martedì 31 gennaio 2012

La Ternana insiste, il Taranto risponde

La Ternana insiste, vincendo al fotofinish. E il Taranto, ventiquattr'ore dopo, risponde. Faticando non poco, in fondo ad una partita sdrucciola, dal finale misterioso. Perchè gli jonici segnano (Di Bari), prima che l'assistente del direttore di gara ravvisi un'imperfezione (ma, in realtà, Mendicino non tocca il pallone e non cade in offside) e che l'arbitro ribalti successivamente la decisione, tra polemiche roventi. Il compito di Bremec e soci, al di là degli episodi che determinano il risultato, è comunque complicato, perchè il Sorrento si organizza, reagisce, si agita. E punge: colpendo anche un palo. Senza dimenticare come ci si difende: limitando e, alla lunga, stringendo la squadra di Dionigi, che pure sa verticalizzare. Ma che pure, al culmine della fatica, si disunisce un po', lasciandosi intrappolare dal nervosismo che sgomita. Quello stesso nervosismo che tradisce il tecnico, allontanato dal campo a metà percorso, in compagna del collega Ruotolo. E che sembra circolare liberamente all'interno del clan jonico, sin dalla vigilia del match. Quando prima la società e poi lo stesso coach chiedono alla gente che tifa di concedersi una pañolada di protesta. Ripiegando così sui fatti di Taranto-Benevento della scorsa stagione, costati alla società di via Martellotta un punto di penalizzazione. A fronte di quelli (nove) inflitti ai sanniti: sette dei quali, però, cancellati in due diverse puntate. Un particolare che, alla fine, avvicina scabrosamente la responsabilità del club jonico (presunta) a quella dei campani (oggettiva). Ingigantendo, nel contempo, il sentimento di diffidenza creatosi negli ultimi tempi attorno alla giustizia sportiva: che evidentemente, oggi molto di più di ieri, è permeabile alle pressioni politiche. Ma affondando, infine, il coltello nell'antica ferita: perchè, è giusto ricordarlo anche e soprattutto a chi finge di farlo, se il Taranto avesse inoltrato il ricorso in estate, avrebbe evitato la penalizzazione. E pure l'appello ad un'inutile e folkloristica pañolada.

lunedì 30 gennaio 2012

Lecce, un altro orizzonte

Magari, sta cambiando davvero qualcosa. Il Lecce, intanto, incomincia persino a vincere, a casa propria. E la prima volta coincide con un'occasione di gala, perchè a cedere è l'Inter di Ranieri, ancora ammaccata, ma pur sempre titolare di sette successi nelle ultime sette gare di campionato. Nella prova teoricamente più ostica, ecco il guizzo (di Giacomazzi), ecco la prestazione robusta, ecco la rabbia che bolle e che agita le coscienze. Uno a zero e torneo immediatamente rivalutato: nei numeri (il Siena, quart'ultimo, è a tre punti) e nelle argomentazioni (adesso, è tutto oggettivamente possibile). C'è, però, un ingrediente nuovo che aggiunge sapore alla causa salentina: quell'entusiasmo sino ad ora sconosciuto, sul quale lo stratega Cosmi sta cercando di impalcare il suo modo di vedere (e vivere) il pallone e ogni partita. Una sola impresa, ovvio, non è sufficiente. Il punto nodale rimane quello di sempre: la continuità. E, chiaramente, anche l'allenatore sa benissimo che i problemi strutturali non sono completamente piegati. Tuttavia, le ultime uscite del Lecce sono assolutamente itineranti, beneaguranti. La squadra - non è poco - è più presente, ora. E sembra poter finalmente disporre del proprio destino. E' meno remissiva e osa di più. La resistenza difensiva è lievitata (è un po' che la squadra non subisce gol). Psicologicamente, il suo condottiero deve aver martellato il gruppo. Probabilmente, gli ultimi arrivi diventeranno anche propedeutici al progetto. E, in definitiva, tutte le chances potranno essere giocate, sino in fondo. E' esattemente quello che l'ambiente intero chiedeva. Il Lecce, cioè, si è risvegliato in tempo. Comunque, sembra pronto alla battaglia. Il prossimo passo, adesso, è non adagiarsi sulla delizia di una competitività recuperata. Per questo, Cosmi sorveglierà, ringhiando. Poi, vada come deve andare. Almeno, la suspence sarà garantita, sino a maggio.

domenica 29 gennaio 2012

Nardò, avanti piano. Con piena soddisfazione

Avanti piano. Pareggio dopo pareggio. Punto dopo punto. Non corre, il Nardò: ma si muove. Lentamente. Ma quanto basta per mantenersi, in classifica, su livelli di alta decenza. Lontano dalla zona che infastidisce. Anzi, molto di più: a ridosso della zona playoff. Che, sia chiaro, non è - da tempo, ormai - un obiettivo. Cambiato in corso d'opera. La formazione di Longo, piuttosto, guarda interessata ai quarantuno, quarantadue punti: che significano permanenza matematica (anche se, forse, ne serviranno di meno). Facendo i conti, mancano ancora sei, sette punti: con quasi mezzo campionato da giocare. La seconda (e giovane) versione del Nardò si accontenta e rosicchia terreno: senza abbagliare, ma senza neppure vacillare. Anche con il Casarano, nel derby del sabato, il pareggio viene salutato con simpatia: se non altro, perchè ancora una volta la gente granata è costretta a rincorrere il risultato, risolvendo la questione nella parte centrale del match. Segno evidente che, al di là dell'attuale cifra tecnica, questo collettivo possiede attributi, carattere, stimoli. Qualità, peraltro, per nulla smarrite, nonostante il travaso di metà stagione. Però, malgrado i problemi e le difficoltà incrociate sul percorso, va dato atto che il trainer ha saputo inculcare (o conservare) in questo gruppo anche un'identità precisa. La tifoseria, del resto, sta apprezzando gli sforzi di chi scende in campo. E la sostanza dell'apporto che piove dagli spalti è una gratificazione solida.

mercoledì 25 gennaio 2012

Il Lecce e la grinta di Cosmi

Sempre meglio fuori che in casa. Il cammino del Lecce è beffardo, oltre che incerto. Ma, intanto, sul rettangolo di via del Mare piove un pareggio: che è già un risultato, considerati i precedenti. Ed è un pareggio inseguito, voluto, strappato: al Chievo, in vantaggio anche di due lunghezze, e raggiunto dalla sete della gente di Cosmi. Tecnico che, come nella migliore delle letteratutre sportive, si appropria di molti meriti in virtù della grinta che predica e pretende da chi allena. Del resto, è difficile non associare le due idee: se non altro, perchè il Lecce che ieri si faceva rimontare, oggi sa persino rimediare. Anche nelle pieghe dell'ultimo match, peraltro, s'intravede nel collettivo un pizzico di sacro furore in più. Che, certo, non nasconde le esigue risorse della squadra (quelle difensive), ma che pure accresce le speranze. Legate, a questo punto, ai migliori momenti di uomini navigati e importanti come Di Michele o Giacomazzi: elementi ultimamente cresciuti nel quoziente di rendimento. O al recupero definitivo del roccioso Carrozzieri: di cui si avverte il bisogno, soprattutto quando non c'è. Ovviamente, però, impattare (in pieno recupero e inferiorità numerica) con un avversario talvolta rognoso, ma niente affatto inaffondabile come il Chievo non può e non deve sollevare: nè la società, nè l'ambiente. Che, intanto, accoglie due nuovi protagonisti, Blasi e Miglionico. Mentre un nome dal discreto passato e dall'esperienza solida (l'ex nazionale Grosso) ha deciso di rifiutare la proposta di trasferirsi in Salento. Poco appetibile, non solo per la classifica: ma anche per il sostanziale regime di austerity attorno al quale si è arroccato il club. Un club che deve scegliere cosa fare del proprio futuro: cioè reinvestire compiutamente, oppure affidarsi solamente (o quasi) alla determinazione delle squadre di Cosmi, rischiando seriamente la retrocessione. E il salasso economico che la caduta in seconda divisione comporterebbe.

martedì 24 gennaio 2012

Lievita il Foggia di Stringara

Non è il Foggia temprato di coraggio e prossimo all'eroismo di Benevento, dove resiste in nove contro undici e, infine, esulta. E neppure quello di una settimana dopo, cioè il solito Foggia un po' frenato (anche dalle contingenze) che, in casa, si deve accontentare del pari con una big, la Pro Vercelli. Con il Pisa, ancora allo Zaccheria, la formazione di Stringara s'impossessa da sùbito della partita, stringendo l'avversario: fluida e larga, la manovra si autoalimenta di motivazioni ed entusiasmo. Corsa e fame: le premesse sono promettenti. Agodyrin e soci, anzi, sfuggono, insistono, graffiano. Giostrando con consapevolezza, ritmo, personalità. Il vantaggio (firmato Venitucci) è legittimo. E anche appagante, in un certo senso: perchè, poi, il Foggia comincia a contenersi, provando a riflettere. Pur mantenendo possesso di palla ed iniziativa: esibite, tuttavia, con maggior discrezione. Pure nella seconda frazione di gioco, intanto, non manca il sacrificio (il Pisa, del resto, cerca di reagire): quanto basta per percepire che il Foggia, lentamente, si solidifica e s'irrobustisce. Venendo fuori dall'antipatico status d'incompiuta. E' un particolare, questo, che finisce per inorgoglire il tecnico: il cui lavoro, da quando è sceso in Capitanata, non è sempre stato suffragato da prestazioni di alto spessore, ma comunque segnate da una lievitazione graduale. Sia per quel che riguarda il collettivo, sia per quello che concerne i singoli. Attraverso la maturazione dei quali transiteranno molte fortune di una formazione già sufficientemente lontana dalla zona che scotta e ancora abbastanza lontana dal quartiere playoff. Cioè, un traguardo mai perseguito. E, per questo, ragionevolmente incapace di distrarre o condizionare l'ultima parte della stagione.

lunedì 23 gennaio 2012

Il Barletta è davanti a un bivio

Perdere il derby è peggio che perdere un qualsiasi altro match. Anche perchè la caduta di Andria costa al Barletta una fetta di credibilità e, innanzi tutto, la posizione di immediato rincalzo alle prime della classe. Ma è, calci di rigore assegnati e non visti a parte, lo spessore della prestazione a coagulare nuovamente quesiti ed ombre sul campionato della formazione di Cari: che non interpreta gli ultimi novanta minuti con l'autorevolezza di una pretendente al salto di categoria. Riaprendo, di conseguenza, il dibattito sul lavoro complessivo del coach di Ciampino, puntualmente criticato quando la sua gente dovrebbe imporre la propria caratura tecnica. Inutile, del resto, girarsi attorno: Cari non ha mai convinto sino in fondo la tifoseria. Per l'insuffieciente regolarità dei risultati e per le modalità di calcio prodotta. Anche se, ancora oggi, la classifica non castiga eccessivamente: perchè il campionato corrode i punti a chiunque, quando le pretendenti ad un unico obiettivo sono troppe. Resiste, però, un'altra verità: il Barletta, cioè, latita ad ogni appuntamento importante. Come un derby, appunto. Che l'Andria affronta con più puntiglio, anche con più rabbia. Risolvendolo, peraltro, in prossimità del fotofinish. E festeggiando la prima di Cosco, che tributa parte del successo al proprio predecessore. E che Mazzeo e soci, di contro, sembrano affrontare con un po' di sufficienza. Quanto basta per scoraggiare la torcida, che crede sempre meno ad un lieto fine. Mentre la società proibisce ai propri tesserati di parlare, a fine match. Istituzionalizzando il disappunto per certe decisioni arbitrali: nonostante sia giusto ricordare che, a match in corso, il Barletta annulla il vantaggio avvarsario, arrivato dagli undici metri senza capirne le motivazioni. Il silenzio stampa, tuttavia, mette in preventivo altre operazioni, come spesso accade in casi come questo. E, allora, pare proprio che squadra e società si ritrovano improvvisamente davanti ad un bivio. Traducendo, entro giovedì potrebbe accadere qualcosa: se il club crede nella necessità di una scossa, questo è il momento delle decisioni forti.

sabato 21 gennaio 2012

Chi sa, adesso, parla. E il Bari trema

Cominciano a galleggiare le prime verità. La nuova puntata della grana calcioscommesse potrebbe spazzare molta più gente (e molti più club) di quella precedente. Perchè i protagonisti di una o più combine, adesso, parlano. Non tutti, ma qualcuno: quanto basta per allertare le procure e per preoccupare il movimento del pallone. Uno di questi è Andrea Masiello, un presente dedicato all'Atalanta e un passato (recente) nel Bari. Proprio quel Bari retrocesso con qualche mese di anticipo in serie B. Che, per esempio, a Palermo avrebbe trattato la propria sconfitta con un paio di gol di scarto. Senza riuscirci, peraltro: facendo saltare un over economicamente interessante. Ma che dovrebbe essere entrato nel vortice vizioso di altre contrattazioni: un particolare, peraltro, sùbito intuito da chi tifa. Come certe irruzioni nel corso degli allenamenti infrasettimali lascerebbero capire. Aspettiamo e vediamo: ma le premesse, da sole, sono scoraggianti. E l'esperienza di questi ultimi anni ci fanno pensare al peggio. Soprattutto perchè i nomi e i cognomi di presunti corrotti e corruttori lievitano, giorno dopo giorno. Destabilizzando l'ambiente e producendo, nell'immediato, il primo danno alla società di via Torrebella, ancora prima che qualsiasi sentenza possa esere inflitta. Perchè spiegare il caso all'opinione pubblica è arduo assai, ma convincere un eventuale compratore (sempre che esista o esista ancora) del titolo sportivo e del marchio Bari è, da oggi, praticamente impossibile.

venerdì 20 gennaio 2012

Buongiorno, Cosco

L'idea di dimettersi (le prima volta o la seconda, o in entrambi i casi) può rientrare. E il malumore di una società può acquietarsi. Ma i segni di un'elaborazione difficile del momento restano. Soprattutto, se la tifoseria scalpita, pressa. E, come spesso accade ad Andria, incide. In fondo al viale, allora, Di Meo non ci arriva, abbandonando prima del tempo. Se, poi, si tratta davvero di dimissioni o, più propriamente, di esonero non lo sapremo mai. Ma cambia poco. Il timoniere è nuovo e si chiama Vincenzo Cosco: è molisano, ha già allenato il Campobasso e, precedntemente, anche in Abruzzo (Valdisangro). Dicono che il carattere non gli manchi: proprio come a Di Meo. E qualche espressione un po' fumantina che ricordiamo lo conferma. La sua nuova sfida, comunque, è cominciata. E non è una sfida semplice. Perchè l'ambiente si è un po' depresso, ultimamente. E perchè l'ultima caduta, quella di Cremona, ha peggiorato la classifica. Anzi: la squadra, recentemente, si è appesantita, impigrita. Giocando poco. E spesso male. Proprio la prestazione di domenica, palesemente svogliata, dovrebbe aver convinto la società a girare pagina. Società che, evidentemente, ha chiesto al nuovo condottiero di recuperare, prima di tutto, il gioco. Che, solitamente, conduce al risultato: un evento che latita ormai da troppo tempo. Abbastanza per convincersi che era il momento di cambiare. Nel solco della tradizione: pechè, ogni stagione, l'Andria affida la propria panca a più di una persona. Trovando, sin qui, convenienza. Tecnica, più che economica. Oppure, tatticamente parlando: tralasciando la stabilità del progetto. Ma per quello, si sa, c'è sempre tempo.

martedì 17 gennaio 2012

Brindisi, penultima occasione persa

Il Brindisi si scopre l'alleato migliore del Martina. Il punto guadagnato a Sarno dalla formazione di Maiuri (e, innanzi tutto, i due persi dai campani) aiutano i valditriani a conservare il primo podio, riaccendendo contemporaneamente qualche appetito in riva all'Adriatico. Alla fine, però, da quelle parti il rammarico sgomita e vince. Sempre in vantaggio (prima per due a zero, poi per tre a due), Galetti e soci sprecano l'occasione per rilanciarsi davvero: oltre tutto, nel turno di campionato teoricamente più ostico. Il coach (addirittura vicino all'esonero, in caso di sconfitta: alcune fonti confermano) non nasconde l'irritazione, nonostante la prestazione di prestigio, condita di coraggio e di rabbia. E parla più o meno apertamente di scarsa fiducia nelle proprie possibilità da parte di un gruppo che, nel corso della ripresa, offre l'impressione di sentirsi insicuro. Però, da un'altra angolazione, è la prima volta che la versione riveduta e corretta del Brindisi (in pratica quello della gestione Maiuri) offre un primo tempo irrorato di personalità e venato di iniziative. S'intravede, cioè, una certa lievitazione sotto il profilo temperamentale e, probabilmente, anche dal punto di vista tattico. Ovvio, poi, che questa squadra non possa permettersi nè pause, nè mezzi risultati: il ritardo in classifica non è un'opinione e le ambizioni rilanciate dalla campagna di rafforzamento non ammettono involuzioni. Il tempo, dunque, lavora alacremente contro, scorrendo veloce. Tanto da sottoporre al Brindisi un diktat semplice semplice: domenica (al Fanuzzi arriva l'altra capolista del girone, l'Ischia) si consuma l'ultima possibilità di reinserirsi nel discorso di vertice. Dentro o fuori, punto. Senza successo, non ci sarà appello: questo è palese. Nè basterà soltanto frenare il passo degli isolani. E neppure la partecipazione emotiva (e interessata) del Martina, il cui destino sembra transitare anche e soprattutto per i piedi e i muscoli di un collettivo lacerato da quella guerra societaria e intestina di metà stagione. Molto più seria e più duratura di quello che pensavamo. E molto più dannosa di quanto temevamo.

lunedì 16 gennaio 2012

Il Bari e il vero obiettivo

Ben venga ogni trasferta. Dove il Bari sembra essersi affezionato all'idea di riappropriarsi di un po' di quella credibilità che, puntualmente, sperpera in casa. A Varese, poi, va anche meglio di altre volte. Perchè la gente di Torrente riesce persino a non farsi rimontare. Questa volta i due gol (ancora a segno Caputo, ancora in rete Stoian) fortificano e impermeabilizzano la squadra, che tiene sino alla fine, senza concedere niente all'avversario. E allontanando il sospetto di un collettivo incapace di conservare il vantaggio. Inutile, però, confidare in qualcosa di più. O meglio: la sensazione è che il campionato di Donati e compagni è questo. E che questo rimarrà sino alla fine. Ovvero, intarsiato di esitazioni e risvegli, di amnesie e slanci, di debolezze e improvvise dolcezze. E' una questione di valori, di maturità. Ed è bene abituarsi al concetto. Garantirsi la permanenza, cioè un'operazione che sta riuscendo con successo, è esattamente quello che si può e deve chiedere, pretendere. Sbirciare verso la sesta piazza, ovviamente, non è un reato, ma ci sembra una soluzione priva di senso pratico. Tanto per essere chiari. Non è una stagione, questa, adatta a sognare. Non può esserelo, per tanti motivi: tutti ben conosciuti. E per una serie di premesse tecniche, giusto per non oltrevarcare i limiti del rettangolo di gioco. Sempre che, come si sussurra, la società non ricorra agli ultimi giorni di mercato per puntellare il progetto. Eventualità che, peraltro, stona, speronandosi con l'attualità. Perchè, se è vero che la società ha faticato (e faticherà) a saldare gli stipendi, è difficile capire dove troverà le energie per finanziare il restyling. Diventua arduo, allora, decodificare certe fantasie che, ultimamente, circolano più o meno sommessamente nell'ambiente. E, soprattutto, credere ad un Bari più competitivo nel rush finale. Anche se qualche cessione importante (Donati) potrebbe teoricamente finanziare il maquillage. Qualsiasi illusione, piuttosto, di questi tempi non può pagare. E non è il momento di fare finta di nulla. Più conveniente, invece, è convincersi della realtà. E accontentarsi di quello che c'è: cioè, un Bari non troppo distante dalla salvezza sul campo, malgrado la crisi del club (in altre piazze, alle stesse condizioni, è andata peggio). Un club alla ricerca di un futuro più stabile. Obiettivo per il quale necessiterà attrezzarsi, forzando i tempi. Perchè, se alla fine occorrerà scontrarsi con l'amarezza di un fallimento, è preferibile digerirlo sùbito, a campionato in corso. Sfruttando l'unica possibilità di mantenere il titolo: questa è la priorità.

domenica 15 gennaio 2012

Martina, leader per un giorno

Leader per ventiquattr'ore. Nel peggiore dei casi. Il sabato che il Martina passa a Matera trascina buone notizie (uno a zero, ancora una volta è decisivo De Tommaso, il migliore sull'erba del Salerno), in attesa della domenica e del risultato della Sarnese. Gioca con densità, la squadra di Bitetto: o meglio, con la consapevolezza che il discorso promozione deve necessariamente transitare da un approvvigionamento frequente nei match programmati lontano da casa. La vittoria, peraltro, non è semplicissima: se non altro perchè i lucani, sùbito il gol, reagiscono con vivacità, evidenziando ancora una volta un po' di ruggine nella fase di non possesso avversaria e, particolarmente, nei paraggi della terza linea. Però, il Martina cerca (e trova) praticità: niente affatto una cattiva idea. Gli input del tecnico, peraltro, sono chiari: Chiesa si accomoda nuovamente in panchina e quella che sembrava una scelta temporanea (era accaduto anche sei giorni prima, al Tursi) potrebbe essere diventata una consuetudine. Meglio: un segnale preciso. Per il giocatore e la società. Come pare un segnale anche l'ennesima esclusione di Ottonello, neppure in lista. Però, ed è quello che conta, la squadra produce. Dimostrando, oltre tutto, di conoscere i tempi utili per forzare la resistenza altrui. Anche se troppe occasioni sprecate, in trasferta (a Matera è accaduto nei primi venti minuti di gioco), non sono mai un argomento banale. Perchè, se è vero che sottintendono una certa abilità creativa, non risparmiano un concetto: non tutti, cioè, sono e saranno troppo permissivi come il Matera. E, adesso che i punti cominceranno a valere davvero doppio, gli spazi scarseggeranno puntualmente. E' conveniente regolarsi, sin da oggi.

sabato 14 gennaio 2012

La fatica dell'Andria

Tanta fatica. L'Andria è in difficoltà: tecnica. E' già caduto, per esempio, tre volte in casa, dall'inizio del campionato. E domenica, di fronte allo Spezia dei cognomi (davanti circolano Evacuo, Iunco e Vannucchi, tutti assieme), ha collezionato la seconda sconfitta di sèguito sull'erba amica. Non va, no. E lo sa anche Di Meo, il coach che ha visto lentamente depauperarsi la dote di carattere e di solidità che aveva caratterizzato, sotto certi aspetti, la prima parte della stagione. L'allenatore si è anche corrucciato, lamentandosi del comportamento della squadra: dopo aver persino rimesso il mandato, recentemente. Ma niente: non sgorga gioco e l'Andria non punge. Di più: la resistenza è debole e basta un minimo di organizzazione (altrui) per soccombere. Il mercato, intanto, fa quello che può: poco. La società è bloccata da una liquidità scarsa. Anzi, qualcuno è partito. Innocenti, tanto per fare un nome. L'attaccante ha accettato l'offerta del Fano, C2, vicino casa. Chiudendo in anticipo la sua avventura: deludente. Parlano le cifre. E i voti ricevuti in pagella, domenica dopo domenica. Dopo l'esperienza negativa di Barletta, anche il soggiorno ad Andria non ha convinto: sintomo del declino di un artigliere importante (e stagionato) su cui avevano poggiato le fondamenta parecchie speranze della piazza. Probabilmente, il flop dell'Andria (che non ci attendevamo, siamo sinceri) si spiega anche così. Anche se, da solo, questo particolare non basta per capire.

mercoledì 11 gennaio 2012

Lecce, ora servono gli uomini giusti

La Juve appesantita del nuovo anno è sufficiente a forzare il flebile castello di intenzioni del Lecce. La classifica della formazione di Serse Cosmi, così, non si muove. E, anche se non sono questi i match su cui confidare per immagazzinare ossigeno, la preoccupazione aumenta. Anche perchè c'è un indizio maligno che corrode ogni ottimismo di maniera: quel solo punto guadagnato sull'erba di casa da settembre in poi. Praticamente niente. Cioè, un'ammissione di sofferenza cronica. La prestazione di domenica, peraltro, non è propriamente deficitaria. Certo, dietro si soffre ancora parecchio. E le distrazioni, si sa, costano immediatamente punti e morale. Infine, puntualmente, qualcosa, si sperpera, appena la squadra si affaccia nei sedici metri altrui. In pratica, il Lecce si dibatte, prova a mantenersi vivo: ma non dispone, allo stato, di quello spessore per supportare la propria voglia di salvezza. Riesce a galleggiare sino ad un certo punto: pero, quando occorre iniettare sostanza alla prestazione, s'involve e affonda. Nove punti dalla soglia della permanenza (le quart'ultime, Bologna e Siena, hanno sin qui realizzato esattamente il doppio del Lecce) spiegano molto, intanto. E non lasciano troppo spazio alle interpretazioni. Proprio quello che fa Cosmi, a fine gara. Il concetto di fondo è riassunto in poche parole: «Dobbiamo rafforzarci, ma non con gente qualunque. E neppure con gente di grandissimo livello. Serve, piuttosto, qualcuno che sappia leggere le situazioni di ogni match». La lista della spesa possiede indicazioni precise: il problema, adesso, è interamente della società: il trainer si è già riparato sotto il tetto. Comprensibilmente.

martedì 10 gennaio 2012

Barletta, match incompleto

Attesa e ripartenza. Il gioco facile e un po' sparagnino del Barletta, a Frosinone, sembra redditizio. Per oltre un'ora. Ma un penalty che non esiste riapre il confronto, che poi i ciociari chiudono immediatamente, completando il sorpasso. L'inferiorità numerica della formazione di Cari, poi, fa il resto: anche se, proprio in dieci contro undici, Mazzeo e soci osano qualcosa di più. Comincia bene, il posticipo del lunedì sera: contropiede felice e vantaggio prezioso, dopo una decina di minuti. Che annienta l'appetito dei laziali, costretti a girare attorno alla gara, senza incidere. Il Barletta è serafico, concreto. Non troppo agile, ma solido. E pare proprio un'occasione da ricordare. Magari si potrebbe approfittare della situazione, intensificando il ritmo: giusto per spegnere qualsiasi futuro ardore avversario. Anche se, in fondo, la squadra regge senza difficoltà. L'episodio del calcio di rigore spacca la partita, la reinventa. E il rush finale è amaro. Il Barletta, probabilmente, non merita troppe censure. Eppure, l'impressione di un match incompiuto rimane intatta. Diciamola tutta: una partita a Frosinone vale e non va sottaciuta la delicatezza dell'operazione. Oltre tutto, la vittoria che si sta modellando pretende tutte le prudenze del caso. Ma chi, come il Barletta, continua a nutrire certe ambizioni non può limitarsi solo e soltanto a gestire il vantaggio. Che, piuttosto, va onorato, cioè legittimato. Oppure, semplicemente difeso: ma non passivamente, per tutta la ripresa. Il successo va conquistato, sempre. E non basta sedersi ed aspettare che piova dal cielo. Non in certi frangenti, almeno.

lunedì 9 gennaio 2012

Ecco il Martina formato grandi eventi

Assale gli spazi e gode. Ricambia il favore e soffre. Per il bene del calcio, che vive necessariamente di emozioni, quindi di gol, ovvero di opportunità da rete. Il Martina che trova l'avversario di pari grado si industria, si galvanizza. Rischiando persino di soffocare. Ma, appena il momento buio passa, anche di asfaltare il risultato. Sino a riaprire negli ultimissimi minuti uno score già chiuso a chiave. Contro l'Ischia, nel match clou della domenica (prima contro terza) accade molto, in un'altalena di situazioni: svantaggio, pareggio, nuovo svantaggio, nuovo pareggio, sorpasso, decollo, frenata finale. Ma, alla fine, il successo (quattro a tre) premia chi non si scompone neanche un po', pure quando il confronto comincia a scottare. La Sarnese, certo, non fallisce ad Oppido e la vetta sfugge: ma c'è ancora tempo e modo per chiarire la questione. Il divertimento non mancherà, diciamo così. Però, dalla prestazione con il Casarano (roba di qualche tempo fa) in poi, la formazione di Francesco Bitetto sembra aver contabilizzato qualche regresso, nelle situazioni difensive: e il fatto non merita di essere trascurato. Mentre in fase di possesso il saldo resta altamente soddisfacente. Sommando gli indizi, tuttavia, esce un quadro complessivo più acerbo, diretta conseguenza di un equilibrio non ancora pienamente raggiunto. Al di là della stranezza di molti episodi di un match - quest'ultimo con l'Ischia - che, appunto, ricorda quello con i salentini. La partita, è una sensazione, diventa più credibile solo dopo il due a due: solo allora si stabiliscono le gerarchie, si definiscono le priorità. Solo allora si disciplinano le forze sparse sul campo. L'aggressività positiva del Martina, però, è insindacabile. Ed è insindacabile pure la migliore geometria del calcio di Basile e compagni. Malgrado la qualità globale della prova non sia cristallina, come invece lascerebbe capire davanti ai microfoni il trainer, dopo il novantesimo. Ma Bitettto deve pur valorizzare la propria merce, provando a fortificare l'ambiente: c'è bisogno anche di questo. Soprattutto alla vigilia di una trasferta (sabato sul campo del Matera) che il Martina dovrà affrontare con convinzione e autorevolezza: una condizione che l'allenatore deve inseguire nelle gare teoricamente più abbordabili. Cioè, l'assillo più grande per un gruppo che, invece, ha dimostrato ancora una volta di saper navigare nel mare dei grandi eventi.

domenica 8 gennaio 2012

Bari, difetti di crescita

Ogni partita è una storia diversa. Non per il Bari, però. Non per il Bari testardamente ottuso, autolesionista per vocazione. La trasferta di Gubbio, quella dell'ultimo venerdì, è un'occasione (persa, appena creduta vinta) per scrollarsi qualche assillo e un po' di quesiti irrisolti e per rasserenare un ambiente oggettivamente (e ragionevolmente) abbastanza depresso: non solo per le questioni di campo, ma anche per gli sviluppi deludenti dell'affaire societario. Il doppio vantaggio maturato nella prima mezz'ora della seconda porzione di match (in gol, per due volte, Caputo: a proposito, è un'ottima novità) non serve tuttavia a congelare la vittoria, schiacciata dal peso di un penalty (causato dall'argentino Polenta, anche espulso) e dal due a due timbrato dagli umbri: tutto in cenoventi secondi. Un film già proiettato in altre sale, altre volte, seppur con particolari differenti: cioè, un ulteriore segnale di immaturità, come cerca di spiegare Torrente davanti ai microfoni. E anche un ennesimo segnale di debolezza psicologica: perchè il nuovo calo di tensione (errori individuali e inferiorità numerica a parte) non può essere incasellato nell'elenco dei casi fortuiti. Ma, piuttosto, in quello dei limiti congeniti di una squadra che, a metà del tragitto, non riesce a scoprirsi adulta.

mercoledì 4 gennaio 2012

Squadra e D'Addario: il peso della distanza

Contenzioso chiuso: per un po', almeno. Chi gioca percepisce un po' di contante, chi amministra si riappropria di un minimo di privacy, rasserena la piazza delusa e torna a blindare la sua credibilità di imprenditore robusto e solvente. Il Taranto riparte: un po' meno ammaccato, un po' più sereno. Sciopero rientrato: non appena si esaurirà la pausa di metà stagione, sarà (dovrebbe essere) solo calcio vero. E un campionato da continuare ad onorare. Anzi, di più: da inseguire. E ricordare a lungo. Perchè patron D'Addario è stato chiaro, anche nei giorni più cupi, anche in mezzo al vortice delle incertezze: la squadra di Dionigi deve puntare alla B. E in seconda serie finirà, di sicuro. Più di un augurio, più di una speranza. E più di un metodo mediaticamente efficace per controbattere agli scherzi della realtà: rilanciare, molto spesso, è la maniera migliore di sopravvivere alle tempeste. Certo, la questione ha segnato i protagonisti, l'ambiente tutto. Sollevando qualche rancore, partorendo molte inquietudini sin lì soffocate. E allargando il solco tra la proprietà e i dipendenti. Siamo curiosi, perciò, di capire sino a quanto la vicenda legata alla tardiva corresponsione degli stipendi possa aver alterato gli equilibri del Taranto. E, soprattutto, i rapporti interpersonali. Non è una faccenda da poco: la vivibilità di ogni giorno avvicina i risultati. E, senza di quella, i successi non sbocciano. Del resto, proprio D'Addario, nelle ore immediatamente successive alla minaccia di sciopero proclamata dalla squadra, ha affondato il coltello, assicurando che faticherà a dimenticare quel gesto e, probabilmente, anche i giorni caldi di dicembre. Non proprio una dichiarazione conciliante. Non proprio un intervento distensivo. Abbastanza per rendersi conto che più niente, da qui in poi, potrebbe essere come prima.