domenica 6 aprile 2014

Manfredonia, il trend di sempre

Se la piazza sbuffa, s’impressiona, si agita e preme, il club si difende e si protegge. Dunque, si adatta. E cede alle pressioni. Un po’ quello che, recentemente, è accaduto a Manfredonia, microcosmo in crisi dopo un avvio di stagione complessivamente incoraggiante. E, successivamente, angustiato dai mali di stagione e di solvibilità. Che, di fatto, hanno consigliato una politica di contenimento dei costi di gestione, tradotta a metà del cammino in una rivisitazione del materiale umano a disposizione del coach. La rivoluzione di dicembre, in sostanza, ha rimodellato l’organico, sottraendo al tecnico Cinque qualche certezza accatastata nel percorso, la solidità di base della squadra e qualche colpo utile nei momenti più ardui. Nella manche di ritorno, cioè, il Manfredonia si è un po’ perso, senza rincontrarsi mai compiutamente. Scalando dalle posizioni a ridosso dell’aristocrazia del girone appulocampano di serie D a quelle meno rassicuranti del quartiere playout. In cui, ora, occorre misurarsi con avversarie psicologicamente già ben adattate alla battaglia, rafforzate a lavori in corso e, evidentemente, più motivate. Mentre, sul golfo, il timore si è già abbondantemente diffuso. Cinque, come molto spesso accade in casi come questo, in realtà ha intanto già pagato con l’esonero, planato meno di due settimane fa. Squadra un po’ ferma, un po’ molle, impaurita. E ambiente riscaldato: quanto basta per convincere il club che qualche soluzione andava pur perseguita. Al suo posto si è seduto Max Vadacca, fantasista di un tempo (anche a Manfredonia) e allenatore alla prima proposta importante. Subito castigato, all’esordio, in casa, dal San Severo: in un derby che è riuscito ad invertire posizioni e prospettive di vinti e vincitori (chi inseguiva, adesso si fa inseguire e viceversa). E, sei giorni dopo (cioè ieri, nell’anticipo), premiato nella trasferta di Pozzuoli. Dove il Manfredonia ha, se non altro, riconquistato ritmo ed energie mentali, sfruttando la cattiva gestione di gara della Puteolana e il carattere ammorbidito di una squadra, quella campana, assolutamente irriconoscibile. Mettendoci, tuttavia, qualcosa di proprio, almeno sul piano dell’intensità e della sostanza. Nonostante i sei under schierati tutti assieme dall’inizio , tra cui il ’97 Terminello (la felice esperienza maturata con Granatiero, peraltro già passato alle giovanili della Juve, spinge ad insistere).  Anche se poi, facendo due conti, si scopre quello che i numeri ci avevano lasciato intuire, già all’epoca del governo Cinque: il Manfredonia sa cautelarsi e poi ripartire con perizia, ma zoppica appena è lecito attendersi di più in fase di possesso, ovvero quando la logica obbliga il modulo ad impossessarsi del match. I dodici punti soltanto guadagnati al Miramare e i diciannove collezionati lontano da casa spiegano a sufficienza: tanto da sospettare che il problema è strutturale. E che il cambio di gerenza tecnica, al di là delle competenze di Vadacca e della bontà del lavoro che il nuovo allenatore saprà applicare, era probabilmente solo una necessità di routine.