Alberti e Zavettieri superano
qualche problema di formazione. Ma il Bari non si libera dal Carpi.
Raggiungendo, anzi, il risultato minimo solo in prossimità del fotofinish. Dopo aver condotto il match
per un po’. Ed essere passato in vantaggio, legittimamente. Eppure,
globalmente, la prestazione non fortifica il morale del gruppo e della
tifoseria. Aprendo, per qualche ora, il dibattito sulla posizione dei tecnici, minacciati
da un esonero che, comunque, non si concretizza. E dire che il match sembra
ammiccare, da sùbito. Il Bari, è vero, non forza, non alza il ritmi. Ma tiene
palla, premendo con discrezione: e, sostanzialmente, fa la partita.
L’avversario è fragile e non filtra: sembra poco convinto e persino poco
dinamico. Galano, di contro, è ispirato. Fedato si accoda. Il 4-2-3-1 e qualche
accelerazione bastano a creare i presupposti giusti che permettono a Ceppitelli
di colpire. Uno a zero, il compito appare facile. Così non è, invece. Gli
emiliani si svegliano, si consolidano in mezzo al campo, conquistano la
superiorità nella zona nevralgica e cominciano ad aggredire, guadagnando metri
e occupando più spazi. Il nigeriano Mbakogu, un po’ di tecnica e molti doti
atletiche, s’inventa il pareggio e cambia le sorti del match. Che inverte il
suo corso nella ripresa, quando lo stesso Mbakogu escogita la maniera per
raddoppiare. Il Bari si concede al 4-3-3, poi – con l’apporto di João
Silva - al 4-4-2, quindi al 4-2-4: ma vengono a mancare la continuità e la
brillantezza. Marotta e soci rincorrono senza trovarsi. Sciaudone si perde un
po’ e difetta pure la fantasia. Brilla solo Sabelli, che a destra si propone
con continuità e personalità. Resta la disperazione, oppure l’orgoglio: a cui,
infine, la squadra si aggrappa, riuscendo a rimediare almeno un punto. Che non
è molto, ma che tuttavia basta a non deprimersi. E, probabilmente, a salvare i
condottieri, peraltro già sonoramente scaricati dalla curva più calda a gara
ancora in corso. Però, è bene sottolinearlo, il Bari non rinuncia mai a mettere
la palla a terra, anche nei momenti meno fecondi. Pagando (troppo) certe pause
e determinati cali di tensione. Come in passato. Si tratta, evidentemente, di
un limite congenito, che la bassa età media del gruppo contribuisce a spiegare.
Ma non ad assolvere. Mentre la classifica non migliora: reclamando, semmai, un
pizzico di esperienza. Angelozzi, se potrà operare nelle prossime due settimane,
ormai dovrebbe sapere in che direzione
rivolgersi.