giovedì 28 giugno 2012

Il Taranto, il Tar e la beffa



Gloria al Taranto che ci offre sempre da scrivere, da spigolare, da intervenire. Anche quando il tempo sta per scadere. Dunque: novità vere, sulla questione societaria, non ce ne sono. Attorno, danzano solo propositi, desideri, polemiche, congetture, ipotesi e, quando va bene, progetti: privi, però, del rimorchio in contanti. L'iscrizione al prossimo campionato è sempre più in pericolo, patron D'Addario non ha appianato i problemi economici del club e l'ormai datato intervento del sindaco Stefano non ha attirato offerte destinate ad un'evoluzione snella della questione. Chi si è affacciato sull pallone dei due Mari, cioè, ha cercato di coniugare il salvataggio della maggior espressione calcistica della provincia con parallele operazioni economiche che avrebbero toccato territorio, enti, ambiente e valutazioni politiche. Abbastanza per mettere in movimento un microcosmo che reclama tempo: utile a vagliare, discutere e, eventualmente, decidere. Tempo che la situazione contingente (e, in generale, le esigenze di qualsiasi club) non possono concedere. Italiani, spagnoli ed inglesi, al di là dell'agibilità e della credibilità delle singole iniziative, sono appena riusciti ad aprire le porte a nuove problematiche che non possono essere liquidate velocemente e che neppure possono essere trattate con nonchalance. Alla fine, così, restano solo le intenzioni, le parole. Anche loro spazzate, in un pomeriggio di fine giugno, da una notizia che più notizia non si può. In due parole, il Tar del Lazio, sollecitato ad intervenire dalla pratica legale inoltrata dall'avvocato Russo, leader del comitato Taranto Futura, accoglie la richiesta ed ammette il Taranto in serie B. Invalidando sei dei sette punti di penalizzazione inflitti dalla giustizia sportiva a campionato in corso. Senza dei quali, ricordiamolo, la formazione di Dionigi (a proposito: ha rescisso il contratto e dovrebbe finalmente approdare a Reggio Calabria) avrebbe raggiunto la promozione senza neppure dover passare dai playoff. Valutazioni a parte (sui regolamenti federali, ad esempio: che esistono e vanno rispettati e accettati, all'atto delle iscrizioni), il problema è bello grande, adesso. Per la Federazione, che deve inghiottire amaro e, sostanzialmente, adeguarsi: non prima di aver battagliato, immaginiamo. Per una sfilza di società: alcune punite da altre penalizzazioni, altre avvantaggiate dalle stesse sanzioni. Per D'Addario: che, proprio quando sembrava aver deciso di azzerare tutto, si ritrova senza volerlo con l'obietivo dichiarato il giorno del suo insiedamento sulla massima poltrona societaria, ovvero la seconda serie. E per la città: con la serie B, diciannove anni dopo. Ma senza una società che possa raccogliere il regalo più gradito. A meno che la spinta emotiva di una promozione ormai insperata non lasci emergere dalle tenebre antichi o nuovi portafogli. A questo punto, l'unica soluzione per raccogliere l'ennesima sfida del destino. Fuori, però, fa caldo. Molto caldo. E l'estate, si sa, travolge. Fuorvia. E corrompe l'integrità di chiunque, incidendo sul circuito di tutti noi. Consiglia (male) i ministri della Repubblica. Figurarsi la stampa che attinge senza indagare. Il sogno è finito. E la federa è bagnata di sudore. Falso allarme, hanno scherzato. Non è vero niente: le bandiere, in piazza Ebalia, si ammainano meste, nel pieno della festa spontanea. I canali di informazione si smentiscono, si ricredono. La Federazione ha un problema in meno. Le alre società coltiveranno i problemi di sempre. E anche D'addario può rifiatare. Per la città, invece, è solo l'enesima beffa.