mercoledì 13 giugno 2012

Dionigi, addio con dignità

Crollato il castello delle illusioni (la serie B, che viene festeggiata lontano, a Vercelli: proprio da quella Pro che, in semifinale playoff, si è liberata dell'ostacolo Taranto), crolla anche la palafitta delle certezze di un tempo, cioè un intero progetto edificato sulle apparenze. E sulle supponenze della società. Il calcio, sui due Mari, è nuovamente dentro un buco nero. L'impero di D'addario frana, senza suscitare meraviglia. Anzi, legittimando i dubbi degli ultimi mesi. Perchè, nel pallone, qualcosa accade per caso: ma non tutto. Senza denaro (spesso sperperato) e con qualche astuzia imprenditoriale, il patron ha continuato a navigare sin dove ha potuto: mascherando i problemi, allontanando maldestramente quesiti e dubbi legittimi, aspettando una promozione persa davanti al traguardo: che, forse, avrebbe potuto addolcire una situazione economica precaria da tempo. O, almeno, ingolosire un nuovo compratore. Invece, niente. Non c'è serie B, non c'è più società e, al momento, latita persino un futuro. Bene che vada, l'abbiamo già sottolineato, si apriranno le porte della D, sfruttando i cavilli dei regolamenti: sempre c he Pieroni o Blasi o chi per loro riusciranno a riunire i cocci e a trovare il capitale per ripartire. Intanto, chi può scappare lo fa: per esempio, la maggior parte dei giocatori, già automaticamente svincolati. Vorrebbe accodarsi anche il tecnico, Dionigi: che, però, è bloccato da un contratto pluriennale al club di via Martellotta. E, in più, ha rinunciato a cautelarsi con la pratica della messa in mora, impugfnata dalla truppa. Forse, in nome di quell'aziendalismo che, in un anno e mezzo sullo Jonio, ha assistito il concetto di gratitudine pubblicizzato varie volte nei confronti del presidente. Che, adesso, vorrebbe gestire direttamente il passaggio del tecnico sulla panca della Reggina: monetizzando qualcosa. Ecco, Dionigi. Uno che, sul campo, ha complessivamente convinto, malgrado un approccio al mestiere un po' ostico (l'esperienza, del resto, non si fabbrica). Modellando lentamente la squadra attorno alle proprie esigenze tattiche e al proprio modo di vedere il calcio. E infondendole un'identità, una quadratura: perse (per stanchezza, nervosismo, scadimento fisico) un mese prima dell'atto finale, nel pieno di un'involuzione partita dall'esterno. Ma anche un personaggio troppo spesso ostaggio di tensioni forti, malamente custodite. Che, ad un certo punto, ha persino trasmesso ai suoi uomini. E, spesso, anche disposto a saltare la barriera delle proprie competenze: dicendo più di quello che sarebbe stato logico affermare. Rischiando, talvolta, di apparire pure quando non ce ne sarebbe stato bisogno. Certi atteggiamenti, lo confessiamo, ci sono piaciuti meno. Consumati, ne siamo sicuri, per proteggere il gruppo da un mondo che si stava rovesciando contro. E un po', qua e là, ha stonato pure quel suo stesso aziendalismo: in un ambiente in cui viene considerato un dovere, più che una concessione interessata. Però, adesso, prima di sbarcare in Calabria, a Reggio, e prima ancora di divincolarsi da D'Addario, Dionigi decide di salutare la città e la tifoseria, in una conferenza stampa organizzata congiuntamente al sindaco bimare, Stefano. Gesto gradito, elegante. E per niente condito da sapori forti, come qualcuno aveva immaginato. Parole di circostanza, approfondimenti superficiali, nessun attacco al potere. Il tecnico non svela quadri sconosciuti di vita vissuta, non rivela intimi fotogrammi di una stagione sofferta, nè particolari nascosti dietro le quinte. O dettagli scomodi di dieci mesi per certi versi irripetibili. Questa volta, cioè, anche se il giocattolo si è rotto per sempre, il capitano non si affretta ad elencare i difetti dell'ingranaggio. In attesa, magari, che lo facciano altri. Piaccia o no, Dionigi professa coerenza. E serietà. Troppo facile coprire falle e magagne con uno strato di solido aziendalismo e poi sbottare per forzare il proprio destino. Anche questa si chiama dignità.