lunedì 13 maggio 2013

Martina, permanenza e resa dei conti

Difficile capire se il Martina non vuole o non può. Sicuramente, però, l'ultimo match della regular season consegna la stessa squadra degli ultimi tempi: inamidata ed eterea. Alla quale, tuttavia, il pareggio (cioè il risultato più quotato, ovvero quello più atteso: anzi, addirittura scontato) potrebbe non bastare per evitare i playout, se la concorrenza dovesse realizzare partite di assoluto prestigio. Quel pareggio che ai toscani, invece, è necessario per allontanare qualsiasi pericolo. E che, puntualmente, si concretizza in coda ad una gara complessivamente svogliata per un'ora ed inesistente per altri trenta minuti. Tutti, sul campo, attendono in realtà segnali (positivi) dalle altre sfide della giornata: che, alla fine, finiscono per premiare le previsioni. Match ritmato dai timori e dalla convenienze: in cui, peraltro, la formazione di Bitetto si ritrova a rincorrere due volte, lasciando nella gente che tifa una scia di apprensioni. A salvezza appena raggiunta, poi, lo striscione spiegato dai tifosi della curva («Adesso andate via tutti», il resto lo censuriamo) non lascia dubbi sull'ancora recente deterioramento del rapporto tra ambiente e squadra. C'è la permanenza, dunque: ma non la festa. L'atmosfera è ombrosa: dopo il novantesimo è come prima del calcio d'inizio. E pure il momento riservato alle considerazioni per la stampa è dimesso. Almeno sino a quando interviene il direttore generale Petrosino, che rassegna le proprie dimissioni, non senza mostrare commozione. E non prima di aver dettato qualche concetto. Il primo: le insinuazioni sul coinvolgimento del Martina in un'eventuale inchiesta federale sui match disputati al Tursi contro l'Aquila e contro l'Aprilia e l'accostamento alla vicenda del suo cognome lo irritano e lo spaventano. Il secondo: l'obiettivo dichiarato (la C in cinque anni) è stato centrato e, addirittura, difeso al primo tentativo. Il terzo: il Martina, quest'anno, ha fortemente deluso. Non dimostrandosi un gruppo di uomini. E poche eccezioni (Petrilli, Scarsella, Mangiacasale e qualche giovane) confermano la regola. Il quarto: lo spaccamento dello spogliatoio, qua e là ipotizzato da osservatori e supporters, è pura verità. E nè il tecnico, nè la società hanno saputo o potuto ovviare al problema. Il quinto: la Lega di serie C è, giorno dopo giorno, sempre più pressante e sempre più intransigente, su tutto. Ed è difficile rispondere alle richieste, dal punto di vista economico. Niente male davvero: uno sfogo senza troppi veli, diciamo così. Dove ce n'è per tutti. A seguire, recupera il microfono il presidente Muschio Schiavone, che si concentra sull'assenza degli amministratori locali e sull'insensibilità dell'imprenditoria martinese, rivelando qualche contatto già intavolato con potenziali nuovi soci dell'area barese. Ma rivelando anche l'insidia sfumata di un punto di penalità, l'intenzione di confermare coach Bitetto («un aziendalista», ripete più volte), l'imminente data di scadenza della convenzione sull'utilizzo dello stadio e, infine, un certo disagio che si annida dietro le scrivanie di comando. Traducendo, se non si dovesse concretizzare alcun aiuto al club, i programmi futuri finirebbero per indebolirsi. Proprio alle porte di un campionato, il prossimo, nel quale nove società verranno destinate alla serie D. Traducendo ancora, siamo alla fine di un ciclo. E, forse, alla resa dei conti.