martedì 15 gennaio 2013

E il Taranto è ancora lì, sul fondo

Il campionato brucia domeniche ed energie. E il tempo passa, accorciandolo. Non è ancora il momento di affrettare i tempi (di manovra e di giudizio), nè quello di esigere il bilancio consuntivo. Però, l'indicatore principale (il nuovo anno ormai inaugurato, che coincide con l'esatta metà del percorso) racconta una verità: i margini di movimento, soprattutto per chi soffre, si restringono sempre più. Soprattutto se (ed è il caso del Taranto) la campagna di rafforzamento può essere definita robusta e concreta. Ecco: il club ha totalmente rinnovato i ranghi: pochi, tra quelli che hanno cominciato il torneo di serie D, a settembre, sono rimasti. L'intelaiatura è stata destrutturata e ricomposta, fortemente. Il materiale umano a disposizine di Pettinicchio, oltre tutto, è stato arricchito: di qualità (pensiamo a Mignogna, tanto per fare un nome), di quantità (si dice persino che adesso, in avanti, siano in sovrannumero, dopo l'arrivo di El Ouazni, Gatto e, prima ancora, Molinari) e di opzioni (l'elenco degli under è corposo, ormai). Persino il manto dello Iacovone sta lentamente migliorando. Senza contare che due (quasi tre) mesi di rodaggio possono bastare: malgrado sia giusto sottolineare come l'opera di consolidamento dell'organico è stata completata gradualmente, passo dopo passo (gli ultimissimi arrivi non godono di troppi allenamenti nelle gambe). Eppure, il Taranto è sempre lì, in coda al girone: nonostante lo spessore tecnico della squadra sia, di questi tempi, decisamente allettante (nelle retrovie del raggruppamento appulocampano, è assolutamente il migliore: e di questo non si può neppure discutere). E, oggi come oggi, il verdetto sarebbero i playout. Ma, soprattutto, la gente di Pettinicchio non riesce a convincere pienamente per due volte di fila: segno tangibile della scia di disagio che continua ad ostacolare la rincorsa alla salvezza. Cioè, l'unico obiettivo ragionevolmente possibile. C'è sempre qualcosa che non va come dovrebbe: la prestazione di quello o di quell'altro singolo, che intacca il risultato; l'atteggiamento remissivo della squadra o, talvolta, la mancanza di coraggio; le disattenzioni di reparto; la discontinuità di rendimento; i periodici difetti di intensità; l'impalpabilità offensiva. E, probabilmente, altro ancora. Anche domenica, in casa del Gladiator (certo, la seconda della classe, imbattuta), la sconfitta è arrivata puntuale, quasi ineluttabile: malgrado un atteggiamento neanche male e un dispositivo tattico abbastanza alto. E la stessa auspicabile reazione si è sbriciolata facilmente. Annientando il facile e sontuoso successo ottenuto sul Trani, sette giorni prima. Ovvio: è doveroso concedere ancora fiducia, a questo Taranto, partito in fretta e male. E reinventato mentre gli altri solidificavano schemi e postura. Tuttavia, Cordua e compagni non possono continuare a pensare di restare per sempre sotto il tetto dell'attenuante. Il momento è serio: e, anche se la classifica resta assai corta, il processo evolutivo non può tardare troppo. Anche la società, a quel punto, non capirebbe.