Il Bari, la sgroppata esaltante del
finale di stagione – quella appena passata – e i segreti del suo successo, al di
là del mero risultato guadagnato sul campo: playoff senza promozione finale.
Roba di metà giugno scorso. Adesso, però, si sta disegnando una storia tutta
nuova. In cui palcoscenico ed attori sono cambiati. Cominciando da Gianluca
Paparesta, timoniere di un travaso storico: quello che conduce dal lunghissimo
regno dei Matarrese a una società gestita con un nuovo profilo manageriale,
lontana dai pericoli sofferti nel recentissimo passato (l’antica Associazione
Sportiva, sommersa dai debiti, infatti, non esiste più) e, raccontano i più maligni,
ancora avvolta dal mistero dei finanziatori (chi sono, dove sono, sono legati
all’ormai potentissimo Lotito oppure no?). Passando da Stefano Antonelli,
incaricatosi del peso non indifferente di surrogare l’abbandono del vecchio ds
Angelozzi, mente pratica dell’ultimo Bari. Transitando da Denis Mangia, tecnico
rampante che si trascina l’alto gradimento di Arrigo Sacchi, ma ormai titolare
di una certa esperienza sulla panchina (Varese, Palermo, Under 21, Spezia). E
sostituto designato della coppia Alberti-Zavettieri: che, magari, altrove
sarebbero stati riconfermati senza indugi: per la bontà del lavoro sbrigato e
per il riscontro tangibile ottenuto. Per arrivare a qualche protagonista della
squadra che si sta consolidando: Stevanović, Stoian, De Luca,
Rossini, Ligi, Wolski, Minala, Donnarumma, Gomelt, Donati e altri ancora.
Protetti, intanto, dal blocco conservato
(Sabelli, Galano, Sciaudone, Calderoni, Romizi, Guarna, lo stesso Defendi).
Senza dimenticare Caputo: un acquisto vero e proprio, malgrado non lo sia, in
realtà. Un attaccante che, smaltita la lunga squalifica, si fa trovare pronto,
monetizzando bene rabbia e motivazioni. E che, di fatto, inaugura il campionato
di questo Bari. La vittoria contabilizzata sabato a Chiavari, casa della neopromossa Entella, parte
dalla sua firma, a cui si affianca il sigillo di Galano, a match quasi
esaurito. Ma il successo in Liguria è, senza volersi soffermare sullo spessore
dei singoli, il prodotto di un atteggiamento ancora spavaldo e genuino. Questo
collettivo, ad una prima analisi, sembra cioè aver ereditato la mentalità di
quello che l’ha preceduto. La squadra osa e trova. Imposta e rifinisce. In
certi scampoli di match, anzi, il compito diventa persino facile: lo ammette
senza perifrasi pure il tecnico avversario. Ed è proprio questo, forse, il
dettaglio che deve insospettire. Mangia, così, attende la controprova e fa bene. Ma, se lo spirito
del gruppo è immutato, confidare nel domani è perfettamente lecito. La spinta
della gente sugli spalti, oltre tutto, ci sarà ancora. Come nel rush finale di un campionato fa.