L’impresa è esagerata, ma la speranza deve reggere sino in
fondo. L’ultimo atto della regular season nasconde un obbligo: vincere e
sperare. Che le avversarie realizzino poco o niente e che poi, la domenica
successiva, si accontentino di un pari nello scontro diretto. Finendo per
avvantaggiare, in qualche modo, la terza concorrente che, per l’occasione,
riposa. E che, dunque, non potrà incrementare la propria classifica. Diciamo
pure che, da una certa angolazione, non va benissimo: il Frosinone si libera
agevolmente, in casa, dell’Aquila. Ma neppure malissimo: il Perugia, a Salerno,
pareggia. Solo che il Lecce, a Pisa, stecca. Disperdendo la possibilità di
spareggiare con gli umbri e autoinfliggendosi la punizione dei playoff con una
settimana di anticipo. Niente primo posto: nemmeno per sette giorni. Ma neppure
seconda piazza e, quindi, niente pole
position nella griglia degli spareggi di maggio. La formazione di Lerda,
invece, si ritrova terza della classe: condizione, questa sì, inattaccabile. In
Toscana, del resto, l’avversario è immediatamente più pronto. Il gol che decide
il match piove abbastanza presto, dopo appena undici minuti. Il Lecce non saprà
rimediare: Miccoli ci prova e spreca il pari, poi il tecnico decide di
avvicendarlo con Zigoni. Da qui in poi, la squadra si spegne, rassegnandosi
alla crudezza della realtà. Bogliacino e compagni si fermano un attimo prima
del traguardo: pagando, forse, lo stress accumulato in una rincorsa
dispendiosa. Soffrendo, una volta di più, la pressione dell’evento. Fallendo,
così come in occasione dell’ancora recente sfida con il Perugia, l’approccio ad
una gara troppo delicata. E, probabilmente, inchinandosi anche di fronte al
fattore psicologico: il Lecce, magari, non ci crede sino in fondo. Oppure no:
perché è così, in fondo, che doveva andare. Qualche giorno di silenzi e di
riposo, allora, serviranno ad assorbire delusione e rabbia. Quindi, la giostra
dei playoff. Crederci, questa volta, è assolutamente necessario.