martedì 14 luglio 2009

Bari, ripartenza ovattata

Il Bari lavora già, in ritiro. Con Ventura. E con volti nuovi: una decina abbondante. Ma la ripartenza è sembrata vagamente ovattata. Perché la tifoseria, peraltro stordita dalla vicenda-Conte e dai suoi contorti sviluppi, avrebbe atteso invano qualche cognome trainante. Che potrebbe arrivare in sèguito, oppure no. Non è, cioè, un obbligo. E neppure una necessità imprescindibile. Dice bene, del resto, il presidente Matarrese: con Boban e Platt in squadra, un Bari ambizioso di qualche tempo fa affondò in B. E uno molto più operaio, per esempio, si riguadagnò la fiducia della gente, riacquistando sùbito dopo i diritti del massimo campionato. Più o meno come accaduto nuovamente due mesi addietro. La serie A, tuttavia, è un’altra storia. E, malgrado tutto, serve gente importante. Non tanto dal punto di vista del blasone, ma nelle caratteristiche di gioco. Per salvarsi, riteniamo, occorrono protagonisti che corrano, ma anche tecnicamente dotati. E affidabili sotto il profilo della personalità. Di categoria, per intenderci. L’impressione, oggi, è che questo Bari si sia notevolmente ridisegnato, affidandosi a un gruppo di giocatori probabilmente affamato, ma anche non eccessivamente carrozzato di esperienza specifica nel primo torneo nazionale. L’altra impressione è che la società si fidi incondizionatamente (ed è giusto che lo faccia, dal momento che l’ha scelto) delle qualità del tecnico e della sua abilità nel consegnare formazioni compatte ed efficaci. E, allora, ci sembra pure di capire che molto futuro passerà attraverso il lavoro quotidiano e il modulo imposto da Ventura. Quest’anno più che mai, poi, la serie A si annuncia particolarmente equilibrata. E sprovvista, almeno sulla carta, di collettivi al di sotto della media. Dunque, per assimilare la permanenza, che è l’unico obiettivo del Bari, non si potrà prescindere dalla perfetta lubrificazione dell’ingranaggio. Né si potrà confidare troppo sulle carenze altrui. Eppure, nonostante tutto, la sensazione è che manchi davvero qualcosa. Cioè lo spessore di cui si nutre un collettivo. Potremmo sbagliarci. Anzi, ci auguriamo di sbagliare. Ma di una cosa siamo sicuri: il format del campionato è sempre lo stesso. E, alla fine, saranno in tre a pagare pedaggio. E, da qualche parte, dovranno pure uscire.