martedì 17 luglio 2012

Foggia, si spezza il filo della storia

La soluzione campana (Esposito, attuale gestore del Marino, club di D, e del Valletta,  formazione tra le più titolate di Malta) non regge. E non risolve neppure l'interessamento di un imprenditore ligure, Pedemonte. Il Foggia, senza acquirenti e senza contante per coprire le falle (la fidejussione mancante all'atto dell'iscrizione) e, eventualmente, reinvestire, muore. Senza neppure inoltrare ricorso alla Covisoc. Adesso è ufficiale, ma - in realtà - la notizia era attesa. Niente più C1, niente più pallone, almeno per ora: in Capitanata, al massimo, chi può comincia a vagliare seriamente la possibilità di ripartire dalla quinta serie. In mezzo al mare delle polemiche già aperte e di quelle che si apriranno: in cui il nome di Casillo ne esce, agli occhi della gente, ulteriormente macchiato. Al pari di quello di tranti imprenditori foggiani: fermi, è questa l'accusa, di fronte al precipitare degli eventi. Proprio mentre, a pochi chilometri di distanza (Andria), il salvataggio riesce al fotofinish, in coda ad un'azione sinergica, coordinata tra operatori economici locali, della provincia e tifoseria. No, la guerra delle parole e l'incrocio di accuse, nel capoluogo dauno, non si esauriscono certo qui. Dopo che si è rischiato di peggio (l'ormai ex patron aggredito in un bar del centro cittadino, giorni fa). Intanto, in città, bandiere e casacche del Foggia brillano al sole della mortificazione e dell'orgoglio: è un atto d'amore, una riappacifacazione simbolica con la storia. Ma la realtà dice altro: che l'orgoglio è tradito e che il filo della storia si è spezzato. In altre occasioni, prima di oggi, il pallone di Capitanata aveva scansato il fallimento o l'entinzione. Questa volta, però, non è stato possibile. Evidentemente, nella sua speitatezza, il calcio sa concedere persino una proroga, un salvacondotto, nuove possibilità. Ma, alla fine, chiede il conto. Che, solitamente, è amaro.