mercoledì 19 febbraio 2014

Paparesta lascia, è il punto di non ritorno

«Certe voci disturbano. Sapere, proprio mentre le trattative con i possibili acquirenti si evolvono, del sequestro dei cartellini (di Galano, ndr) e della quantificazione irrealistica di un disavanzo economico è un peso insostenibile. E io non ho intenzione di collezionare brutte figure». Parola più, parola meno, è il pensiero di Gianluca Paparesta, ormai ex gestore dell’auspicato travaso societario del Bari. A dimissioni formalizzate (e concordate con la proprietà), non resta dunque che avvalorare quella sensazione di debolezza di determinate dinamiche (e, soprattutto, di determinate operazioni) e di un attrito sempre più possente tra l’ex direttore di gara e il gruppo che sta provando a guidare il Bari in regime di autogestione. Come alcune recenti parole del diesse Angelozzi, peraltro, avevano abbondantemente lasciato pensare. Ricapitolando, il club di via Torrebella sembra al punto di partenza. Senza liquidi, sotto il peso di troppe pressioni (gli stipendi vanno onorati, per non incorrere in nuove penalizzazioni), minacciato dall’ombra del fallimento e senza grandi prospettive. Anzi, avanza sempre più prepotente l’ipotesi di una procedura di autofallimento: che, al momento, appare la situazione meno dolorosa e più utile alla causa. Le dimissioni di Paparesta dovrebbero segnare, dunque, anche un punto di non ritorno. Preparando, appunto, il terreno per le manovre estreme. Quelle che, però, potrebbero consegnare il futuro: di cui, tuttavia, oggi non conosciamo il prezzo. E che, perciò, piovono probabilmente al momento più opportuno. Discutere e confrontarsi, a questo punto, non serve più. Avviarsi verso le incognite del futuro sarà fastidioso: ma, di sicuro, significherà accorciare i tempi. Comunque vada a finire. E prepararsi a tutto.