domenica 31 agosto 2014

C unica, il primo derby è del Foggia

Il ripescaggio rallenta i tempi di inserimento nel cuore della stagione. E il Martina, burocraticamente ammesso alla terza serie nazionale, si costruisce e si completa in netto ritardo. Slitta la preparazione, si concentra il lavoro quotidiano: e qualcosa va tralasciato, inevitabilmente. Eppure, l’esordio di Coppa non è male, complessivamente: la presenza di alcune pause e l’assenza di certi movimenti non impediscono alla formazione allestita da Palomba e Ciullo di resistere degnamente al più rodato Matera, che comunque avanza verso il secondo turno della competizione. Il campionato, una settimana dopo, conferma determinati segnali che offrono il coraggio necessario per affrontare l’avventura, ma il risultato è amaro. Il tre a due di Foggia, peraltro, aiuta ad avvicinarsi psicologicamente alla realtà di un girone, quello meridionale, mediamente competitivo e più che discretamente assortito: che il Martina approccia con difficoltà, ritrovandosi sotto di due gol dopo soli venticinque minuti di gioco. Anche per questo, il peso specifico del gol di Pellecchia (uno che verrà utile nel 4-2-4 che il tecnico sta cercando di organizzare e plasmare) è alto: perché il match si riapre immediatamente. La formazione di Brescia, però, è atleticamente più tonica e qualche distonia in fase di presidio non le preclude la strada. La terza marcatura dauna arriva agli albori della seconda frazione di gara, finendo forse per appagare prima del tempo i languori di Agnelli e soci: di questo, del resto, si lamenterà a cose fatte Totò Ciullo, pronto a sottolineare l’incapacità della sua squadra di approfittare del calo di tensione avversario. Arcidiacono, tra i pochi sopravvissuti dello scorso campionato, lavora tanto e bene. Poi, un penalty trasformato da Montalto a metà ripresa sembra riavvicinare il Martina alla mèta del pari: l’onda d’urto, tuttavia, è debole. E, in più, il Foggia mantiene la lucidità che serve per scollinare verso il successo, rischiando poco. E sforzandosi, anche nei momenti meno brillanti del match, di mantenere un  atteggiamento propositivo. Che, probabilmente, finisce per solleticare Iemmello, artigliere arrivato di recente e sul quale il tecnico intende puntare apertamente. Non solo per le qualità realizzative (suo il sigillo che sblocca lo score, al minuto quindici, e sua la conclusione che destabilizza la difesa ospite in occasione del tre a uno firmato da Cavallaro), ma anche per quella propensione a gestire il pallone e a far salire il collettivo. Un collettivo obbligato, però, a lavorare ancora molto: anche sull’intensità.

domenica 3 agosto 2014

Martina, bentornato in C

L’attesa silenziosa, certe volte, paga. Forse, solo perché i requisiti per riemergere ci sono tutti. Come il palazzo del calcio, al momento opportuno, certifica: rispettando le attese della piazza e ricollocando burocraticamente il Martina dov’era, prima della retrocessione. Magari, soltanto perché la strada è già sufficientemente segnata da argomentazioni forti (lo stadio a norma, l’assenza di una massa debitoria preoccupante, i trascorsi sportivi) che vanno semplicemente sostenuti da un’operazione diplomatica robusta e tenace. Se ne parlava da tanto. E, alla fine, arriva: il ripescaggio nella nuova terza serie zittisce tutte assieme le preoccupazioni dell’ambiente (per le incognite che spesso si accodano ad un insuccesso ottenuto sul campo e per l’apparente immobilismo di un’estate vissuta a controllare il traffico) e il malanimo avvampato e mai sopito ai tempi della gestione Cassano. Quando la Fiorentina bypassò il Martina, conquistando la B a tavolino. E, più tardi, quando il vecchio patron decise di decapitare il pallone in Valle d’Itria. Inutile girare troppo attorno, però: la rapidità di esecuzione dei lavori di miglioria all’impianto di via della Sanità si sono rivelati decisivi. Così come le garanzie assicurate da un blocco societario ricompattatosi in fretta, con intelligenza. Pericolo serie D evitato, allora. In quarta serie, diciamolo chiaramente, sarebbe stata tutta un’altra storia. Da riappaltare con pazienza e con moneta contante: tanta. Da affrontare con un certo fastidio e, probabilmente, scarse prospettive (altri club di quarta serie sono avanti col lavoro e, invece, il nuovo Martina va ancora formato, anche se il tecnico Cullo avrà certamente disegnato due programmi e due organici di massima, uno per la C e uno per il campionato interregionale). Ecco, in D il Martina si sarebbe allineato con motivazioni limitate e ambizioni ridotte: un campionato di transizione, per capirci. In terza serie, invece, sarà sufficiente salvarsi: e, con tre retrocessioni su venti squadre, si può fare, muovendosi con oculatezza. Pur partendo con un certo ritardo sui tempi. Perché, parlandoci chiaro, anche questa volta sarà molto più agevole aggirare la retrocessione in D che pianificare l’assalto alla C. Come accade da un po’ ormai. Sembrerà strano e, chissà, lo è davvero. Ma è assolutamente così. Fidatevi.

sabato 2 agosto 2014

Taranto e Il sospetto di un'occasione sprecata

Infine, il Taranto cambia proprietà: passando (non interamente) dal composito gruppo coordinato da Nardoni ai fratelli Campitiello. Che si ritaglia le quote di maggioranza e la responsabilità di risanare il bilancio. Non senza contare sull’appoggio di chi, sin qui, ha operato. Contraendo, dunque, quel disavanzo. Il travaso societario non è agile. E non è affatto celere: tanto che la piazza si ritrova immediatamente ad inseguire chi è partito in anticipo e bene (il Brindisi, ma non solo il Brindisi). E neppure indolore: le cicatrici di un’estate conflittuale si vedono tutti, ancora adesso. E si sentono. Ma la famiglia di Pagani ribadisce più volte di poter e voler assicurare, da qui in avanti, investimenti intelligenti e mirati. Dunque, un futuro solido. E duraturo. Non è poco. Intanto, però, il tempo scorre. E occorre varare staff tecnico e squadra. Designato il diesse (Montervino, il garante della trattativa) arrivano sullo Jonio, a rimorchio, l’allenatore (Favo, ex Maceratese) e qualche under. Un paio di volti conosciuti, poi, decidono di restare: Ciarcià, Mignogna. In attesa di altre conferme e nuovi ingaggi. Ma Taranto è la città dei due Mari e delle mille polemiche. Esaurito un argomento, se ne affaccia un altro. Il sentimento popolare, rilanciato da qualche organo di informazione, si sofferma sulla faccenda del mancato ripescaggio. Mancato soprattutto perché, prima, non viene formulata la domanda di ammissione alla nuova terza serie. Ufficialmente inevasa per pure motivazioni tecniche e amministrative (il passaggio di proprietà, cioè, si compie proprio quando i termini burocratici per allestire la pratica si stanno spegnendo). Ma, in realtà, rimandata per lunghe settimane. E mai seriamente considerata: per i costi che una domanda di ripescaggio comporta (anche le fidejussioni hanno un proprio prezzo). Per i dubbi che hanno accompagnato il travaso societario (chi avrebbe dovuto pensarci: la vecchia dirigenza o la nuova?). Per le remote possibilità attribuite all’accoglimento della richiesta. Però, in città si è sùbito allargato il sospetto che il passaggio di consegne si sia definito troppo tardi anche e soprattutto per bypassare questa situazione ritenuta economicamente scomoda . E per pianificare il domani del Taranto ripartendo dalla D, con calma. Puntando, prima di ogni cosa, al ripianamento dei debiti contrattiu dalla vecchia gestione del club. Sospetto, poi, diventato rabbia: perché la Lega di Macalli finisce per bocciare anche le ultime concorrenti rimaste in gara per il ripescaggio dalla D alla C (Correggese all’Akragas, prime delle graduatorie di merito, ma sprovviste di uno stadio dotato di tutti i requisiti). Mentre altre società, nel frattempo, si erano ritirate dalla corsa: dall’Arezzo al Matelica. Risultato: in terza serie rientrano tre club appena usciti dalla porta di servizio: la Torres, il Martina e l’Aversa. E già si maligna di uno scambio di favori, tra il re della Lega di C e il primo dirigente dei dilettanti Tavecchio. E, dunque, di un accordo a tavolino, per favorire il disegno del primo in cambio dei voti utili al secondo, che resta il candidato più saldo nella corsa verso la presidenza della FIGC. Tutto, cioè, sembra quadrare. Ma le perplessità, in riva a Mar Piccolo, affiorano ugualmente. E la sensazione è che - al di là dei calcoli economici, assolutamente meritevoli di essere considerati – il Taranto abbia sciupato un’occasione irripetibile. Malgrado uno stadio a norma, un bacino d’utenza di pregio, un prestigio largo e una società in via di risanamento. Eppure, già macchiata dell’alone della diffidenza della gente che tifa. Ancora prima di cominciare.