giovedì 12 dicembre 2013

Taranto, serve ridimensionare il progetto?


Questa volta si gioca, normalmente. Niente pioggia scrosciante, niente freddo pungente: il Taranto recupera di mercoledì il match di Francavilla sul Sinni, rinviato l’altra domenica. E trova un pareggio non eccessivamente ammiccante, che tiene – magari – la squadra ancora sulla scia del pratico, rapido e ben organizzato Marcianise, sempre più capolista (con merito) del girone appulocampano di D. Quel Marcianise che, peraltro, proprio domenica scende allo Iacovone (dove, uscendo indenne, potrebbe ipotecare la promozione: fatti, non fantascienza). La formazione di Papagni si ritrova sotto, pareggia e ribalta lo score, quindi si fa raggiungere: ma, al di là dei dettagli statistici, dopo un periodo promettente, quella di Papagni non sembra ancora la squadra sicura di sé e proprietaria insindacabile del proprio destino che tutti gradirebbero applaudire. Rischia poco, cioè: ottenendo il minimo indispensabile. Così com’è, diciamolo tranquillamente, non può ambire a molto di più del terzo o del secondo posto finale. Il coach, è vero, è costretto a rinunciare agli attaccanti migliori. E, in fase difensiva, continua a soffocare (le esitazioni, ormai, sono sistematicamente imbarazzanti). Ciarcià, ispiratore designato dall’urgenza, fallisce la prova, sostanzialmente: spiegando, una volta per tutte, che l’ingaggio di un catalizzatore di gioco è esiziale. Ma, in realtà, la seconda sessione di mercato non decolla. Per ora, solo movimenti in uscita. E c’è un motivo, sottolineato – del resto – dagli sviluppi dell’ultimo confronto societario: il club, come confessa candidamente il presidente Nardoni, ha capito di aver fatto affidamento su entrate inesistenti, di fatto. La situazione è più complicata del previsto: come certi segreti sussurrati qua e là avevano, sin dalla fine dell’estate. già abbondantemente lasciato intendere. Nessun problema, però. In questo caso, è sufficiente abbozzare un passo indietro e moderare gli appetiti. Se il Taranto non può competere per la serie C, che venga detto chiaramente. Definitivamente. La gente capirà. O se ne farà una ragione. I programmi possono pure cambiare, a lavori in corso. Non è una vergogna. Per nessuno. Nemmeno per una piazza di prestigio antico: che deve preferire la continuità al sogno folle.