martedì 15 dicembre 2009

Il cuore del Taranto. E la polemica di Brucato

Scomodiamo un luogo comune: vince il cuore. O la rabbia, come suggerisce Brucato. Non può vincere, del resto, solo il calcio del Taranto. Che non coltiva ancora un progetto e che non abbonda neppure di razionalità. Non è (né può essere), infatti, razionale la squadra che liquida il Cosenza nel posticipo serale del lunedì. Che, sì, nella ripresa stringe l’avversario, ribaltando lo score, ma appellandosi all’urgenza, alla neccesità, alla disperazione (altri luoghi comuni: e va bene). E all’orgoglio, anche. L’orgoglio di chi, come Felci, sembra aver chiuso in anticipo l’esperienza in riva a Mar Piccolo e che è parte integrante della lista nera stilata dalla società. O di chi sta vivendo i suoi giorni tra la disapprovazione della gente. Tre punti di rabbia, allora. Dettati dal cuore. Buoni a rilanciare Scarpa e compagni. E ad azzerare la prova del Cosenza, intelligente per un tempo. Il primo. Il Cosenza che, da principio, coniuga sacrificio, culto dell’attesa, quantità e scaltrezza. Per poi abbassarsi e abdicare. Cioè, per piegarsi: in coda ad una partita solcata dai dubbi (il direttore di gara sembra negare un penalty a Biancolino, ma poi convalida il vantaggio bruzio, viziato da una situazione di offside). Ma, prima di vincere, il Taranto – ancora una volta – dimostra di non possedere fluidità, si slabbra, s’intimidisce. Il momento storico è difficile e i timori emergono tutti. Che solo la determinazione e l’accelerazione dei ritmi, più tardi, riusciranno a distanziare per almeno sei giorni. Dopo aver vinto, invece, il tecnico ingaggia un lungo duello verbale con la stampa. Che chiede, ma senza livore. Per capire, se non altro, le scelte iniziali di Brucato (Correa non si siede neppure in panchina): ovvero nulla di particolarmente scandaloso, normalissima routine. Ma la mourinhizzazione della dialettica si allarga velocemente e approda tra i due Mari. Dove, a questo punto, diventa praticamente inutile frequentare la sala stampa. E dove occorrerà accontentarsi della semplice verbalizzazione delle parole di circostanza.