domenica 24 febbraio 2013

La rabbia del Grottaglie ferma l'Ischia

Attende il momento giusto, il varco. Consapevole com'è della propria superiorità, tecnica e strutturale. E certo che, prima o poi, la sua artiglieria pesante troverà il gol. Quello decisivo, che serve a tenere alla migliore distanza possibile chi insegue. Invece, nell'anticipo di Grottaglie, l'Ischia trova un terreno erboso che sprigiona insidie innumerevoli (soprattutto per chi è abituato a costruire) e, soprattutto, un'Ars et Labor tignosa, antipatica, scorbutica e decisamente mal disposta. Dalla graduatoria (la salvezza sta sfuggendo e la rincorsa è già altamente improbabile: sembra davvero l'ultima occasione), ma anche dal ricordo insano del match di andata (nove a uno per gli isolani, a campo invertito: roba da non credere). Episodio, questo, che - diciamolo pure - pungola e spinge la formazione di Pellegrino: oltre ogni comprensibile esigenza di classifica. Gli jonici, ecco, non accolgono troppo bene la capolitsa: rifugiandosi, quando serve, anche nell'ostruzione. E nel fallo: talvolta superfluo, spesso energico (non a caso, finiscono il match in inferiorità numerica: nove contro undici). Ma utile a far capire all'avversario che, questa volta, non si scherza. La capolista, cioè, finisce per imbrigliarsi nelle maglie del Grottaglie, che vive di nervi e stizza. Lottando (e soffrendo, perchè l'Ischia fa soffrire) come deve lottare la terz'ultima del girone contro la squadra migliore dell'intero raggruppamento . E, con lo scorrere dei minuti, la gente di Campilongo si innervosisce. Senza riuscire, peraltro, a passare. Dunque, ricapitolando: cuore e quantità. Esattamente quello a cui deve necessariamente continuare ad aggrapparsi l'Ars et Labor. Una squadra che, però, deve replicare questo tipo di prestazioni anche (anzi, innanzi tutto) di fronte alle concorrenti dirette. Per poi sperare. Obbligando se stessa a disporre, sempre e comunque, della propria aggressività: non solo per istinto di vendetta, ma pure per legittima urgenza.