giovedì 31 gennaio 2013

Taranto, le barricate restano

La rissa sfiorata domenica davanti alle telecamere e l'astio incrociato, distribuito da una buona fetta della dirigenza del Taranto in sala stampa, sono transitate anche sugli schermi del web. E, ovviamente, sulle pagine dei giornali. Il pallone bimare, da questa storia già raccontata pure su queste colonne, esce ulteriormente ammaccato e svilito. Come se non bastassero le storture del passato: recente e prossimo. Evidenti, peraltro, le responsabilità di tutti. Di chi, come il presidente Zelatore, si sistema lontano, dall'altra parte della tribuna, intrattenendosi con dirigenti senza contratto (l'ex diesse Pagni), scavando altra distanza con il gruppo concorrente, niente affatto tenero nelle recenti dichiarazioni ufficiali. Di chi, come i luogotenenti della cordata che fa riferimento al vicepresidente Nardoni, prova a confondere la realtà, traendo in inganno (o, magari, spiazzando semplicemente) l'addetto stampa del club: che annuncia un silenzio stampa che non c'è. E che, comunque, non appare concordato con chi, alla fine, rappresenta la società.  Di chi, come il direttore generale Pellegrini, si ammutina davanti alla pubblica opinione, trattando ruvidamente il massimo responsabile societario. E di chi, come la squadra - rappresentata dal suo allenatore - prova a tenersi fuori dalla contesa, finendo per parteggiare (inconsapevolmente o meno) con l'opposizione che avanza. Immediatamente dopo, peraltro, la situazione non migliora affatto. Anzi. Sistemate su barricate opposte, le fazioni rimangono sostanzialmente dov'erano. In attesa della prossima battaglia (il consiglio d'amministrazione): che non sarà quella definitiva: è bene prevederlo. Anche l'ultimo capitolo, poi, convince poco: Pellegrini, come avevano già fatto i responsabili dell'ufficio stampa (che, di fatto, esce dalla vicenda discretamente bene) si dimette dall'incarico, dopo aver riflettuto. Ma le dimissioni non sono immediate: arriveranno, piuttosto, a ridosso del prossimo vertice. E verranno, dunque, valutate dal presidente che verrà: presumibilmente proprio l'uomo più vicino al direttore generale. Che, magari, le respingerà. Una manovra, questa, che Zelatore ha già fiutato, bollandola con scarsa considerazione. E che, assieme a tutte le altre, potrebbe contribuire ad allontanare nuovamente la gente dal Taranto. Quello stesso Taranto che, prima o poi, non potrà sottrarsi all'esigenza di chiedere sostegno alla città. Nel migliore dei casi, infatti, accadrà proprio questo.