martedì 2 luglio 2013

Taranto, una stagione da decifrare

Tutto come previsto. Pettinicchio, abbondantemente rammaricato, lascia la panca del Taranto ad Enzo Maiuri, già condottiero della Casertana verso il ripescaggio post-playoff. Il club bimare, cioè, torna a guardare alla C partendo da nomi diversi. E rivedendo le strategie, adesso affidate al nuovo diesse Desolda. Anche la squadra, si dice, verrà rivoluzionata: e, della vecchia gestione, potrebbero rimanere in pochi. Il passaggio di consegne, intanto, non è apparso indolore. Tanto da aver rischiato di intaccare certi equilibri lentamente consolidati nella seconda parte della stagione appena sorpassata. Ma il pallone, come la vita, continua a rotolare ugualmente. In attesa di raccontarci, magari, a quale tipo di campionato si sta avvicinando una delle piazze più insidiose, temibili, affamate ed esigenti dell'intera quinta serie. E che, lo sappiamo sin d'ora, non saprà e non vorrà facilmente rassegnarsi ad un torneo definito dal presidente Nardoni soltanto.importante. Là dove importante non significa automaticamente vincente. Qualche indizio, però, già c'è. Ed è di qua che si può partire. Dunque, vediamo: il budget di partenza, per esempio, non sembra robusto quanto quello di altre concorrenti. Settecentomila euro, certo, rimangono una base interessante, da cui trarre elementi utili per convincere a scendere in riva a Mar Piccolo quella gente di categoria che possa determinare un po' di risultati. Eppure, così com'è, la cifra non consentirebbe di avventurarsi troppo oltre. Facile, allora, che la società jonica provi a far fruttare il fascino del marchio Taranto, sempre stimolante. Tuttavia, tutto questo potrebbe non bastare. Primo, perchè altre realtà si atnno muovendo pesantemente e da tempo (il club jonico, invece, si è sostanzialmente tenuto abbastanza distante dalle logiche del mercato, per sanare certe questioni amministrative). Secondo, perchè Maiuri e Desolda sembrano orientati a riedificare l'organico: privandosi, così, della possibilità di sostenersi ad un progetto tecnico fondato sul concetto di continuità. E terzo perchè la struttura societaria non ha ancora assorbito quelle energie nuove che riescano a surrogare la perdita, ormai certificata, di qualche vecchio investitore di secondo piano. A proposito: proprio dietro alle scrivanie del Taranto si è appena consumata un'operazione interessante. La Fondazione Taras, cioè quella congiunzone di tifosi che hanno fattivamente partecipato alla rinascita del calcio sui due Mari e accompagnato da vicino il club nel suo primo anno di vita, ha deciso di accollarsi per la prossima stagione il peso dell'intero settore giovanile. Cose mai viste, prima d'ora, in Italia. La città, in pratica, sta per diventare la palestra di un nuovo modo di programmare e di organizzare il pallone: la sfida è particolarmente intrigante e va seguita con attenzione, oltre che con simpatia. Anche perchè, teoricamente, da questo primo passo potrebbe nascere qualcosa di più interessante, nei mesi e negli anni che verranno. Purchè i tifosi comincino a ragionare con la testa del manager, piuttosto che dell'innamorato un po' umorale. E, possibilmente, senza farsi imprigionare da quei luoghi comuni che, quando si è parlato di vivaio, hanno ammanettato tutte le espressioni dirigenziali che si sono rincorse negli ultimi trent'anni. Ricordare, infine, che il settore giovanile merita, sempre e comunque, investimenti e qualità degli uomini che lo dirigono tecnicamente, non fa male. Il talento dei più giovani, se c'è davvero, non è mai sufficiente.