Il vantaggio immediato spinge l’Andria. E il derby
con il Monopoli si configura come una discesa abbastanza comoda. Matera
finalizza sotto porta il primo affondo: bastano tre minuti per modellare la
partita più agevole. Il collettivo di Favarin è rapido e incisivo: pedala e
possiede profondità. Con il pallone tra i piedi, la Fidelis scrive una manovra
spesso interessante. Dalla quale, poi, qualcosa di insidioso sgorga sempre. Malgrado,
complessivamente, difetti la continuità di espressione. L’avversario, per un
po’, deve rincorrerlo: almeno sino al momento in cui decide di ragionare meglio
e di più e, dunque, di rintuzzare (Gori, ad esempio, è più presente in entrambe
le fasi, se valutiamo le ultime prestazioni personali). La crescita della gente
di Passiatore, peraltro, è certificata pochi secondi prima dell’intervallo,
quando il calcio franco firmato da Manzo supera Masserano. Più avanti, il match
si fa più scorbutico: il Monopoli si cala assai bene nel ruolo e l’Andria ne
soffre. Di qua cominciano a mancare lucidità e spunti. Di là, si alimentano
ardore e sacrificio. L’assetto tattico della Fidelis, così, si sfilaccia e gli
ospiti ne approfittano, raddoppiando. Il risultato, tuttavia, non tiene:
Moscelli accelera e Olcese colpisce: esattamente quando Favarin inserisce un
altro attaccante (Lattanzio) per il mediano Piccinni. Paradossalmente, è con il
4-2-4 che l’Andria recupera determinati equilibri. Ritagliandosi gli sforzi per
il forcing finale, che confluisce
nella marcatura del successo, realizzata proprio con l’ultima palla giocabile.
Il Monopoli è colpito nell’intimo e, da quelle parti, la contestazione verso
certi provvedimenti arbitrali è forte. La Fidelis, però, si arrampica su un possesso palla
più evidente e su un atteggiamento largamente propositivo. Anche perché questa
sembra una squadra obbligata, per caratteristiche, a fare la partita e non a
subirla. Favarin, è evidente, sarà chiamato a lavorare ancora sulla fase di non
possesso: anche se l’idea di D’Agostino davanti alla difesa, sperimentata in
corso d’opera, non appare affatto male.