martedì 1 giugno 2010

Noicattaro, fine del sogno. E, forse, del viaggio

Il verdetto, in fondo, è già scritto. O, comunque, già sostanzialmente abbozzato, ancora prima di giocare. Già scolpito dai novanta minuti di Vibo, prima manche di un doppio confronto che, però, non perde interesse, nè si svuota dei contenuti emozionali. Alla fine di gara-due, la Vibonese conserva la quarta serie e il Noicattaro retrocede. La formazione di Sisto e Bitetto si trascina il pesante bagaglio del rovescio ingombrante (zero a tre) sofferto la settimana precedente e prova a lenire le sofferenze, senza però addizionare la forma e la sostanza sufficienti per completare la rimonta: Di contro, l’undici di Galfano governa il vantaggio acquisito in casa e, soprattutto, l’ardore dei pugliesi: soffrendo anche parecchio, ma riuscendo a far scorrere con danni limitati l’ultima ora e mezza della stagione. I nojani, però, ci credono. Sin dall’inizio. Credono nellla lotteria dei playout e partono con convinzione, generosità, slancio. Ma senza arrivare al traguardo: troppo arduo da conquistare. Zotti, dagli undici metri, scrive il vantaggio dopo appena sei minuti. La Vibonese è schiacciata, il direttore di gara non ravvede un secondo penalty, la squadra continua a giostrare e a creare, sfiorando il raddoppio. Prima che arrivi l’intervallo, i calabresi restano anche in dieci: servono altri due gol, però la partita sembra sorridere al Noicattaro. Ma il sacro furore dei padroni di casa, nella ripresa, si stempera e la Vibonese riconquista metri e serenità. Proponendosi, magari, di addormentare la vitalità altrui, sfruttando un pressing meglio armato. Gli spazi si riducono. L’intensità del gioco cala. Il Noicattaro, ora, è stanco, molto meno ispirato, poco lucido. La volontà non basta e difetta pure lo spunto isolato. L’avversario, infine, sceglie di rintanarsi e di resistere sino alla fine: e la manovra si infrange sistematicamente sul muro eretto dagli uomini di Galfano. Finisce male, con il Noicattaro in nove e il malumore sugli spalti. La città perde il professionismo e, forse, pure la sua espressione calcistica. Tra i dilettanti, sarà più facile espatriare. Il destino sembra compiuto.