mercoledì 9 giugno 2010

Bitonto come Fasano e Francavilla

Adesso è proprio finita. Ad un passo dalla salvezza. Cade anche il Bitonto, trascinato in Eccellenza dal doppio spareggio con il Pisticci e dalla propria debolezza strutturale e psicologica: puntualmente accusata nei momenti fondamentali dell’intera stagione. Il pari in Lucania del match di andata non serve: in casa, al ritorno, la squadra di Pizzulli frana. Chiudendo nel peggiore di modi un torneo affaticato e innervato da vicissitudini vincolanti. Che si chiamano inadempienza economica del club, scioperi rientrati, ammutinamento della squadra dagli allenamenti, organico risicato, nervosismo diffuso, ambiente irretito e lunga squalifica del campo. Eppure, ai playoff il Bitonto guardava con fiducia, ottimismo. Giustificato dalla migliore posizione di classifica ottenuta nella regular season e dall’impressione di possedere, in fondo, un telaio più affidabile di quello avversario. Sbagliato. Come sbagliato è l’intero percorso di una formazione che non ha mai saputo aggrapparsi alle virtù del combattimento, che poi sembravano le qualità precipue della truppa. Attorno alle quali, va detto, era stato costruita la speranza della permanenza. Nel campionato passato ed anche in questo. La retrocessione è dolorosa: e non solo per il Bitonto, ma per l’intero movimento calcistico regionale. In serie D, per il pallone di queste latitudini, il bilancio è apertamente fallimentare. Tre retrocessioni su quattro (Fasano, Francavilla e, appunto, Bitonto) significano, oltre tutto, che l'antico contingente della quinta serie si è quasi dimezzato. Resistono solo il Casarano, il Grottaglie e l’Ostuni (che potrebbe, tuttavia, emigrare a Martina, come suggeriscono le cronache degli ultimi tempi), ai quali - però - vanno ad aggiungersi il neopromosso Nardò e il neoretrocesso Noicattaro. In attesa, però, che il Trani attraversi indenne l’ultimo capitolo degli spareggi nazionali di Eccellenza (domenica prossima sapremo). Non è comunque un bello spot, per la Puglia. Proprio no. Anche se, paradossalmente, ora potrebbero aprirsi scenari nuovi e più gratificanti. Cinque (o sei) club pugliesi in D, invece di otto (o nove), potrebbero cioè rilanciare l’antica idea della ristrutturazione della geografia interregionale. Che dirotterebbe i club di casa nostra nel raggruppamento siculocalabrese, molto meno aspro dell’ormai storico girone appulocampano. I numeri per lavorarci su ci sarebbero. La volontà delle società pure: e non da oggi. Non rimane, allora, che spingere: politicamente. Muovendosi immediatamente.