lunedì 13 ottobre 2014

La trazione anteriore dell'Andria

Il vantaggio immediato spinge l’Andria. E il derby con il Monopoli si configura come una discesa abbastanza comoda. Matera finalizza sotto porta il primo affondo: bastano tre minuti per modellare la partita più agevole. Il collettivo di Favarin è rapido e incisivo: pedala e possiede profondità. Con il pallone tra i piedi, la Fidelis scrive una manovra spesso interessante. Dalla quale, poi, qualcosa di insidioso sgorga sempre. Malgrado, complessivamente, difetti la continuità di espressione. L’avversario, per un po’, deve rincorrerlo: almeno sino al momento in cui decide di ragionare meglio e di più e, dunque, di rintuzzare (Gori, ad esempio, è più presente in entrambe le fasi, se valutiamo le ultime prestazioni personali). La crescita della gente di Passiatore, peraltro, è certificata pochi secondi prima dell’intervallo, quando il calcio franco firmato da Manzo supera Masserano. Più avanti, il match si fa più scorbutico: il Monopoli si cala assai bene nel ruolo e l’Andria ne soffre. Di qua cominciano a mancare lucidità e spunti. Di là, si alimentano ardore e sacrificio. L’assetto tattico della Fidelis, così, si sfilaccia e gli ospiti ne approfittano, raddoppiando. Il risultato, tuttavia, non tiene: Moscelli accelera e Olcese colpisce: esattamente quando Favarin inserisce un altro attaccante (Lattanzio) per il mediano Piccinni. Paradossalmente, è con il 4-2-4 che l’Andria recupera determinati equilibri. Ritagliandosi gli sforzi per il forcing finale, che confluisce nella marcatura del successo, realizzata proprio con l’ultima palla giocabile. Il Monopoli è colpito nell’intimo e, da quelle parti, la contestazione verso certi provvedimenti arbitrali è forte. La Fidelis, però, si arrampica su un possesso palla più evidente e su un atteggiamento largamente propositivo. Anche perché questa sembra una squadra obbligata, per caratteristiche, a fare la partita e non a subirla. Favarin, è evidente, sarà chiamato a lavorare ancora sulla fase di non possesso: anche se l’idea di D’Agostino davanti alla difesa, sperimentata in corso d’opera, non appare affatto male.