mercoledì 24 luglio 2013

Il passo doppio del Foggia

Nell'estate foggiana si è arrampicato un sogno indecente, un desiderio strano: il ripescaggio in quarta serie, la vecchia C2, l'attuale Seconda Divisione. Quel campionato che, tra dieci mesi, non esisterà più, spazzato dalla rivisitazione federale. Un torneo, di per sè, improvvisamente diventato pericolosissimo. Ovvero, dispendiosisissimo: dal momento che, per non scivolare nella serie D che sarà (e dove, adesso, il Foggia si trova) occorrerà attrezzarsi: nove retrocessioni (che poi, in realtà, vere e proprie retrocessioni non saranno) sono tante e la concorrenza sgomiterà parecchio. Pelusi, Masi, l'intero entourage societario e la tifoseria tutta si sono tuttavia calati nella fossa dell'ottimismo, dell'illusione. Lasciandosi trascinare dalle correnti della lucida incoscienza. Malgrado un passato recente assai scomodo (il fallimento dell'epoca casilliana segna ancora l'ambiente), qualche divisione interna al club (faticosamente ricucita), la recessione robusta (il contante manca ovunque e, soprattutto, in Capitanata), la distanza tra l'imprenditoria locale e il pallone e un piazzamento non felicissimo nella graduatoria degli aspiranti alla promozione burocratica. Ma la serie D è fastidiosa assai e, a certe latitudini, non ci si abitua facilmente alla realtà. E poi vincere il prossimo campionato di quinta serie (che, comunque vada, diventerà la quarta divisione italiana, come un tempo) presuppone un certo esborso: senza contare che spendere non significa ottenere automaticamente il traguardo. Tutt'altro. Perciò, anche per questo, quel sogno si è arrampicato veloce. Attenzione, però: perchè il ripescaggio, ormai da un po', presuppone una certa saldezza economica alla base del progetto. Saldezza che una società può dimostrare accettando di sottoscrivere una corposa fidejussione, che si aggiunge alle spese di iscrizione, già leggermente lievitate. E, ovviamente, all'esigenza di modificare pesantemente il proprio roster (sono altre spese, cioè). Ma, nel Foggia, il miraggio di riconquistare la C (quella unica della prossima stagione) è sembrato, da sùbito, convincente quanto basta. Eppure, il problema di fondo è stagnato a lungo, complicando il percorso burocratico: il denaro. La raccolta di fondi è avanzata adagio: la grande imprenditoria locale è rimasta dov'era, lontana. E non ha sottoscritto quei contratti di sponsorizzazione che sarebbero serviti a rimorchiare il progetto. La tifoseria stessa, in larga parte, si è mantenuta abbastanza fredda, sottoscrivendo meno abbonamenti del previsto, malgrado la promessa del rimborso in caso di mancato rpescaggio. L'ultima frontiera della speranza, dunque, si è raggomitolata attorno alla concessione dello scorporo delle fidejussioni, all'impegno suppletivo dei soci della club e alla sana, vecchia colletta. Risultato: il contante per garantirsi il passaggio di categoria, adesso, c'è. O, almeno, così sembra. E non è stato affatto semplice trovarlo. Il ripescaggio, teoricamente, potrebbe concretizzarsi: basta attendere qualche giorno, per sapere. Ma una società che arriva a confezionare la domanda d'iscrizione alla C e a trovare il denaro necessario quasi al fotofinish riesce ad offrire garanzie a se stessa?  E, soprattutto, a guardare oltre? La squadra va potenziata: e anche abbastanza. E le collette, così come i sacrifici personali di pochi, non possono duplicarsi in tempi stretti. Così com'è, questo passo del Foggia ci sembra sinceramente un po' azzardato. Ma, ovviamente, speriamo di sbagliarci.