Lecce e
Frosinone, di nuovo di fronte. Questa volta, però, la sfida (doppia) è
decisiva. Alla quale la gente di Lerda non arriva con la lucidità dei giorni
migliori. Eppure, essere in fondo alla strada è un distintivo di merito,
considerate le premesse. I ciociari, intanto, si prendono i favori del
pronostico e si presentano davanti al traguardo più tonici. Meglio strutturati.
La finale dei playoff è una storia che, tuttavia, la formazione salentina
sembra poter scalare: passando a condurre il match di andata, in Puglia (finirà
uno a uno) e pure quello di ritorno (i laziali si impongono tre a uno,
conquistando la B).
Alla distanza, cioè, il Frosinone si fa preferire: per la migliore gestione
delle situazioni, per la preferibile condizione mentale e per un miglior
approccio con le tensioni tipiche di un incontro così delicato. Il Lecce,
invece, si perde troppo presto: sull’erba di via del Mare come al Matusa. Dove finisce il match in
inferiorità numerica. E dove, dopo il novantesimo, si lascia tradire dalla
rabbia e dalla frustrazione. Onestamente, l’avversario produce di meglio e di
più. E, nell’arco delle due partite, legittima la propria superiorità. La
botta, così, è ancora più dura. Soprattutto in prospettiva futura. Dunque: il
Lecce fallisce la promozione per la seconda volta di seguito. Scoprendo quanto
è arduo risalire. E quanto è scomodo combattere con il dovere di imporsi.
Aprendo, in un certo senso, una crisi tecnica e societaria. Mancati introiti a
parte, la famiglia Tesoro dovrà, per esempio, cominciare a mettere in conto il peso di
qualche vecchia critica sopita che, vedrete, affiorerà nuovamente. E a
considerare il malcontento della piazza. Badando, contemporaneamente, a
rifondare l’organico. Che, tra partenze scontate oppure no (Miccoli sta
salutando, altri hanno ragionevolmente concluso l’avventura) e pedine da
restituire al mittente, dovrà necessariamente essere rivisitato con
intelligenza e perizia. Non sarà un’estate semplice, per capirci. Occorreranno
scelte nette, convincenti. In tempi brevi, ovviamente. Senza contare che andrà
risolto velocemente anche il problema legato alla panchina: Lerda potrebbe
rimanere, ma la conferma non sembra, al momento, neppure automatica. Ma,
innanzi tutto, si sta creando attorno al Lecce una certa atmosfera di
prostrazione, di pessimismo. La risalita, creduta un atto dovuto o una pura
formalità, rischia di diventare un gioco perverso, una maledizione. E Lecce, ormai
disabituata alle logiche della terza serie, rischia di perdersi dietro la
delusione, attorno alle difficoltà che pochi avevano previsto. O che tanti
avevano trovato normale evitare.