lunedì 23 giugno 2014

Taranto, chi viene e chi va

All’improvviso, ma con prevista puntualità, la situazione societaria del Taranto si ingarbuglia, si intorpidisce. Ma, contemporaneamente, si evolve. Abbastanza velocemente, pure. La vecchia struttura societaria, quella che - in sostanza – ha traghettato il pallone dei due Mari dal momento dell’ammissione alla serie D sin qui, sarebbe stata disposta a perseguire il proprio progetto di consolidamento delle fondamenta del club, che passava attraverso due punti fondamentali: il ripianamento dei conti (mancano, si dice, duecentocinquantamila euro per saldare le vecchie pendenze) e l’alimentazione delle ambizioni. Per la quale, va aggiunto, avrebbe gradito nuovi contributi, nuove energie: quindi, ulteriori investitori. Parallelamente, peraltro, altri soggetti si sarebbero (anzi, si sono) avvicinati: da Cerruti, attuale patron dell’Agropoli, ai fratelli Campitiello. Nomi, questi, che hanno finito per ingolosire la piazza. Irruviditasi, così, nei confronti del presidente Nardoni e del suo vice (e socio forte) Petrelli: perché, forse, simboli di un passato prossimo senza risultati sportivi tangibili. O perché prudentemente lontani dall’idea di presentare la fidejussione che dovrebbe accompagnare l’ipotetica richiesta di ripescaggio in terza serie (niente affatto certa, per la cronaca). Di fatto, però, parte dell’ambiente jonico avrebbe ultimamente delegittimato e sfiduciato i due dirigenti. Che, un po’ offesi, si sono praticamente disimpegnati, in attesa di ulteriori novità. Accelerando il processo di rinnovamento. Ma, nel contempo, aprendo un’eventuale crisi societaria, se la trattativa con la famiglia Campitiello – oggi considerata molto avviata e destinata a soluzione felice - dovesse saltare, per un motivo o per un altro. Fermiamoci, tuttavia, alle certezze. E una certezza è questa: il maggior investitore del gruppo uscente, ovvero Petrelli, ha dribblato ogni problema presente e futuro e qualsiasi complicazione, cedendo (gratuitamente, giura) le sue quote alla Fondazione Taras. Scendendo, in questa maniera, dalla giostra delle possibilità. E trascinandosi emotivamente Nardoni. Il primo e il secondo, intanto, potranno non piacere (o non piacere più) alla Taranto che tifa: ci può stare. Però, sarà anche giusto ricordare che proprio Petrelli e Nardoni hanno saputo garantire il minimo indispensabile: cioè la dignità e la sopravvivenza del club. Che, poco più di un anno fa, non possedeva neppure la casa, ovvero un campionato a cui partecipare. Spingerli ad abdicare non è stato un gesto di grande riconoscenza, da parte di qualcuno (e la Fondazione Taras non c’entra, per essere chiari): e pure questo va sottolineato. Così come va sottolineato che, a queste condizioni, Petrelli e Nardoni lasciano con eleganza. Rimediando un figurone, prima che la questione si delinei del tutto. Ma, se qualcosa non dovesse funzionare, da qui alla prossima settimana, nessuno potrà permettersi di rinfacciare qualcosa a chi si, garbatamente, si è fatto da parte. Questo deve essere abbastanza chiaro.