C’è sempre più gente, sui gradoni del San Nicola. Come se l’entusiasmo lievitasse giorno dopo giorno.
Invece, il Bari prosegue a battagliare – non senza timori fondati - per salvarsi: prima sul
campo e poi fuori, tra le scrivanie di un tribunale e della Federcalcio. Sono
in quindicimila, allo stadio. Il doppio dell’ultima volta, sette giorni prima.
Il doppio del doppio della penultima. E c’è un altro avversario di prestigio,
dall’altra parte della barricata. L’Avellino si dispone alto, contra bene e
riduce gli spazi. E, fondamentalmente, il match è tra i piedi degli uomini di
Rastelli. La gente di Alberti e Zavettieri, di contro, ha il baricentro basso
e, al momento di ripartire, si frena e non sboccia. Anzi, nella difficoltà, il
Bari si scopre pure falloso. Prova a forzare, ma è spesso costretto a bloccarsi
e a ricominciare da capo. Tatticamente, gli irpini sono più ordinati e coprono
meglio il campo e gli spazi. Ma Ceppitelli e soci, come sovente accade, si
armano di pazienza e volontà: recuperano metri e cominciano a gestire la palla
con continuità e convinzione. Aumenta, cioè, la quantità: anche se la resa non
cambia. La parte finale della prima frazione di gioco, tuttavia, promette. Eppure,
dopo l’intervallo, il Bari non torna sull’erba con la stessa grinta: tanto che
l’Avellino, con mestiere, si riprende le zolle perdute. Accontentandosi, però:
ovvero, limitandosi a controllare il traffico, rinunciando a inventarsi
qualcosa in più. Rifiutandosi di costruire l’impalcatura del successo. Partito
con tre difensori, Rastelli rafforza il dispositivo difensivo con la quarta
pedina: dimostrando di gradire abbondantemente il punto. Ed è proprio questo,
invece, l’humus in cui il Bari germoglia,
scassinando l’equilibrio dello zero a zero. João Silva trova la soluzione
vincente, di testa, ad otto minuti dalla conclusione della gara. Il secondo
successo di fila finisce così per
accelerare il discorso permanenza, alimentando la distanza dal Novara, attuale
quintultima forza del torneo. E la squadra immagazzina altra considerazione e
ulteriore stima di se stessa. Le difficoltà, attorno, si infittiscono. Ma
l’euforia creatasi all’interno dell’ambiente soccorre. Senza i Matarrese, la
città sembra essersi ricompattata a presidio dell’organico e dell’obiettivo che
si è prefisso. E’ la realtà insospettabile di una storia complicata che si sta
evolvendo. Converrà cavalcarla. I risultati sono il motore di tutto: anche se
questo capitolo non possiede certezze e neppure una prospettiva chiaramente
visibile. Chi può, formuli la proposta giusta. Non c’è un momento migliore di
questo, nonostante tutto.