giovedì 29 settembre 2011

Barletta, prime fibrillazioni

Si sparge l'impressione che il Barletta abbia lasciato il lavoro a metà. E chi ha visto la squadra perdere a Lanciano, nel clou della domenica, giura che la gente di Cari sia stata punita dall'indolenza o dalla pigrizia, prima ancora che dall'avversario. Niente affatto trascendentale, raccontano le cronache: malgrado la leadership del girone conslidata (e, comunque, sùbito smontata da una penalizzazione per inadempienze economiche della società, arrivata ad inizio di settimana). Il Barletta, cioè, potrebbe e non vuole: accontentandosi del pari, che sfuma poco prima della conclusione del match. Ma, al di là di qualsiasi introspezione e approfondimento della trasferta abruzzese, fa discutere quello che avviene immediatamente dopo il rovescio. Tatò, presidente che ha speso e pretende, si lascia scappare un paio di frasi intrise di disappunto e vagamente minacciose. E, così, per le strade, sul web e sugli organi di informazione comincia a circolare l'opzione di un avvicendamento tecnico (Mario Somma per Marco Cari). Certi segnali malvagi raccolti nel derby di sette giorni prima e persino a Prato, fa sapere il numero uno del club, trovano conferma a Lanciano: non va bene, in questo modo non si va avanti. Questo - parola più, parola meno - il concetto. Più tardi, proprio Tatò correggerà qualcosa, sgonfiando il caso e allontanando (per ora, almeno) l'ipotesi di un esonero inimmaginabile, appena due settimane fa. Ma le fibrillazioni da scoramento non aiutano (e non aiuteranno) il Barletta. E la pressione (quella interna, soprattutto) non faciliterà il compito del coach e della squadra. In una realtà calcistica che non necessita di ulteriori stimoli, ma di tranquillità. E dove basta poco, per ingolfare il motore.

mercoledì 28 settembre 2011

Fortis, tre punti di tregua

La trasferta felice di Oppido (due a uno in casa della Cristofaro) allevia le sofferenze del Trani, ne addolcisce il morale e smacchia l'alone di diffidenza ultimamente creato dall'ambiente sulla figura di Franco Dellisanti, tecnico chiamato per rilanciare il blasone del pallone sull'Adriatico pur senza disporrre di un organico di primo livello. I primi passi in campionato, del resto, parlavano di una squadra claudicante, persino dimessa, senza forza penetrativa (Guardabascio non garantisce un numero di realizzazioni particolarmente alto e il solo Artiaco non basta: anche per questo è recentemente approdato Sallustio, che disporrà di entusiasmo, ma non esperienza). Il successo di domenica, tuttavia, non autorizza a tranquillizzarsi eccessivamente, anche per lo spessore dell'avversario, oggettivamente modesto, come i numeri cofermano brutalmente. Ma, di sicuro, la scorta di buon umore non potrà non agevolare il compito che attende ora la squadra e, soprattutto, il coach, storicamente permeabile alle situazioni roventi. Scenario, questo, che il presidente Abruzzese non aveva probabilmente inserito in preventivo, in sede di campagna acquisti. Puntando, anche e soprattutto per inderogabili ragioni di bilancio, sulla nostalgia e sulla forza di un cognome strettamente legato ad una storica impresa, piuttosto che sulla competitività dell'organico. Della quale anche un big, peraltro un po' sbiadito, come Dellisanti non può fare a meno. Se non altro, perchè i miracoli, generalmente, non si ripetono spesso.

martedì 27 settembre 2011

Bari, c'è solo il risultato

La seconda vittoria del Bari arriva esattamente dove arrivò la prima, cioè a Modena, che è pure la casa del Sassuolo. Ed è un successo che si fa trascinare dai calci di rigore, assolutamente fondamentali per sorridere: Marotta ne trasforma due, sollevando la rabbia degli emiliani, che contestano con forza. Senza, con questo, promuovere pienamente la formazione di Torrente: rinfrancata dal risultato, che potrà aiutare a vivere e lavorare meglio, ma non ancora guarita. Malgrado il successo arrivi, oltre tutto, in inferiorità numerica (Forestieri si fa cacciare). Onestamente, le decisioni del direttore di gara influiscono pesantemente su un match in cui il Bari conferma, tra gli altri, i disagi di una condizione atletica tuttora insufficiente (l'avversario, quando serra i ritmi, lo costringe ad una fase di non possesso affannata). Però, se non altro, la squadra acquista più considerazione di se stessa, compiendo un passo avanti nella ricerca di una propria identità definitiva. L'entourage adriatico, tuttavia, fa bene a non celebrare eccessivamente i tre punti: segno che, negli spogliatoi e dietro le scrivanie, il realismo è moneta corrente. E che certe dichiarazioni affrettate del passato recente hanno impartito la lezione.

lunedì 26 settembre 2011

Martina, incidente di percorso

Incidente di percorso. Come la tifoseria si augura, evidentemente. Che va inserito in preventivo. Incidente senza conseguenze irreparabili, intanto. Timbrato dalle modalità con cui si evolve il match. Primo pareggio in casa, che un po' sgonfia gli entusiasmi. Zero a zero vagamente scialbo: che il Martina incarta, accontentandosi. E guardando ad occasioni migliori. In cui, magari, l'avversario accetterà il discorso. Comincia male: la Viribus si organizza strenuamente a difesa del risultato minimo, irretisce la manovra della gente di Bitetto, spezza sapientemente ritmo e fraseggi e blocca le corsie coperte da De Tommaso e Portosi. Il Martina non si esprime come altre volte: del resto, assente per un malanno Irace, la coppia mediana (Fiorentino più Selvaggio) non garantisce rifornimenti ed ispirazione. Chiesa, utilizzato da principio come seconda punta, ripiegare a metà della prima frazione di gioco e qualcosa comincia a vedersi: l'argentino può, così, suggerire e infilarsi con più efficacia. Il 4-2-3-1 sembra, in pratica, più convincente: il gol, però, non arriva. Neppure più tardi, malgrado l'ingresso dell'artigliere più titolato, Pignalosa, a cui il coach chiede almeno mezz'ora. Il nuovo modulo (4-4-2) porta. però, Chiesa sulla fascia di sinistra, lontano dalla zona in cui si decide il destino della partita, e il problema si ripropone. Il Martina non crea e non si passa. La Viribus, poi, non cede: nè tatticamente, nè psicologicamente. E, anzi, finisce per recriminare: perchè l'occasione più importante è proprio dei vesuviani, profeti di un calcio scomodo e scorbutico. Al quale, tuttavia, sarà bene abituarsi: sono situazioni, queste, che si riproporranno. E' garantito.

venerdì 23 settembre 2011

Foggia, pagina girata

Il giovane Foggia di Bonacina non è il giovane Foggia di Zeman. Meno spettacolare, ma anche meno sprovveduto. Meno temerario, meno imprevedibile. Rischia meno e, probabilmente, anche meno spaventa. Un altro Foggia, ecco: meno appariscente, nel bene e nel male. E meglio mimetizzato nelle pieghe del torneo in cui si è infilato con riverenza, coraggio e tatto: ripromettendosi di crescere, in silenzio. Va incontro alla solidificazione, il Foggia, ma senza eccessi. L'avvio del cammino (sconfitta interna con il Benevento, una delle big della terza serie) avrebbe scoraggiato molti. Invece, poi, sono piovuti due pareggi, di fila. Entrambi ottenuti altrove: Vercelli e Pisa. E non senza meriti. Ma con un atteggiamento grintoso e positivo, malgrado un po' di cose da limare (necessita miglior risolutezza negli ultimi sedici metri, innanzi tutto). No, non è il Foggia dei sogni. E non è un giovane Foggia d'assalto, cioè il Foggia di Zeman. La pagina è girata, definitivamente. Davanti, solo il traguardo della tranquillità: l'unico possibile, in questo momento. Poi, se imparerà a galleggiare, questa squadra potrà migliorare: anche gli obiettivi. Scrollandosi il peso più fastidioso, disarcionando il pericolo più subdolo: quello dei paragoni. E del passato recente.

giovedì 22 settembre 2011

Il Lecce e la strada di casa

Il successo di Bologna, domenica, aveva sollevato la gente che tiene al Lecce. Scacciando qualche assillo. Match pulito, intelligente, ben architettato. E squadra attenta, reattiva, psicologicamente rivalutata. Rinnovata anche nel modulo (il coach rivede qualcosa, riscuotendo il premio). Finalmente proprietaria di un risultato da gustare sino in fondo. Non per molto, però: tre giorni dopo è di nuovo campionato. E, nel turno infrassettimanale, si torna sull'erba di casa. Scende l'Atalanta e i problemi si rimaterializzano. Zero punti e un passo indietro. L'argentino Denis marca due volte, la formazione di Di Francesco una. Calcolando tutto, Coppa talia compresa, il Lecce scopre di aver sempre fallito, in casa. Tre su tre. Qualche dubbio, malgrado le differenti correnti di pensiero (qualche osservatore si allarma, qualcun altro intravede progressi) comincia ad emergere. Per esempio, sulla scarsa autorevolezza con cui Di Michele e soci approcciano gli impegni a via del Mare. E sull'affidabilità di un collettivo chiamato a fare la partita. Sono le prime cose che vengono in mente, le più semplici. Ma il calcio, talvolta, sa essere disarmante, nella sua semplicità. Comunque, sono appunti da tenere in considerazione: per capire e per provare a riparare. Del resto, il torneo è ancora giovane e si può. Una decina di giorni e arriverà la controprova. Nel frattempo, però, si parte per Siena: il Lecce formato trasferta deve bussare alla porta del risultato. per la classifica, ma anche per guardarsi meglio dentro.

martedì 20 settembre 2011

Barletta ed Andria, derby vero

Un derby così è tanta roba. E, al di là del pareggio che equilibra l'inappagamento del Barletta e dell'Andria, valorizza le pretese e autorizza i languori di ognuno. Due a due: e, dentro il risultato, anche qualcosa in più. Sotto l'angolazione dell'intensità, delle emozioni, dell'agonismo: come un derby vero pretende. Non può vincere la squadra di Di Meo, che rincorre l'avversario e non sa superarlo, malgrado l'occasione giusta che arriva tra i piedi di Del Core, a match praticamente concluso. E non può vincere la formazione di Cari, avanti di due lunghezze in meno di mezz'ora di gioco, la prima. Lo score sembra esatto e non nasconde la certezza del coach barlettano: la sua squadra, dice, è nata per giocare palla a terra e non per lasciarsi irretire dalle palle lunghe altrui. Il pari non boccia nessuno e premia il trainer andriese, che cambia il modulo in corsa, a risultato apparentemente compromesso. Il Barletta imposta, l'Andria rilancia: è il cliché di una partita, ma che può diventarlo di un campionato intero. Il derby sembra aver dato, da solo, un'impronta alla stagione di entrambe. Di aver garantito un'identità duratura a due espressioni di diversa concezione. Pronte, adesso, a rituffarsi sulla strada della terza serie. Con un punto e, probabilmente, qualche convinzione in più.

lunedì 19 settembre 2011

Brindisi, la dura realtà

Basta la trasferta di Ischia (due a zero, sconfitta inevitabile, ancorchè rispettosa della realtà di un match fallito sin dall’inizio) per sgonfiare l’allegria ritrovata. Il Brindisi si ritrova un po’ svuotato, dopo due settimane di ottimi pensieri e prestazioni ampiamente confortanti (sei punti, sei gol, difesa imbattuta, segnali interessanti). La terza prova riavvicina la formazione di Boccolini alla quotidianità e ai suoi vicoli stretti, impoverendo quegli entusiasmi appena raccolti dalla gente. Ma, nel palone, è difficile inventarsi qualcosa. E, ancora di più, costruire in fretta. Il Brindisi è riemerso alla luce della serie D improvvisamente, temerariamente: e un organico edificato in poco più di dieci giorni non può offrire garanzie assolute, mai. Eppure, l’elenco a disposizione del tecnico marchigiano, che possiede esperienza e carisma per governare la situazione contingente e i pericoli del viaggio, non è affatto male. Dove qualche pedina evidentemente stagionata (Galetti, per esempio) non sembra aver perso il proprio rapporto di fiducia con il campo, aggrappandosi agli stimoli e a una professionalità di fondo che, altrettanto evidentemente, spesso fa la differenza. Ecco perchè non crediamo ad un ridimensionamento incondizionato del Brindisi. Ma, piuttosto, ad un inconveniente all’interno di un percorso di crescita che proseguirà: provando, magari, a completarsi più avanti, in coincidenza con la riapertura delle liste, a dicembre, momento ideale per limare, sgrossare, ottimizzare. Nel frattempo, la caduta di Ischia potrebbe anche aver aiutato allenatore e squadra. Una squadra, comunque, da ritrovare: giusto per non perdere i contatti dalle prime della classe. La storia degli ultimissimi campionati di D, del resto, ci insegna che i conti si chiudono al fotofinish, o quasi.

domenica 18 settembre 2011

Torrente è vicino al bivio

La Nocerina non è il Padova. Il Bari, però, è più o meno lo stesso del match precedente. Ed il pareggio che esce dai novanta minuti del San Nicola, complessivamente, lo premia. Mortificando un po’ l’avversario: più tonico, più saldo, più fluido, meglio organizzato. Non un bel vedere, per la cronaca. E, sul fondo, si riversa un supplemento di mugugni. Per una collettivo che non si impone, che non sembra ancora atleticamente reattiva, carente pure sotto il profilo della personalità. Sul Bari, alla fine, piovono i primi fischi, convinti. Troppo presto. Ed è preoccupante. Anche se coach Torrente prova sistematicamente a limitare i danni, professando tranquillità ed elencando le attenuanti che servono. Logico e anche legittimo: perchè una partenza così rischia di piegare i piani della vigilia, tranciando il feeling che il tecnico stava tentando di costruire con la piazza. Ma, alla lunga, la negazione quasi assoluta dei problemi rischia di allontanare i protagonisti dalla realtà, la gente dalla squadra. E di bruciare il bagaglio di fiducia che la tifoseria aveva riposto su un gruppo al quale si chiedeva di dare il meglio e non la certezza della promozione. Senza contare che le parole, da sole, potranno soccorrere al momento, ma non cicatrizzare le ferite. E neppure impermeabilizzare la posizione del tecnico: molto vicino al bivio, purtroppo.

giovedì 15 settembre 2011

Il Taranto comincia bene

Le esigenze (sospensioni di match e recuperi infrasettimanali compresi) dettano le regole, gli uomini (e gli atteggiamenti, anche tattici) si rincorrono, ma il Taranto c’è. E, se non fosse per quel punto di pealizzazione ereditato nella questione estiva del calcioscommesse, la gente di Dionigi accompagnerebbe Como e Carpi sulla vetta del girone. Condizione che, dopo due sole giornate di pallone che rotola non costituisce ancora una grande notizia, ma che indubbiamente produce ottimi effetti sul morale e nell’ambiente. Sulla Spal, nel vero match di esordio, l’affermazione è quel che si dice più tonica, meglio costruita. Ma il successo di Lumezzane, tre giorni più tardi, è esuberante (tre a zero) e indicativo: della consapevolezza delle proprie potenzialità su cui sembra galleggiare la squadra e della robustezza di un assetto che cambia qualche pedina in virtù del turn over. Senza risentirne eccessivamente. Pur impostando una partita meno pulita, in cui tuttavia emerge pure la capacità di sobbarcarsi il peso della sofferenza, prima dell’esplosione (tutte le marcature arrivano nella seconda frazione di gioco). Annotazioni che confermano un’impressione già utilizzata su queste colonne: l’idea di confermare il blocco della passata stagione è intelligente. Perchè consente di sfruttare automatismi e abitudini già collaudate e, ovviamente, di continuare idealmente il discorso impostato poco meno di un anno fa. Il Taranto, oggi, sembra la prosecuzione naturale di quella programmazione varata con l’ultimo avvicendamento di panchina: tutti d’accordo. E tutti d’accordo pure nel constatare che circola aria nuova, attorno a questo progetto. Da non sperperare: tutti avvisati. Soprattutto quelli che scalpitano senza rispetto per la naturale gestazione di un risultato. E per quelli che, in diciott’anni, gli ultimi diciott’anni, hanno preteso per troppo amore: diventando un intralcio.

mercoledì 14 settembre 2011

L'approccio giusto del Barletta

Due affermazioni di seguito, per cominciare. E buoni indizi su cui soffermarsi: prima in casa (eppure il Frosinone è complesso di qualità, sufficientemente attrezzato per recitare in prima fila) e poi a Prato. In Toscana, il Barletta scopre definitivamente le intenzioni più intime, lasciando intendere di aver già assimilato quel senso di scomodità che, generalmente, si avverte nel sentirsi osservati. E, ovviamente, di aver digerito gli innesti estivi. Due su tutti, Mazzeo e Franchini, prelevati entrambi dall’estinto Atletico Roma: gente ormai abituata ad osare, che è peraltro la stessa linea di pensiero del club adriatico. Sull’ultimo successo c’è la loro firma: in attesa che si sblocchi Di Gennaro, uno sul quale coach Cari fa ovviamente largo affidamento. A Prato, tuttavia, il Barletta gioca di mestiere e di esperienza, più che di eleganza. Mirando al risultato, ancor prima che alla forma. L’avversario battaglia, ma Sicignano e soci resistano e piazzano il colpo. Cioè: questa sembra già una squadra robusta, oltre che tecnicamente interessante: ed è la condizione essenziale, in terza serie. L’approccio al torneo, dunque, è giusto. Ed è il modo migliore per prepararsi alle imboscate del calendario. La prima, ad esempio, si chiama derby. Al Puttilli, proprio domenica, arriva l’Andria: ed è proprio in partite come queste che si quantificano spessore e possibilità di un collettivo, chiamato a gestire sollecitazioni e pressioni. Che da oggi, statene certi, non mancheranno. Il Barletta, adesso, non può più nascondersi.

martedì 13 settembre 2011

Lecce, partenza ad handicap

E’ già abbastanza dura. Il Lecce si scontra con la realtà, da sùbito. E la realtà si chiama Udinese: nel debutto di campionato, la gente di Guidolin passa con un ex che non ha seminato troppe tracce e tanti rimpianti, Basta. E chiude il conto (Di Natale) quando il cronometro lascerebbe credere ad un match ancora molto vivo (sedici minuti del primo tempo giocati). Due a zero, primi dubbi. Quelli di un organico non ancora pienamente competitivo, per esempio (e, infatti, sta arrivando un rinforzo come Muriel). La prima caduta (interna) della formazione di Di Francesco, però, sembra un retaggio del campionato scorso: al di là delle tre assenze, che non è poca cosa, è tra le retrovie che si contano, del resto, le distonie più vistose. Proprio come nella precedente esperienza targata De Canio. Di quella gestione, tuttavia, questa squadra sembra non possedere gli stessi tratti somatici che conferivano almeno la personalità o l’identità. Ecco, allora, dovrà dovrà cominciare a lavorare il tecnico, al quale – peraltro – non è opportuno chiedere più di quanto possa offrire. Perchè attirato in una situazione complicata dagli accadimenti estivi e da un ridimensionamento del budget di spesa, ma anche ostacolato da una costruzione dell’organico abbastanza frazionata e da una definizione del gruppo sufficientemente tardiva. Ovviamente, a sconfitta ormai configurata, tutto è diventato più difficile. E il Lecce, a tratti, è diventato inguardabile. Ma tant’è: a questo punto della stagione, non si può prescindere dalla pazienza e dalla benevolenza. Sperando anche che il gran caldo del Salento si attenui. Anche se, con il caldo, cominceranno a tramontare pure le prime attenuanti.

lunedì 12 settembre 2011

Il Martina veleggia sicuro

Prime indicazioni (di Coppa) confermate. Il Martina non spreca mai palla, sale con convinzione, s’industria, si propone, costruisce, sa allargarsi e, quando serve, verticalizzare. Quel che serve, cioè, per piacere e per accrescere le proprie quotazioni. Anche in campionato, la formazione di Bitetto si cerca e si trova: prima ad Ischia (zero a zero pregiato) e poi, sull’erba di casa, di fronte al Matera (sei ad uno esagerato). I lucani, è vero, si rassegnano dopo appena ventototto minuti, alla terza realizzazione, e non offrono mai la sensazione di poter opporsi, diventando un test per alcuni versi inattendibile. Ma Chiesa e compagni colpiscono sempre al cuore, con lucidità: e un dato come questo non è mai banale. Senza una prima punta di pedigrée assoluto (ma, proprio in queste ore, è stato ufficializzato l'ingaggio di Pignalosa), ci pensano i trequartisti (l’argentino, appunto: tre volte in gol), oppure le mezzepunte in attesa di un varco tra i titolari (De Tommaso, due centri) e gli under (Patierno). Portosi, in questo momento della stagione, sembra imprescindibile: e la risoluzione del rapporto con Berardi, consumatasi recentemente, non dovrebbe ostaclare i processo di consolidamento del gruppo. In porta si vede Leuci (praticamente inoperoso) e, in mezzo al campo, si sistemano Fiorentino (più sicuro con un altro compago di reparto al fianco) e Irace, che tuttavia mediano non è (troppe palle perse e concesse all’avversario). Considerazione che potrebbe consigliare un investimento su un altro centrocampista con determinate caratteristiche: non si sa mai. Un Marini, tanto per intenderci. Quel Marini che, a Martina, ha appena vinto il campionato di Eccellenza, risolvendo anche un po’ di situazioni scabrose con la corsa e l’impegno. E che adesso starebbe per accasarsi a Botrugno, in Promozione, una categoria troppo bassa per lui. Ma, al di là dei nomi e della situazioni, questa squadra sembra veleggiare sicura verso nuove avventure. Dove tutti attenderanno al varco. L’importante, però, è non lasciarsi fuorviare da certi numeri, come i sei gol che hanno condannato il Matera. E dalla supponenza che può annidarsi sotto il vestito delle vittorie facili.

domenica 11 settembre 2011

Bari, il passo dell'incertezza

Il passo dell’incertezza è breve. E il tragitto tra la vittoria di Modena e la sconfitta di Padova, nell’anticipo della quarta giornata, si inasprisce. Il Bari, che oltre tutto arrivava da un altro insuccesso, al San Nicola, di fronte al più sicuro Albinoleffe, è ancora un cantiere aperto. In cui il direttore dei lavori (Torrente) comincia persino a doversi preoccupare del suo proprio futuro. Giurano che, dietro le scrivanie di via Torrebella, non siano particolarmente soddisfatti. E, di certo, non lo è la gente, appena conquistata dagli apprezzamenti del coach su una squadra che avrebbe saputo far divertire. De Paula, come altre volte, non può risolvere tutto senza la complicità di altri. E certe trascuratezze, in fase di possesso, finscono per far inciampare il lavoro di tutto il collettivo: perchè non basta portare la palla tra i piedi per graffiare l’avversario. Davanti, cioè, sembrano nascondersi i limiti più evidenti, anche perchè Forestieri sembra ancora lontano dalla condizione: e non è un caso che sgomiti la possibilità di ricorrere ad una punta di movimento come Corradi, attualmente senza fissa dimora. Si vede di più, invece, Bogliacino, ma la sua posizione (decentrata) fa già discutere. Come fanno discutere le modifiche tattiche allo scacchiere convincente di Modena. Esattamente lì dove è nato l’ottimismo di Torrente: quell’ottimismo che, prima ancora dei problemi reali del Bari, rischia di schiacciarlo. Dopo un solo mese di calcio vero.

martedì 6 settembre 2011

La sostenibile leggerezza del non dover dimostrare

La prima in campionato della Virtus Casarano è felice. Il successo, sotto una certa angolazione, è insperato: perchè ottenuto ai danni di una delle formazione più blasonate del girone appulocampano di quinta serie, la Turris di Liquidato. Buona prestazione, buon risultato: al Capozza finisce uno a zero. La squadra affidata a Caracciolo (che, nel frattempo, ha recuperato Villa e Rosciglione, inglobato Alessandrì e mantenuto gente come il match winner Aragão e Calabro) si sorregge sulla saldezza interpretativa, sull’abnegazione e sull’applicazione, cominciando nel migliore dei modi una stagione oggettivamente misteriosa (l’abassamento delle pretese e, soprattutto, del budget societario limitano gli appetiti e riducono gli orizzonti). Una stagione che la proprietà non si vergogna di definire di transizione, cioè ispirata al conseguimento del traguardo più modesto, quello della salvezza, che stride con le ambizioni cullate negli ultimi ventiquattro mesi. E con il quale la tifoseria sembra essersi abituata a convivere. Ma oggi il Casarano gode di un vantaggio, di una maggiore leggerezza psicologica, di uno status assai più sostenibile: questa volta non ci sono obblighi. E non esiste il dovere di dimostrare sempre qualcosa a chiunque. Escludendo sin d’ora qualsiasi coinvolgimento nella lotta più nobile, può essere un bene. E la base per un discorso più solido: magari, più in là.

sabato 3 settembre 2011

Il Grottaglie si riaggrappa a Marrone

Quando l’atmosfera si surriscalda e le quotazioni (cioè la popolarità) di patron Ciracì tornano a perdere qualsiasi consistenza, emerge il profilo e la praticità di Antonio Marrone, già plenipotenziario del Grottaglie nella seconda parte del campionato passato e solo temporaneamente accantonato, in coincidenza dei movimenti estivi (pochi: perchè di mercato non si è mai parlato tangibilmente, mentre la transizione del titolo ad una nuova cordata è fallita abbastanza presto). L’avvocato tarantino, dunque, riprende possesso della scrivania. Sottolineando strategicamente che Ciracì mantiene solo la proprietà dell’Ars et Labor, senza conservare alcun altro legame: nè sentimentale, nè operativo. Quanto basta per guadagnare autorità massima e un po’ di consenso: sono dettagli necessari, Marrone va compreso. Ma il manager non arriva per assistere soltanto, ovvero per gestire quel che resta da gestire (un torneo da affrontare con poco contante e un organico debilitato dalle partenze e dalle astensioni). Intanto, a fronte di una puntigliosa mediazione, qualche protesta rientra: regalando al tecnico Pizzonia un po’ di esperienza da aggiungere ai giovani e giovanissimi che, già domani, dovranno affrontare il Real Nocera nel primo appuntamento che vale. Ovviamente, servirà molto di più. Le mediazioni dovranno obbligatoriamente moltiplicarsi, per recuperare altra gente (Arcadio, Solidoro, De Angelis). E poi occorrerà comunque rafforzare qua e là una squadra che, oggi come oggi, non assicura il traguardo minimo della permanenza. A questo punto, però, le parole non basteranno più. Conteranno gli argomenti: che il Grottaglie non può vantare. Soprattutto perchè la proprietà è lontana dal problema. Ecco perchè, allora, Marrone tiene aperta una porta: attraverso la quale potrà accedere chi è eventualmente interessato a rilevare titolo e parco giocatori, assieme (i due concetti sono ritenuti indivisibili). Noi, che siamo abituati a ragionare per logica e concretezza, non ci faremmo troppe illusioni, però. Se nessuno, sin qui, ha bussato alla porta del Grottaglie con quella convinzione che convincerebbe Ciracì, vuol dire che non esistono troppi spiragli. E che Marrone si è lasciato trascinare in una questione molto più ingrata di quella vissuta nella stagione scorsa. Dove non sarà sufficiente spiegare che Ciracì si è dileguato del tutto. Se l’Ars et Labor affonderà, al timone rimarrà lui. Da solo e triste. In attesa di un finale già scritto.

giovedì 1 settembre 2011

Il Bari convince Torrente

In campionato, l’approccio è timido. E un po’ anonimo. Nelle primi novanta minuti che contano davvero, il Bari si accontenta di un pareggio di fronte al Varese, in casa propria. Trascinandosi ancora qualche carenza infrastrutturale e caratteriale. Piace di più, invece, la seconda uscita, quella infrasettimanale di Modena (successo a novantesimo inoltrato). Però, forse, qualche segnale è immediatamente decodificato: e, nelle ultime ore della sessione estiva del calciomercato, la società di via Torrebella definisce altre trattative. Dopo De Paula, De Falco e Polenta, arrivano il mancino di scuola sudamericana Bogliacino e il portiere Koprivec, a fronte delle cessioni (attese, rimandate) di Álvarez e Ghezzal, ormai emotivamente lontani dall’Adriatico. A cantiere chiuso, intanto, comincia a delinearsi il profilo di una squadra che, tuttavia, continua a non disporre di un artigliere che sappia assicurare un certo numero di realizzazioni. E che, però, sembra infondere al tecnico Torrente quella fiducia necessaria per sbilanciarsi: tanto da confidare la sensazione di trovarsi alla guida di una macchina da playoff. Concetto, oggi, indubbiamente pensante: perchè espone il coach (e, di conseguenza, la società), seminando illusioni nella gente che tifa. E perchè trae spunto da un progetto tecnico assolutamente rinnovato, figlio legittimo di una politica societaria più cauta. Non che il Bari, oggi come oggi, meriti il castigo del disprezzo. Anzi: il collettivo, privo di nomi e grondante di gente affamata, sembra in grado di assimilare la categoria. La promessa del tecnico, comunque, è grossa. E non può essere inquadrata esclusivamente come un mero incentivo nei confronti della tifoseria e degli uomini a sua disposizione. Che, adesso, si ritrovano di fronte uno spazio di manovra più ristretto. E, soprattutto, minori argomenti da condividere nei momenti più difficili della stagione. Quelli, prima o poi, si abbatteranno: come per chiunque.