venerdì 13 luglio 2012

Il Casarano chiude (male) il progetto di risalita


«Torna in D, ne siamo consapevoli sin da adesso, non per partecipare soltanto. Ma per avvicinarsi alle antiche postazioni perdute: è questo il senso vero del progetto della famiglia De Masi». Senza omissione alcuna, è il copia e incolla di quanto scrivemmo su questo stesso blog nel marzo del duemilanove. Tre anni fa, non trent'anni. Ieri, però, il Casarano si è ufficiamente liquefatto, rinunciando a presentare domanda d'iscrizione alla quinta serie. Mentre il progetto si è infangato molto prima, sùbito dopo la deludente esperienza del campionato di serie D 2009/2010. La famiglia De Masi, del resto, si era progressivamente allontanata dal pallone e, più in generale, dallo sport cittadino (anche la scudettata società di pallamano ha calato la saracinesca, tempo fa). Soffrendo, prima di altri, gli effetti della recessione che, ovviamente, non risparmia l'imprenditoria di ogni angolo del Paese. Facendo due conti, ci siamo sbagliati un po' tutti. Ignorando, nelle previsioni, l'ineluttabilità degli eventi. Tutti: la stampa (noi compresi), l'opinione pubblica, la tifoseria e la stessa dirigenza del club. Quel progetto di risalita, depotenziatosi stagione dopo stagione, è ammarato infine nell'onta dell'impotenza. E il calcio, a Casarano, ripartirà da chissà dove, chissà quando. Ferito dalla crisi e da qualche calcolo inesatto, da una di quelle dinamiche strane che modellano e indirizzano il pallone di provincia e, non ce ne voglia nessuno, anche da certi giochi di potere che si nascondono dietro il paravento delle politica cittadina. In cui il calcio serve a guadagnarsi visibilità, prestigio e forza contrattuale. Diventando poi un fardello pesante. E, alla lunga, ingestibile.