mercoledì 16 aprile 2014

Grottaglie, crollo verticale

C’era una squadra incerta ed ingenua, minacciata da complicazioni societarie stringenti, in difficoltà palese sull’erba amica, immatura nella gestione dei passaggi fondamentali: era il Grottaglie di Alberto Bosco, esautorato a metà del cammino, prima della rivisitazione tecnica e del consolidamento del club. Così, Giacomo Pettinicchio ereditava una classifica affaticata e un organico migliorato negli uomini e arricchito numericamente: e, con le energie nuove, l’esperienza del nocchiero e il lavoro, lievitavano la produzione di gioco, l’abitudine al risultato e, dunque, le speranze. Il nuovo Grottaglie, lentamente, si arrampicava sulla classifica, avvicinandosi al traguardo. Rifiutando idealmente persino la prospettiva dei playout, così scomodi e misteriosi. Rivolgendosi, in seconda persona, anche alle big del torneo. Pur senza ottenere, tante volte, la moneta che avrebbe pienamente meritato. Ecco, proprio in questo segmento temporale, segnato da un’evoluzione strutturale e tecnica, cominciava invece a propagarsi il male: figlio legittimo di un’involuzione mentale, ovvero psicologica. Contraccolpo violento, verrebbe da dire: la scarsissima resa, a fronte del buon calcio espresso, finiva per spegnere la squadra, velocemente. Proprio mentre il calendario si addolciva. Proprio mentre la concorrenza si risvegliava. Guardare la classifica, in questo momento, impaurisce: il Gladiator, ultimo, è appena un passo indietro. La Puteolana ha appena formalizzato il sorpasso. Qualche scontro diretto (a Metaponto, in casa con il Vico, sul sintetico di Manfredonia) è transitato invano, lasciando in dote appena un punto: che, poi, è l’unica e insufficiente soddisfazione degli ultimi due mesi. E i playout, alla fine, sono addirittura un’incombenza niente affatto scontata, eppure da salutare volentieri. L’ultimo capitolo, in terra sipontina, illustra sapientemente il crollo verticale. E fotografa le fatiche di una squadra che non sa più reagire alle avversità. Schiacciata, probabilmente, dalla sua stessa (e genetica) fragilità. Che l’ordine tattico e la manovra più spigliata, sicuramente, hanno occultato per un po’: senza, tuttavia, annientare. E scoprendo il lato più intimo e debole del carattere del Grottaglie: quel carattere che la società, adesso, pretende. Ringhiando.