mercoledì 28 novembre 2012

Il Foggia e la memoria corta

Avevamo detto, più volte: questa è una stagione di passaggio, di consolidamento. Della società, innanzi tutto. E, di conseguenza, del progetto: che vuole essere credibile, ovvero longevo. E questo è un campionato da digerire, da capire, da studiare: per poter poi operare, con intelligenza e budget adeguato, la prossima estate. Un anno di transizione significa sacrificio, tolleranza, persino sopportazione: ma anche disciplina, davanti ad una situazione che non riconosce la storia e il blasone sportivo di una città. E il Foggia, infatti, è perfettamente immerso nel suo percorso di perlustrazione della serie D. Viaggiando tra piccole soddisfazioni e un po' di delusioni. Alternando buone prestazioni a recite oggettivamente scadenti. O, comunque, zoppe. Che non ci merivagliano. E che non possono sorprenderci. Intanto, a rimorchio delle cinque più forti del girone appulocampano (nell'ordine, Ischia e Gladiator, poi Matera, quindi Bisceglie e, infine, Monopoli) c'è un plotone ormai abbastanza distanziato. E, in mezzo al plotone, pure la formazione affidata a Pasquale Padalino. Discretamente protetta, per il momento, dagli assilli del quartiere playout. Eppure, il tecnico sta fronteggiando la crisi della frustrazione di un ambiente ulteriormente depresso dal pereggio interno conquistato al fotofinish di fronte al Nardò, domenica. E, probabilmente, anche qualche velata accusa partita direttamente dal cuore del club. E, peraltro, immediatamente smentita con un celere comunicato stampa. La turbolenza, che il coach sta palesemente avvertendo, non porta affatto bene. E, soprattutto, non rende merito agli intendimenti (e alle dichiarazioni) della vigilia del torneo. Anzi, non serve. E complica soltanto il processo di maturazione di un gruppo che, tra breve, sarà riveduto e corretto. E dal quale dovrebbe germogliare la squadra che, tra dieci mesi, punterà a recuperare il professionismo in Capitanata. Quella squadra che, nelle intenzioni d partenza, avrebbe dovuto essere plasmata proprio da Padalino, un foggiano che non nasconde le proprie ambizioni. E ingaggiato per lavorare nell'arco di un periodo più ampio, cioè in prospettiva.