sabato 2 agosto 2014

Taranto e Il sospetto di un'occasione sprecata

Infine, il Taranto cambia proprietà: passando (non interamente) dal composito gruppo coordinato da Nardoni ai fratelli Campitiello. Che si ritaglia le quote di maggioranza e la responsabilità di risanare il bilancio. Non senza contare sull’appoggio di chi, sin qui, ha operato. Contraendo, dunque, quel disavanzo. Il travaso societario non è agile. E non è affatto celere: tanto che la piazza si ritrova immediatamente ad inseguire chi è partito in anticipo e bene (il Brindisi, ma non solo il Brindisi). E neppure indolore: le cicatrici di un’estate conflittuale si vedono tutti, ancora adesso. E si sentono. Ma la famiglia di Pagani ribadisce più volte di poter e voler assicurare, da qui in avanti, investimenti intelligenti e mirati. Dunque, un futuro solido. E duraturo. Non è poco. Intanto, però, il tempo scorre. E occorre varare staff tecnico e squadra. Designato il diesse (Montervino, il garante della trattativa) arrivano sullo Jonio, a rimorchio, l’allenatore (Favo, ex Maceratese) e qualche under. Un paio di volti conosciuti, poi, decidono di restare: Ciarcià, Mignogna. In attesa di altre conferme e nuovi ingaggi. Ma Taranto è la città dei due Mari e delle mille polemiche. Esaurito un argomento, se ne affaccia un altro. Il sentimento popolare, rilanciato da qualche organo di informazione, si sofferma sulla faccenda del mancato ripescaggio. Mancato soprattutto perché, prima, non viene formulata la domanda di ammissione alla nuova terza serie. Ufficialmente inevasa per pure motivazioni tecniche e amministrative (il passaggio di proprietà, cioè, si compie proprio quando i termini burocratici per allestire la pratica si stanno spegnendo). Ma, in realtà, rimandata per lunghe settimane. E mai seriamente considerata: per i costi che una domanda di ripescaggio comporta (anche le fidejussioni hanno un proprio prezzo). Per i dubbi che hanno accompagnato il travaso societario (chi avrebbe dovuto pensarci: la vecchia dirigenza o la nuova?). Per le remote possibilità attribuite all’accoglimento della richiesta. Però, in città si è sùbito allargato il sospetto che il passaggio di consegne si sia definito troppo tardi anche e soprattutto per bypassare questa situazione ritenuta economicamente scomoda . E per pianificare il domani del Taranto ripartendo dalla D, con calma. Puntando, prima di ogni cosa, al ripianamento dei debiti contrattiu dalla vecchia gestione del club. Sospetto, poi, diventato rabbia: perché la Lega di Macalli finisce per bocciare anche le ultime concorrenti rimaste in gara per il ripescaggio dalla D alla C (Correggese all’Akragas, prime delle graduatorie di merito, ma sprovviste di uno stadio dotato di tutti i requisiti). Mentre altre società, nel frattempo, si erano ritirate dalla corsa: dall’Arezzo al Matelica. Risultato: in terza serie rientrano tre club appena usciti dalla porta di servizio: la Torres, il Martina e l’Aversa. E già si maligna di uno scambio di favori, tra il re della Lega di C e il primo dirigente dei dilettanti Tavecchio. E, dunque, di un accordo a tavolino, per favorire il disegno del primo in cambio dei voti utili al secondo, che resta il candidato più saldo nella corsa verso la presidenza della FIGC. Tutto, cioè, sembra quadrare. Ma le perplessità, in riva a Mar Piccolo, affiorano ugualmente. E la sensazione è che - al di là dei calcoli economici, assolutamente meritevoli di essere considerati – il Taranto abbia sciupato un’occasione irripetibile. Malgrado uno stadio a norma, un bacino d’utenza di pregio, un prestigio largo e una società in via di risanamento. Eppure, già macchiata dell’alone della diffidenza della gente che tifa. Ancora prima di cominciare.