mercoledì 30 aprile 2014

Il Taranto e le occasioni che contano

Prima il Brindisi, dopo il Francavilla, poi il Monopoli, quindi il Marcianise, infine la Turris. Una dopo l’altra, cadono molte protagoniste della quinta serie che alberga tra la Puglia e la Campania. E il campionato seleziona le forze migliori. Premiando, cioè, chi ha sbagliato meno. Il rush finale è una corsa che riguarda Matera e Taranto. E nessun altro. Lotta a due, battaglia dura. Stessa resa (cinquantotto punti, prima di domenica scorsa), stessi match a disposizione (due). E, attorno, il profumo di spareggio. Incandescente, affascinante. Ma in questo torneo, ormai lo sappiamo, le porte si aprono, si chiudono, si riaprono e si richiudono con facilità disarmante, in un vortice di emozioni purissime. E davvero niente è scontato. Oltre tutto, il calendario è infido per tutti, sino in fondo: anche per il Matera, che viaggia verso Vico. E pure per il Taranto, ospitato dal Marcianise. I costieri cercano punti per salvarsi, ma la gente di Cosco passa ugualmente. Mentre la formazione jonica si ferma, spartendo la posta con i casertani, troppo orgogliosi per rassegnarsi alla quinta piazza dopo tre quarti di stagione di rilievo e qualità. Ecco, allora, che i destini sembrano compiersi prima del tempo: il Matera vede la C e progetta di superare in casa il Manfredonia, nel prossimo match, per festeggiare. E il Taranto mastica amaro, amarissimo. Rispolverando tutti i suoi limiti proprio davanti al traguardo. Non è, del resto, un segreto: con esperienza e personalità, Papagni ha occultato (o ridimensionato) la natura sdrucciola di un organico male assortito, poco equilibrato (penetrante nell’area avversaria, morbido in fase di filtro e non possesso) e non sempre credibile nelle occasioni che contano. Cioè, nelle gare che indirizzano la stagione. Sin quando ha potuto, però. Per intenderci: gli accorgimenti tattici e il buon senso del tecnico biscegliese, con il sostegno di un alto quoziente realizzativo, hanno finito per sostenere il collettivo, mantenendolo sin qui in prima fascia: eppure, i problemi strutturali di un tempo sono rimasti tutti e gli infortuni individuali e di reparto hanno scritto il resto. Pesando al momento della verità. La partita di Marcianise, peraltro, riassume un po’ di verità assolute. Denudando, al contempo, un atteggiamento difettoso: il Taranto si porta in vantaggio per due volte, finendo però per intimorirsi e per concedere metri e iniziativa alla manovra della formazione di Fogliamanzillo. In sostanza, reticenze e personalità sbiadita condannano la squadra ai playoff: a meno che il campionato non riservi, al fotofinish, l’ultimo coup de theatre. A verdetto virtualmente scritto, tuttavia, non possono convincerci le prime accuse, più o meno feroci, schizzate irrazionalmente sulla società, sul tecnico e sugli effettivi di un organico allestito con sacrifici estivi non indifferenti e, soprattutto, in fretta, alle soglie del torneo. La riappropriazione del calcio, sui due Mari, d’altra parte, è un processo lento che deve tenere conto di molti dettagli e, prima di ogni altra cosa, degli insegnamenti del passato. Approfondire le valutazioni ed esercitare il diritto di critica è legittimo. E, anche da queste colonne, nessuno ha mai circumnavigato la questione, discutendoci sopra. Ma sparare addosso a questo Taranto, sia pure sulla scia della delusione o della frustrazione, è ingiusto. Almeno questa volta, le attenuanti ci sono: e sono roba seria.