martedì 2 settembre 2014

Bari, spirito immutato

Il Bari, la sgroppata esaltante del finale di stagione – quella appena passata – e i segreti del suo successo, al di là del mero risultato guadagnato sul campo: playoff senza promozione finale. Roba di metà giugno scorso. Adesso, però, si sta disegnando una storia tutta nuova. In cui palcoscenico ed attori sono cambiati. Cominciando da Gianluca Paparesta, timoniere di un travaso storico: quello che conduce dal lunghissimo regno dei Matarrese a una società gestita con un nuovo profilo manageriale, lontana dai pericoli sofferti nel recentissimo passato (l’antica Associazione Sportiva, sommersa dai debiti, infatti, non esiste più) e, raccontano i più maligni, ancora avvolta dal mistero dei finanziatori (chi sono, dove sono, sono legati all’ormai potentissimo Lotito oppure no?). Passando da Stefano Antonelli, incaricatosi del peso non indifferente di surrogare l’abbandono del vecchio ds Angelozzi, mente pratica dell’ultimo Bari. Transitando da Denis Mangia, tecnico rampante che si trascina l’alto gradimento di Arrigo Sacchi, ma ormai titolare di una certa esperienza sulla panchina (Varese, Palermo, Under 21, Spezia). E sostituto designato della coppia Alberti-Zavettieri: che, magari, altrove sarebbero stati riconfermati senza indugi: per la bontà del lavoro sbrigato e per il riscontro tangibile ottenuto. Per arrivare a qualche protagonista della squadra che si sta consolidando: Stevanović, Stoian, De Luca, Rossini, Ligi, Wolski, Minala, Donnarumma, Gomelt, Donati e altri ancora. Protetti, intanto, dal  blocco conservato (Sabelli, Galano, Sciaudone, Calderoni, Romizi, Guarna, lo stesso Defendi). Senza dimenticare Caputo: un acquisto vero e proprio, malgrado non lo sia, in realtà. Un attaccante che, smaltita la lunga squalifica, si fa trovare pronto, monetizzando bene rabbia e motivazioni. E che, di fatto, inaugura il campionato di questo Bari. La vittoria contabilizzata sabato a  Chiavari, casa della neopromossa Entella, parte dalla sua firma, a cui si affianca il sigillo di Galano, a match quasi esaurito. Ma il successo in Liguria è, senza volersi soffermare sullo spessore dei singoli, il prodotto di un atteggiamento ancora spavaldo e genuino. Questo collettivo, ad una prima analisi, sembra cioè aver ereditato la mentalità di quello che l’ha preceduto. La squadra osa e trova. Imposta e rifinisce. In certi scampoli di match, anzi, il compito diventa persino facile: lo ammette senza perifrasi pure il tecnico avversario. Ed è proprio questo, forse, il dettaglio che deve insospettire. Mangia, così,  attende la controprova e fa bene. Ma, se lo spirito del gruppo è immutato, confidare nel domani è perfettamente lecito. La spinta della gente sugli spalti, oltre tutto, ci sarà ancora. Come nel rush finale di un campionato fa.