lunedì 17 marzo 2014

Il Martina attende un tempo e frena

Nove punti negli ultimi duecentosettanta minuti, di cui sei recuperati lontano da casa, rivalutano la classifica, i programmi e il profilo psicologico del Martina. Ipotizzando un campionato tutto nuovo, proprio in prossimità del rush finale, ma pure un atteggiamento assolutamente risoluto nel match, quello del Tursi con il Melfi, che potrebbe ufficialmente spalancare la porta che conduce direttamente alla nuova C unica. E, invece, proprio nel momento più convincente e in piena fase di decollo, la formazione di Tommaso Napoli si scontra con una certa indolenza che lo frena per un tempo, perdendo partita e quota. Il 4-2-3-1 disegnato dal coach palermitano è, da sùbito, poco dinamico. Smarcarsi è faticoso e, senza palla, le difficoltà crescono. L’approccio non è vigoroso e, oltre tutto, l’avversario è pratico, ordinato: esattamente come piace al suo tecnico Bitetto. Il Melfi non si sbilancia, ma si mantiene alto. Attendendo il suo momento. O, meglio, le esitazioni di un  Martina che continua ad esprimersi sotto ritmo, che non accelera e non stringe. Prima inciampa Dispoto, poi si confonde l’intero assetto difensivo: e, ancora prima dell’intervallo, i lucani si ritrovano sopra di due gol. Quella della ripresa, piuttosto, è una formazione più viva, più carica, più rapida e aggressiva: il Martina cresce e si arrampica su un match peraltro già abbastanza compromesso. Le premesse per recuperare, però, si rafforzano quando il Melfi perde un uomo e rimane in dieci. Solo che il tempo passa veloce e nulla di concreto accade: quarantacinque minuti più quattro di recupero non bastano, come non è sufficiente rimestare il modulo (3-4-3). Tutto da rifare, o quasi. Perché Napoli non sbaglia, quando afferma che i suoi, ormai, sanno di possedere i requisiti per reagire alle contrarietà del percorso. Anche se la linea del traguardo si avvicina sempre più e i margini di errore si assottigliano sensibilmente. Malgrado, psicologicamente parlando, questa caduta rischia di rivelarsi un macigno ingombrante. E nonostante resti vivo il rammarico di non aver potuto contare, all’inizio della sfida, sul Martina migliore: quello visto, cioè, sulla spinta della disperazione, tra le pieghe di una rincorsa affannosa. Quel Martina che, oggettivamente, sembra aver sprecato mezza gara. E un’occasione unica per azzerare il gap che si trascina dall’autunno passato.