Accettare la realtà del campionato e abbandonare l’élite del torneo, quello di quinta
serie, é un esercizio amaro e indigeribile. E piegarsi alla cruda verità dei
numeri, che sembrano proibire persino l’inserimento nella griglia dei playoff
di fine stagione, é un’operazione costosa, mediaticamente parlando. Il Brindisi
del girone di ritorno frana sui suoi stessi limiti: innanzi tutto di organico
(sfibrato dalla serie robusta di infortuni, che finiscono per minimizzare la
mediana e per minare le strategie del tecnico) e, quindi, caratteriali
(conosciuti già ai tempi della gestione tecnica firmata da Ciullo e lievitati
tra le mani di Chiricallo). Per questo motivo, del resto, il coach barese era pesantemente intervenuto, nel corso della
settimana appena trascorsa: argomentando, senza mezze misure, di un organico
privo di tempra e di caratura, dunque inadatto ad un cammino di vertice.
Avvalendosi, peraltro, del sostegno di patron Flora: già abbastanza chiaro, in
passato, nell’analisi di un’annata compromessa prima del suo epilogo naturale.
Analisi che, tra parentesi, rilancia con energia il concetto utilizzato per
spiegare le ambizioni sbrecciate del Monopoli, tanto per fare un altro nome:
senza un rendimento mediamente produttivo nei match lontano da casa, cioè, non
si va da nessuna parte. Tornato, però, sull’erba di via Brin, il Brindisi
recupera smalto e successo, sbarrando la strada al Manfredonia, avversario in
controtendenza (fallimentare a casa propria, più convincente fuori). E, con la
vittoria, riemergono pure termini più concilianti. Chiricallo (per sua stessa
ammissione vicino alle dimissioni, immediatamente dopo la caduta di Marcianise)
e Flora, davanti ai microfoni, si impegnano a recuperare, accarezzando il
gruppo («Ci crediamo ancora»,
ammette il presidente) e scacciando alcuni malumori maturati all'interno allo spogliatoio. A pensarci bene, tuttavia, non è la prima
volta che, in quest’angolo di Puglia, da settembre in qua, si rincorrono
scudisciate e toni più morbidi e accondiscendenti. Il bastone e il fiore, per
capirci. Probabilmente, è questo il percorso migliore per salvaguardare gli
uomini che scendono in campo, gli equilibri interni e, contemporaneamente, la
gestione del rapporto con la piazza e la tifoseria: a cui, meglio ricordarlo,
non si possono nascondere le evidenze. Anche se, vista dall’esterno,
quest’altalena di sentimenti potrà apparire bizzarra, umorale e piuttosto
anarchica.