaso societario (chi avrebbe dovuto pensarci: la vecchia
dirigenza o la nuova?). Per le remote possibilità attribuite all’accoglimento
della richiesta. Però, in città si è sùbito allargato il sospetto che il
passaggio di consegne si sia definito troppo tardi anche e soprattutto per bypassare questa situazione ritenuta
economicamente scomoda . E per pianificare il domani del Taranto ripartendo
dalla D, con calma. Puntando, prima di ogni cosa, al ripianamento dei debiti
contrattiu dalla vecchia gestione del club. Sospetto, poi, diventato rabbia:
perché la Lega
di Macalli finisce per bocciare anche le ultime concorrenti rimaste in gara per
il ripescaggio dalla D alla C (Correggese all’Akragas, prime delle graduatorie
di merito, ma sprovviste di uno stadio dotato di tutti i requisiti). Mentre
altre società, nel frattempo, si erano ritirate dalla corsa: dall’Arezzo al
Matelica. Risultato: in terza serie rientrano tre club appena usciti dalla
porta di servizio: la Torres,
il Martina e l’Aversa. E già si maligna di uno scambio di favori, tra il re
della Lega di C e il primo dirigente dei dilettanti Tavecchio. E, dunque, di un
accordo a tavolino, per favorire il disegno del primo in cambio dei voti utili
al secondo, che resta il candidato più saldo nella corsa verso la presidenza
della FIGC. Tutto, cioè, sembra quadrare. Ma le perplessità, in riva a Mar
Piccolo, affiorano ugualmente. E la sensazione è che - al di là dei calcoli
economici, assolutamente meritevoli di essere considerati – il Taranto abbia
sciupato un’occasione irripetibile. Malgrado uno stadio a norma, un bacino d’utenza
di pregio, un prestigio largo e una società in via di risanamento. Eppure, già
macchiata dell’alone della diffidenza della gente che tifa. Ancora prima di
cominciare.
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